Proseguono gli esercizi spirituali in Vaticano. Mons. Nozza: la Parola di Dio ascoltata
porta a quella vissuta nel segno della solidarietà
L'annuncio di Cristo crocifisso e risorto e la comprensione delle Sacre Scritture
sono stati alcuni dei temi che hanno caratterizzato le due meditazioni svolte questa
mattina dal cardinale Francis Arinze al cospetto del Papa e della Curia Romana, impegnati
da domenica scorsa negli esercizi spirituali della Quaresima. Un periodo liturgico,
quello in corso, nel quale la Chiesa invita i fedeli ad accompagnare ad un ascolto
profondo della Parola di Dio una più intensa disponibilità all'aiuto verso chi patisce
forme di disagio personale o sociale. Lo conferma il direttore della Caritas italiana,
mons. Vittorio Nozza, intervistato da Federico Piana:
R. - Colgo
in modo particolare l’importanza di tenere sempre strettamente legate tra loro le
tre grandi dimensioni del nostro essere cristiani: l’ascolto, l’accoglienza della
Parola, la celebrazione e la partecipazione all’Eucaristia. E ciò come momento in
cui si coglie - da un lato - il nostro essere amati, raggiunti dalla gratuità di Dio
e - dall’altro - il nostro vivere, nella vita ecclesiale e sociale: le relazioni,
l’incontro, l’ascolto, l’attenzione alle diverse situazioni che ci portano a vivere,
dentro la quotidianità, l’incontro con le persone. Tutto questo chiede logicamente
un grande impegno in termini concreti di gesti, di azioni, di opere, che possono essere
attuate secondo quel che dice il grande capitolo venticinquesimo di Matteo - “avevo
fame e mi hai dato da mangiare” - ma anche come modalità più bella di vivere la fraternità
nella Chiesa e nella società.
D. - Per quanto concerne
l’elemosina - dice il Papa - sono importanti le pagine dedicate alla grande colletta
in favore dei fratelli poveri. Ma, ha aggiunto, è la carità il vertice della vita
del credente, il vincolo della perfezione. Secondo lei, questo vincolo va riscoperto
ancora oggi da parte dei credenti o no?
R. - Penso
possa essere la carta vincente, sopratutto in una società affaticata dal suo frastagliamento,
la sua pesantezza, dalle molteplici proposte che ci bombardano ogni giorno. Penso
che quella della carità ricevuta da Dio - nella sua gratuità ma anche espressa dai
nostri gesti e dalle nostre parole - possa essere la carta vincente in una società
che ha bisogno soprattutto di cogliere dei segni. Come quelli testimoniati da persone
talmente intrise di bontà, di fraternità e di carità, che in ogni contesto, in ogni
situazione, sono in grado di diffondere un messaggio altrimenti difficile da far passare
con la Parola o con i segni sacramentali. Invece, in maniera più ordinaria e più semplice,
più collocata dentro le nostre azioni di ogni giorno, può essere diffuso attraverso
gesti, azioni, attenzioni.
D. - Chi pratica la preghiera
e il digiuno in Quaresima, ma non l’elemosina, dimentica qualcosa?
R.
- Rischia di far due buone cose, come la preghiera e il digiuno, ma di non tradurre
poi queste due grandi azioni della vita cristiana, della vita spirituale, in una relazione
visibile nei confronti dei propri fratelli e delle proprie sorelle. Dio ci invita
all’incontro con lui nella preghiera. Dio ci invita a una maggiore relazione serena,
sobria, essenziale con noi stessi. E questo perchè non restiamo lontani dalla gente
ma sappiamo immergerci nel mondo che ci circonda con azioni di comunione, di fraternità,
di servizio e di carità che stanno alla base del nostro essere cristiani. E sappiamo
testimoniare quindi con il gesto, con l’azione, con l’opera con la testimonianza,
con uno stile di vita che dice bontà, che dice amore.
In
questo clima quaresimale, che sollecita i cristiani a dare testimonianza di sobrietà,
ha suscitato un'eco molto vasta sui media la proposta della Pastorale giovanile della
diocesi di Modena di un "digiuno speciale": quello che invita a spegnere i telefonini
e a rinunciare agli sms nei venerdì di Quaresima. Una proposta pensata con un duplice
obiettivo, educativo e umanitario, come spiega al microfono di Fabio Colagrande
il responsabile del Centro missionario animazione e formazione della diocesi modenese,
Francesco Panigadi:
R. - L’idea
ci è venuta quando il Papa ci dice che questo digiuno può aiutarci a prendere coscienza
della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli. Ci siamo detti: “Cosa possiamo
proporre ai giovani, oggi, come digiuno, perché lo sentano davvero come una rinuncia
e allo stesso tempo per rilanciarlo in qualche cosa di concreto”? Così abbiamo pensato
a questo “No sms day”, lo abbiamo chiamato in un modo un po’ accattivante per coinvolgere
i giovani. E abbiamo voluto dargli una duplice valenza: a parte la riscoperta del
digiuno in quanto tale, anche come un modo per riscoprire di relazioni più dirette,
più vere, relazioni che non si limitino ad un sms o a qualcosa di virtuale. Vogliamo
riscoprire relazioni più vere, riscoprire la forza di una relazione fatta di una stretta
di mano, di un abbraccio, di un incontro. Il venerdì di Quaresima - è la nostra proposta
a un giovane - invece di mandare un sms, vai ad incontrare un amico, parla con lui,
state insieme in amicizia.
D. - Voi parlate anche
del coltan, il minerale usato per produrre Pc e telefonini, che viene estratto prevalentemente
in Congo, dove la guerra civile ha fatto più di 4 milioni di morti…
R.
- Le riserve più grandi di coltan, nel mondo, sono proprio in Congo ed anche per il
controllo di queste miniere si sta combattendo quella guerra. Allora, il dire "non
mandiamo sms" diventa una provocazione per riflettere sui nostri stili di vita, stili
che devono essere senz’altro più sobri, più vicini alle persone in difficoltà. Oggi,
viviamo una crisi economica molto grande, ma ci sono certi Paesi del mondo in cui
questa crisi si protrae da tantissimo tempo e noi, Paesi ricchi, stiamo facendo veramente
poco per andare incontro a queste persone. Paesi dove si vive con meno di un dollaro
al giorno e dove la crisi è quotidianità, è trovare un pasto per ogni giorno. Bisogna
riflettere allora sul fatto che noi cambiamo, con una certa facilità, i cellulari,
i computer. Vogliamo sempre qualcosa di nuovo, di più moderno quando invece si potrebbe
vivere in modo più sobrio.
D. - Panigadi, quale è
stata la reazione, in diocesi, a questa vostra iniziativa?
R.
- Direi che la reazione è stata, da parte di tutti, positiva: forse un po’ scettica
all’inizio, perché qualcuno ci ha fatto notare che non saremo mai in grado di verificare
chi veramente abbia fatto questo digiuno. Ma ci siamo anche detti che, se anche un
solo ragazzo dovesse, un venerdì, rendere conto ai compagni di classe di questa sua
rinuncia, sarebbe già un successo perché comunque i giovani - che non conoscono le
situazioni, per esempio, quelle degli abitanti del Nord Kivu - sentirne parlare da
un compagno di classe sarebbe senz’altro per loro una cosa positiva. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)