Apre oggi a Roma l'esposizione “Giotto e il Trecento”
Ad oltre 70 anni dall’ultima grande mostra monografica fiorentina apre oggi a Roma
presso il Complesso del Vittoriano l’esposizione “Giotto e il Trecento”. Oltre 160
opere, tra dipinti, sculture, codici e oggetti di oreficeria, compongono l’importante
rassegna dedicata all’artista toscano e allo straordinario impatto che il suo segno
ebbe sul linguaggio artistico dell’intero territorio nazionale. Ha seguito la presentazione
alla stampa Paolo Ondarza:
(musica)
"Il
più Sovrano maestro stato in dipintura". Nel Trecento il cronista Giovanni
Villani definiva così Giotto di Bondone, a riprova della fama detenuta già tra i contemporanei
dal pittore simbolo del Medioevo e anticipatore dell’arte rinascimentale. E come la
mostra romana documenta nei luoghi in cui Giotto ha lavorato, il fare degli artisti
non è più stato lo stesso. Così come ogni città visitata fu per il Maestro luogo di
apprendimento. A Roma ad esempio, vero e proprio museo a cielo aperto, Giotto apprese
l’arte classica che fuse poi con il gotico francese della cattedrale di Bourges. Quello
nell’Urbe è quindi per il pittore originario del Mugello un ritorno, come conferma
il curatore della mostra Alessandro Tomei:
“Lui
qui è venuto a studiare i monumenti dell’antichità classica ma anche le opere dei
suoi grandi contemporanei, i pittori che lavoravano per i Papi nel corso del ’200,
da Pietro Cavallini a Jacopo Torriti, tutti i grandi decoratori delle Basiliche romane
della seconda metà del ’200. Poi purtroppo è rimasto poco di ciò che ha fatto a Roma,
ma ha fatto delle cose che le fonti ricordano come straordinarie per la Basilica di
San Pietro”. Medievale, ma già rivolto al futuro, Giotto supera
la staticità delle pittura del suo tempo. Non ritrae solo cose, persone e paesaggi,
ma stati psicologici. Un protagonista della scena culturale come testimonia la celebre
terzina della Divina Commedia: “Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora
ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura”. Giotto in pittura come Dante
in letteratura: entrambi contribuirono a rendere una la parlata italiana. Ancora Tomei:
“Hanno
creato le basi, Dante per la lingua italiana e Giotto per una dimensione figurativa
che poi è diventata patrimonio comune di tutto il territorio nazionale sempre con
le diverse accezioni regionali naturalmente, perché poi i riminesi fanno un 'giottismo'
che è completamente diverso da quello degli umbri o da quello che poi, nell’ultima
fase dell’attività di Giotto, succederà per esempio a Napoli”. Tra
le 160 opere esposte oltre alle 20 di Giotto spiccano capolavori di Taddeo Gaddi,
Maso di Banco, Simone Martini, oltre a sculture, codici e oggetti di oreficeria. Visitando
la mostra il presidente della Repubblica Napolitano ha invitato ad “investire in Italia
nella valorizzazione dei beni culturali”. Un appello condiviso dallo sfaff organizzatore
dell’esposizione. Alessandro Tomei:
“Più
cose sappiamo, meglio viviamo. Cultura è qualità della vita”.