Dialogo tra scienza e fede al Convegno sull'evoluzionismo alla Gregoriana
Non c’è contraddizione tra le teorie evoluzionistiche e la dottrina cattolica della
Creazione. E’ questo uno dei punti di partenza su cui concordano scienziati, filosofi
e teologi riuniti questa settimana alla Pontificia Università Gregoriana, a Roma,
per il Convegno internazionale su “Evoluzione biologica. Fatti e teorie” organizzato,
con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, a 150 anni dalla stesura
de ‘L’origine delle specie’ di Charles Darwin. Della necessità di ‘incrociare gli
sguardi’, tra scienza e fede, ha parlato proprio il presidente del dicastero vaticano,
l’arcivescovo Ravasi intervenendo nel dibattito. ‘Sono sguardi che esaminano la realtà
da angolazioni diverse – ha precisato – ma sono letture diverse della stessa realtà’”.
E’ convinto della necessità di questo confronto anche uno dei relatori al convegno,
lo zoologo Ludovico Galleni dell’Università di Pisa. Eccolo al microfono di
Fabio Colagrande:
R. – Tutte
le occasioni in cui ci si può confrontare liberamente - scienziati, filosofi e teologi
- sono sempre da considerare estremamente positive. Poi, dall’evoluzione, viene una
visione fondamentale del mondo e della vita che quindi interpella sia la filosofia
che la teologia. Nei documenti del Concilio Vaticano II, nella “Gaudium et spes”,
si parla proprio di legittima autonomia della scienza e le scoperte della scienza
sono uno degli strumenti che permettono di costruire la verità sull’uomo ed è proprio
quello stiamo facendo.
D. - Uno degli aspetti della
scienza che interpellano la teologia è il fatto che secondo una certa lettura della
teoria dell’evoluzione, le idee di Darwin potrebbero farci guardare all’uomo come
a un prodotto della casualità…
R. - Intanto bisogna
capire cosa vuol dire casualità; che ci siano anche meccanismi aleatori, all’interno
dei meccanismi evolutivi, e degli strumenti che la scienza, con tutti i suoi vantaggi
ed i suoi limiti, cerca di usare per descrivere questo evento ormai accertato che
è l’evoluzione, va bene. Ci sono cioè anche aspetti in parte aleatori. Questo però
diventa un elemento di riflessione: vedere in questi elementi, anche aleatori, una
specie di dimostrazione di una metafisica del caso, ovviamente ci lascia un po’ perplessi.
Riflettere sul fatto che c’è anche un’aleatorietà - e che questo è uno dei segni che
il valore fondamentale dell’universo è la libertà, un universo creato per accogliere
la creatura libera - questo mi sembra invece una cosa bellissima, un suggerimento
importante che la scienza dà alla teologia ed alla filosofia.
D.
- I dibattiti che caratterizzano quest’anno - a proposito dell’anniversario galileiano
e del bicentenario di Darwin - sono dibattiti che possono contribuire a rifondare,
anche su nuovi modelli più moderni, il dialogo tra scienza e fede?
R.
– Io spero di sì. Io lavoro moltissimo su Teilhard de Chardine secondo
me, già in Teilhard, c’è un nuovo modello in cui la scienza, nella sua autonomia,
propone delle visioni. Nel caso dell’evoluzione la scienza può essere anche usata
per testare, in qualche modo, quelle che Teilhard riteneva delle necessità della teologia.
Emerge un modello importante, anche se leggermente asimmetrico, per cui la scienza
descrive l’universo e quindi dà degli strumenti su cui la teologia deve poi riflettere.
La teologia può suggerire delle ipotesi di lavoro, però poi la scienza, su queste
ipotesi di lavoro, deve indagare con i suoi strumenti.
D.
- Il presupposto è sempre quello del desiderio di confrontarsi?
R.
– Il desiderio di confrontarsi c’è comunque. Anche l’ateo militante, quando lavora
su una teoria, riporta le sue idee e quindi non si basa solo su osservazioni ed esperimenti
ma anche sulle sue idee, appunto di ateo militante. Non si vede perché anche il credente
non debba confrontarsi con le sue idee di fede. Quindi questo aspetto, che è un aspetto
filosofico è presente in tutti e due; non è che c’è lo scienziato che, per definizione,
si disinteressa di certe questioni e il credente che mescola individualmente scienza
e fede. Le mescolanze ci sono comunque, l’importante è conoscere gli strumenti per
cui queste mescolanze, invece di essere confusioni, sono strumenti per comprendere
meglio.