La gratitudine di Pomigliano d'Arco dopo l'appello del Papa all'Angelus. Intervista
con mons. Depalma
All’indomani dall’appello del Papa in favore degli operai dello stabilimento Fiat
di Pomigliano d’Arco è grande la gratitudine al Santo Padre dell’intera comunità del
comune in provincia di Napoli. Benedetto XVI pensando alle conseguenze della crisi
in varie parti di Italia e non, ha ricordato agli imprenditori e alle autorità politiche
di dare la priorità ai lavoratori e alle loro famiglie. Già nei giorni scorsi il vescovo
di Nola, mons. Beniamino Depalma era sceso in piazza a manifestare con gli operai
della Fiat e aveva parlato della crisi come di un terremoto che sta facendo “strage
di famiglie e giovani”. Al microfono di Paolo Ondarza, mons. Depalma
spiega come sono state accolte a Pomigliano le parole del Papa:
R. – Con
grande gratitudine, perché le parole del Papa – ci auguriamo – possano essere ascoltate
dalla politica e soprattutto dall’azienda della Fiat. La gente voleva questo appoggio
del Santo Padre perché le loro ragioni potessero più facilmente essere prese in considerazione
a Pomigliano. Dovunque c’è senso di gratitudine, anche di ammirazione, per questo
coraggio del Santo Padre in Piazza San Pietro.
D.
– Dopo le parole del Santo Padre, è aumentata la speranza tra i lavoratori di Pomigliano?
R.
– E’ aumentata la speranza. Nello stesso tempo, non le nascondo che ci sono ancora
delle perplessità: fino a che punto quelle parole chiave, forti, del Papa riusciranno
realmente a convincere l’azienda a impostare nuovi programmi per la gente di Pomigliano.
D.
– E la risposta dell’azienda non è ancora arrivata …
R.
– Fino a questo momento, quella ufficiale non è arrivata. Mi si dice che qualcosa
potrebbe succedere.
D. – Eccellenza, lei la scorsa
settimana è sceso in piazza accanto ai cittadini che chiedevano che il loro lavoro
venisse conservato …
R. – Quello che potrebbe succedere
a Pomigliano – il licenziamento di quasi 20 mila persone – sarebbe una terribile tragedia,
con conseguenze spaventose sulle famiglie. Chiudere una fabbrica significa dire ai
giovani: andate dai camorristi, vi utilizzeranno molto meglio che non le leggi dello
Stato o la legalità. Quindi, io sono sceso vicino agli operai perché credo che in
questo momento, nel nostro territorio, la Chiesa sia l’unico punto di riferimento.
D.
– Lei ha pensato ai giovani a cui è necessario garantire un futuro, un futuro di lavoro
…
R. – Certamente, quello che potrebbe succedere
significherebbe dare l’ultimo colpo al loro coraggio e anche al loro entusiasmo, alle
loro aspettative.
D. – Lei ha parlato di vero e proprio
terremoto, ed è un terremoto che sta sconvolgendo non solo Pomigliano …
R.
– Gli operai di Pomigliano non appartengono soltanto a Pomigliano: appartengono ad
altre città! Tutto il territorio è coinvolto! Oggi i poveri aumentano: nei nostri
centri Caritas arrivano nuovi volti, non soltanto gli extracomunitari. Arrivano anche
cittadini di Pomigliano o dei paesi vicini che fino a ieri erano autonomi ed autosufficienti.
E un pranzo – o la mattina, o la sera – è la loro salvezza.