2009-03-03 13:49:25

Per il mese di marzo, il Papa chiede ai fedeli di pregare affinché i cattolici di Cina siano strumento di unità, comunione e pace


Perché i vescovi, i presbiteri, le persone consacrate e i fedeli laici della Chiesa Cattolica nella Repubblica Popolare di Cina, alla luce della Lettera pontificia loro inviata, “si impegnino ad essere segno e strumento di unità, di comunione e di pace”: è questa l’intenzione missionaria per il mese di marzo, che Benedetto XVI ha affidato all’Apostolato della preghiera. Il Papa rinnova dunque l’attenzione per la Chiesa cinese. Intervistato da Alessandro Gisotti, padre Giancarlo Politi, sinologo del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), si sofferma sull’importanza del documento indirizzato dal Papa ai fedeli cinesi nel maggio 2007:RealAudioMP3

R. - La Lettera rappresenta la prima volta in cui il Papa si rivolge direttamente ai vescovi di Cina, un episcopato che per la sua maggioranza è ormai in comunione da tempo con la Sede Apostolica. Il Papa ha tirato fuori e messo sul tavolo tutte le problematiche che per anni hanno fatto soffrire la comunità cattolica di Cina. Non bisogna dimenticare che la Chiesa in Cina vive sotto una costante tensione. Quindi, diventano sempre difficili e ambivalenti gli atteggiamenti che ciascuno può prendere.

 
D. - D’altro canto, il Papa stesso nella lettera si rivolge alle autorità civili di Pechino…

 
R. - Sì, certamente, si rivolge alle autorità civili in seconda battuta. Va detto che all’interno della società cinese non tutto è pacifico. Non bisogna dimenticare che il governo di Pechino, oggi, governa in forza di una rivoluzione che ormai è passata da più di 60 anni.

 
D. - Tutta la Lettera di Benedetto XVI mette l’accento sul perdono, la riconciliazione e sul valore imprescindibile dell’unità. Una sfida non facile considerando il contesto cinese…

 
R. - Certamente non è facile, proprio perché non è facile far convivere due entità. Da una parte, un’esigenza di libertà e di gestione della propria libertà, dall'altra, un governo forte. Lo dice con chiarezza. Con altrettanta chiarezza bisogna che coniughiamo le due esigenze: l’affermazione della verità da parte della Chiesa, ma anche l’affermazione della libertà assoluta e della unicità di politica che il governo impone.

 
D. - Si può fare un primo bilancio dei frutti che questa Lettera può aver prodotto tra i cattolici di Cina?

 
R. - No, non è ancora possibile. Bisogna abbandonare la fretta dei risultati. Non si possono ottenere risultati da un giorno all’altro. La Lettera rimane un pilastro, come una piattaforma sulla quale un giorno o l’altro - speriamo sia il più vicino possibile - si potrà discutere. Tuttavia, all’interno della società cinese è ancora in vigore la politica dei piccoli passi per conquistare spazi di libertà e di collaborazione.

 
D. - D’altro canto, il Papa ha mostrato anche coraggio nel firmare questa Lettera in prima persona…

 
R. - Certamente. Credo che la Lettera del Papa fosse un atto necessario, proprio perché portasse chiarezza all’interno della Chiesa, all’interno della società, a tutti quelli che guardano dal di fuori o che vivono dentro ai confini della Repubblica popolare cinese. Detto questo, non si può pretendere che una dichiarazione o una presa di posizione da parte del Papa abbia immediatamente un’accoglienza “spassionata”. Ci vorrà tempo.







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