Mons. Ravasi: scienziati e teologi dialoghino con umiltà e nell’ascolto reciproco
Scienziati e teologi sono chiamati ad “incrociare gli sguardi”: è l’esortazione dell’arcivescovo
Gianfranco Ravasi, intervenuto stamani alla Conferenza internazionale su “Evoluzione
biologica. Fatti e teorie. Una valutazione critica 150 anni dopo L’origine delle
specie”, presso la Pontificia Università Gregoriana. L’evento, che si protrarrà
fino al 7 marzo, è promosso, oltre che dall’ateneo romano, anche dall’Università americana
Notre Dame dell’Indiana. Secondo il presidente del Pontificio Consiglio della
Cultura - riferisce l’agenzia Sir - “è necessario che teologi e scienziati si guardino
a viso aperto, si ascoltino, abbiano un confronto sereno”.
Per mons. Ravasi,
il dialogo tra scienza e fede richiede “umiltà e fatica nella ricerca e nell’ascolto”.
Di qui, “l’importanza della ricerca paziente, fatta di analisi proprie e altrui”.
La ricerca, è stata la riflessione del presule, “è umiltà, è consapevolezza che la
verità è più grande”. Ed ha aggiunto: “Il grande scienziato e il grande teologo non
è colui che dà tutte le risposte, ma colui che pone sempre le vere domande, le domande
necessarie”. “La fede se non è pensata, è nulla”, ha detto ancora riprendendo l’Enciclica
Fides et Ratio di Giovanni Paolo II.
“L’intelligenza ha percorsi diversi
- ha affermato mons. Ravasi - non c’è un unico percorso: c’è il rigore scientifico,
c’è la logica formale, ma ci sono anche altri percorsi conoscitivi e intellettuali,
come la filosofia e la teologia ma anche l’arte e la poesia, ciascuno con i propri
statuti, con i propri metodi, con la propria coerenza”. Riferendosi all’Anno Paolino,
l’arcivescovo Ravasi ha poi spiegato che l’Apostolo delle Genti ha assicurato per
sempre nel cristianesimo il diritto di pensare: “Egli fonda per sempre la fiducia
che la fede non ha nulla da temere dal pensiero”. (A.G.)