Usa: a febbraio persi 700 mila posti di lavoro. La riflessione dell’economista
Flavio Felice
Nel solo mese di febbraio negli Usa si sono persi 700 mila posti di lavoro. Intanto,
per la prima volta in otto anni, il Pil dell’Australia fa registrare una crescita
in negativo e il governo giapponese ha messo a disposizione delle imprese in difficoltà
5 miliardi di dollari delle riserve valutarie. Sono gli ultimi dati di una crisi economica
sempre più globale. Intanto, mentre anche ieri la Borsa di Wall Street ha chiuso al
ribasso, il presidente americano ha espresso “assoluta fiducia” nella ripresa del
sistema economico. Le dichiarazioni di Obama hanno fatto seguito all’incontro a Washington
con il premier britannico Brown, nel quale è stato ribadito l’impegno a collaborare
per rivedere le regole del sistema finanziario. Per un’analisi di questa crisi, alla
luce della dottrina sociale della Chiesa, Alessandro Gisotti ha intervistato
il prof. Flavio Felice, docente di Dottrine Economiche e Politiche alla Lateranense
di cui, proprio oggi, viene presentato il suo ultimo volume “L’economia sociale di
mercato”:
R. – Questa
è una prima volta nella storia che una crisi finanziaria, una crisi economica dal
nazionale o minimamente internazionale si mostra realmente globale. Il motivo per
cui le risposte, dunque, che stanno tentando gli Stati, non portano ancora risultati
è perché i mercati, probabilmente – che poi, i mercati sono in realtà persone che
operano sul mercato – non si sentono garantiti da queste decisioni.
D.
– La crisi economica porta anche sfiducia nel futuro, paura, la tendenza a chiudersi
in se stessi: basti pensare alle spinte verso il protezionismo. Forse c’è anche bisogno
di un’iniezione di speranza?
R. – Da un punto di
vista cristiano, della riflessione cristiana, la speranza è una virtù e in quanto
tale, il vivere del cristiano non può prescindere dall’esercizio delle virtù, non
dell’ottimismo di cui spesso si riempiono la bocca i governanti che, parlando a persone
che non hanno più uno stipendio, dicono di essere ottimisti e di continuare a spendere!
Ecco, non si tratta ovviamente di questo. Si tratta invece di riconsiderare una gerarchia
dei valori e porre al vertice della scala dei valori qualcosa che non sia semplicemente
legato alla domanda di beni e servizi, ma che sia qualcosa che vada oltre. Gli economisti
dovrebbero incominciare a considerare che esiste qualcosa che va al di là dell’offerta
e della domanda. Questo “qualcosa” che va al di là in realtà è un “qualcuno”, è la
persona umana.
D. – Per l’appunto, la Chiesa con
la sua dottrina sociale ha sempre sottolineato un punto: l’economia è al servizio
dell’uomo, e non il contrario. E’ possibile ri-orientare il sistema economico-mondiale
così interconnesso, complesso, globale a questo principio?
R.
– La dottrina sociale della Chiesa offre, da quando è formalmente presente con la
“Rerum Novarum” del 1891 fino alla “Centesimus annus” del 1991, offre quell’insieme
di principi, di criteri di giudizio, di direttive d’azione che orientano e possono
dunque orientare anche scelte politiche che abbiano al centro l’uomo. La dottrina
sociale della Chiesa, in modo particolare la “Centesimus Annus”, nel paragrafo 42,
indica i criteri in forza dei quali giudicare un sistema economico per l’uomo, ovvero
un sistema economico che non è al servizio dell’uomo e quindi va necessariamente condannato
e rigettato. Caratteristiche di questo sistema sono la libertà, la creatività, la
proprietà privata ma soprattutto, l’ultima delle condizioni che fa da corollario e
che equilibra tutte le prime condizioni, è la cornice giuridica. Un sistema di regole,
perché la libertà può essere utilizzata per fare del bene ma anche per fare del male.