Dal 13 marzo in mostra a Venezia le bellezze dell'Etiopia cristiana
E’ la prima mostra d’arte etiopica in Italia e raccoglie inediti capolavori appartenenti
a prestigiose collezioni private. Il prossimo 13 marzo, presso l’università Cà Foscari
di Venezia, apre la mostra “Nigra sum sed Formosa”, che racconta del sacro e della
bellezza dell’Etiopia cristiana. Alla presentazione, ieri presso i Musei Vaticani,
c’era per noi Claudia Di Lorenzi:
(musica)
Mirabile
sintesi delle tradizioni etiope ed europea, della cultura e della sensibilità artistica
dei due popoli, l’arte dell’Etiopia cristiana racconta di una storia millenaria che
vede genti lontane incontrarsi e stringere legami economici, religiosi e culturali.
Una storia che testimonia in terra etiope il profondo radicamento dell’esperienza
religiosa biblica e cristiana, la quale diede corpo all’affermazione di un’identità
etnica, linguistica e culturale del tutto originale e che oggi si offre a noi attraverso
i manufatti e le opere d’arte del tempo. Oggetti risalenti per lo più al ‘400 e ‘500,
quando le relazioni tra l’Etiopia e l’Europa, ed in particolare l’Italia, erano più
vive e feconde e nell’arte diedero vita ad un genere nuovo. Fu proprio Venezia, tra
le città italiane, a distinguersi quale crocevia dei flussi migratori fra L’Etiopia
e l’Occidente, dando i natali a pittori ed artisti che il loro talento portarono alla
corte dei re d’Etiopia. Del frutto di questa sinergia ci parla il professor
Gianfranco Fiaccadori, curatore della mostra:
“Quando questi
pittori arrivano, naturalmente trovano una tradizione locale già viva. L’Etiopia aveva
una sua forma d’arte e dall’innesto di questi due rami, etiopico e europeo, ha origine
lo stile internazionale. Il risultato non si può dire che appartenga precisamente
ad alcuna di queste culture, è una misura unica, nuova e originalissima”.
Una
fusione di tradizioni che già nel titolo della mostra evoca il mito fondatore della
stirpe etiopica, che vede nelle figure della leggendaria regina di Saba e di Salomone,
re d’Israele, i capostipiti del cosiddetto Impero del Leone. Degli oggetti che raccontano
la civiltà religiosa e la grandezza estetica dell’Etiopia cristiana ci parla il professor
Giuseppe Barbieri, anch’egli curatore dell’esposizione:
“La
mostra presenta una quarantina di icone, al 95 per cento inedite, una trentina di
croci, rotoli magici. Presenta il mappamondo di Fra Mauro, altre testimonianze dei
rapporti tra l’Europa e l’Etiopia. La città santa di Lalibela viene mostrata si attraverso
degli oggetti ma anche attraverso dei filmati. Ma arriviamo anche a mostrare le bellissime
tavole di Lino Bianchi Barriviera che, fra il 1938 e il 1940, disegna tutte le chiese
di Lalibela”.
Un patrimonio storico, culturale e religioso che affonda
le sue radici nel passato ma che, allo stesso tempo, è espressione di una tradizione
ed una sensibilità religiosa ancora oggi presenti. E proprio la Chiesa cristiana d’Etiopia
- racconta mons Silvano Tomasi, osservatore permanente della
Santa Sede presso l’Onu, già nunzio in Etiopia - offre al mondo una testimonianza
unica:
“Il primo accenno al cristianesimo in relazione
all’Etiopia è negli Atti degli Apostoli. La liturgia della Chiesa etiopica si esprime
attraverso delle cerimonie particolari: l’uso dei tamburi, dei sistri, ha qualche
legame addirittura con le espressioni musicali del Vecchio Testamento. In qualche
modo lì il tempo si è fermato”. (musica)