Netanyahu: "credo nella soluzione basata su due Stati per porre fine alla crisi
israelo-palestinese"
Credo "realmente" nella soluzione basata su due Stati per mettere fine al conflitto
israelo-palestinese. Così, il premier israeliano designato, Benyamin Netanyahu, in
un'intervista al "Washington Post", pubblicata il giorno seguente il fallimento delle
trattative con il leader di Kadima, Tzipi Livni, per formare un governo di unità nazionale
in Israele. Entrambi si sono accusati reciprocamente per il mancato accordo sul quale
pesa proprio il dissenso sul futuro delle Stato palestinese. Ancora in alto mare anche
la trattativa per una tregua definitiva nella Striscia di Gaza. Oggi, altri cinque
razzi sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza contro il sud dello Stato Ebraico.
Uno di questi ha colpito una scuola di Ashqelon, fortunatamente chiusa per la festività
del sabato. Dall'inizio del fragile cessate il fuoco, ammontano ormai a oltre un centinaio
gli attacchi da Gaza, cui Israele ha reagito a sua volta lanciando incursioni aeree.
Le speranze per il rilancio del processo di pace sono ora puntate al vertice di domani
a Sharm el Sheikh, che vedrà riuniti i capi della diplomazia del quartetto per il
Medio Oriente, composto da Russia, Stati Uniti, Nazioni Unite e Unione Europea.
Bangladesh L’esercito
del Bangladesh ha scoperto una nuova fossa comune contenente i corpi di almeno 10
ufficiali uccisi dalle guardie "Bangladesh Rifles" durante l'ammutinamento avvenuto
negli scorsi giorni a Dacca. Sale così a 76 persone uccise il bilancio delle vittime
della violenza esplosa nella capitale bengalese, ma il bilancio potrebbe aumentare
ancora. La rivolta, cui il governo della premier Sheikh Hasina, è riuscita a mettere
fine garantendo l’amnistia ai rivoltosi che si fossero arresi, è stata scatenata probabilmente
dalle condizioni di estrema povertà che affliggono da anni il Paese asiatico, come
ci conferma Stefano Vecchia, giornalista esperto di Asia, intervistato da Stefano
Leszczynski:
R.
– Una povertà e disperazione di cui i fucilieri del Bangladesh – questa forza paramilitare
che ha il compito pesante di controllare ben 4 mila e 400 chilometri di frontiera
– esprimono pienamente. Si tratta di un corpo paramilitare che condivide poco degli
interessi e dei benefici dell’esercito – che spesso sono stati anche interessi di
ordine politico, in Bangladesh – e le loro prime indicazioni sono state proprio molto
concrete, cioè migliori salari, quindi migliori paghe -, benefici, possibilità di
accedere a cibo sovvenzionato e migliori orari d’impegno di lavoro.
D.
– Povertà e corruzione sono due degli elementi che caratterizzano il Bangladesh. Il
nuovo governo, uscito dalle ultime elezioni, si sta muovendo in una direzione diversa
rispetto a quelli del passato?
R. – Diciamo che il
nuovo governo, uscito dalle elezioni, ha l’impegno con il Paese di muoversi in modo
diverso. Ricordiamo che questo governo è stato eletto, nelle elezioni del 29 dicembre,
dopo un anno di governo interinale, gestito appunto da militari, che hanno in qualche
modo cercato di eliminare un sistema di corruttele assolutamente potente e radicato.
Sheikh Hasina è stata eletta proprio con la promessa di continuare quest’attività.
D.
– C’è qualche linea di sviluppo che può far ben sperare per questo Paese?
R.
– Diciamo che è un Paese che è andato via via, in questi ultimi anni, specializzandosi
in produzioni che prima erano tipiche di altre zone; in ogni caso, il tessile resta
un’industria trainante. Il problema è che si tratta di un Paese che dipende in parte
forse egualmente sia dalle sovvenzioni, dagli aiuti internazionali, sia dagli investimenti
stranieri. In un momento in cui, appunto, sembrava di vedere, in qualche modo, anche
in lontananza, l’uscita dal tunnel della povertà e del sottosviluppo, la crisi in
atto sta mettendo seri limiti a questa possibilità.
Cina La
predisposizione di un rigido sistema di controllo e pene più severe per i fabbricanti
di prodotti contaminati. Sono queste le misure più importanti della legge sulla sicurezza
alimentare varata dal governo cinese. Il provvedimento, che entrerà in vigore il prossimo
primo giugno, aveva incominciato il suo iter dopo lo scandalo del latte contaminato
alla melanina che ha ucciso sei ragazzi e fatto ammalare 296 mila persone in Cina.
Ora nessun additivo verrà più autorizzato se non necessario e sicuro.
Filippine:
contatti con ostaggi Croce Rossa Uno sforzo maggiore per arrivare alla loro
liberazione. E’ l’appello lanciato sulla stampa locale da uno dei tre funzionari della
Croce Rossa rapiti il 15 gennaio nel sud delle Filippine. Da una settimana non si
avevano più notizie dei tre che hanno detto di essere affaticati e preoccupati. Le
autorità ritengono responsabile del sequestro un gruppo legato ad Al Qaeda.
Australia In
Australia, a tre settimane dagli incendi che hanno devastato lo Stato meridionale
di Victoria provocando 210 morti, risultano ancora disperse 37 persone. Lo ha affermato
oggi un ufficiale dell’esercito, che sta affiancando le autorità locali nella ricerca
dei resti delle vittime. Il Paese intanto è in allerta per una nuova ondata di caldo
prevista per la prossima settimana.
Sudan Si aggrava il bilancio
dei combattimenti nel sud del Sudan. Fonti Onu hanno riferito che sono almeno 50 le
vittime e 100 i feriti di una settimana di scontri nella città di Malakal. Le violenze
vedono contrapposti i ribelli del Movimento armato per la liberazione del popolo sudanese
e i seguaci di Gabriel Tang, ex capo delle milizie nordiste durante la guerra civile
nel Paese conclusasi nel 2005.
Spagna In Spagna, gli abitanti della
Galizia e dei Paesi Baschi sono chiamati domani alle urne per il rinnovo dei Parlamenti
locali, ciascuno composto da 75 seggi. Secondo gli ultimi sondaggi nessun partito
raggiungerà la maggioranza assoluta. Potrebbe quindi aprirsi la strada a governi di
coalizione. Da Bilbao, il servizio di Ignazio Arregui:
Gli abitanti
della Galizia e dei Paesi Baschi, due tra le 17 regioni nelle quali é divisa la Spagna
secondo la Costituzione approvata nel 1978, sono chiamati a votare domani per il rinnovo
dei loro parlamenti, ciascuno con 75 seggi. La crisi economica internazionale e le
sue conseguenze nella economia nazionale e regionale, la capacità di autogoverno delle
regioni, l’occupazione, i tanti episodi di corruzione amministrativa sono stati alcuni
tra gli argomenti principali nei dibattiti elettorali durante la campagna. La concorrenza
tra i partiti politici è stata molto forte, in un clima polemico anche se la popolazione
da parte sua si é comportata, secondo gli esperti, con un certo scetticismo causato
forse dalla gravità dei problemi da risolvere e dagli eccessi verbali dei leader politici.
In Galizia non sarebbe impossibile il ritorno dei Popolari al governo se, come nel
2001, raggiungessero la maggioranza assoluta. Il governo attuale è il risultato di
una coalizione tra i socialisti ed un partito nazionalista. Nei Paesi Baschi le previsioni
sono più difficili e complesse. Si dà per scontato che nessun partito avrà la maggioranza
assoluta. Il governo uscente è stato il risultato di una coalizione di tre partiti
che gli ha dato una maggioranza di 39 seggi. Al momento è pressoché impossibile indovinare
quale sarà la coalizione che riuscirà ad ottenere la maggioranza assoluta in un Parlamento
di 75 seggi. Non è da escludersi, numericamente, una coalizione tra socialisti e Popolari
il che vuol dire che i nazionalisti, per la prima volta, si troverebbero all’opposizione.
Un’altra ipotesi comporterebbe una coalizione tra socialisti e nazionalisti. Infine,
una terza ipotesi prevede una coalizione tra il partito nazionalista che ha avuto
sempre la maggioranza relativa ed altri gruppi nazionalisti, più un partito della
sinistra. Dichiarati fuori legge, sono stati esclusi, in queste elezioni, i gruppi
della sinistra nazionalista radicale. Per la chiusura della campagna elettorale il
leader dei socialisti, Rodríguez Zapatero, e Mariano Rajoy del Partito Popolare si
sono trasferiti in Galizia dimostrando in questo modo che i risultati elettorali di
quella regione possono avere importanti conseguenze nei rapporti tra i due più grande
partiti nazionali.
Europa Attesa per il vertice
informale di domani a Bruxelles tra i leader dei Paesi europei. Al centro dei colloqui
l’unità dei 27 di fronte alla crisi economica. In particolare si discuterà delle mosse
urgenti per il risanamento del sistema bancario e per il sostegno dell'industria,
in primo luogo quella automobilistica.
Crisi settore auto Nuovi segnali
negativi dal settore automobilistico europeo. La tedesca Volkswagen entro la fine
del 2009 licenzierà tutti i suoi 16.500 lavoratori interinali. Lo ha annunciato l'amministratore
delegato dell’azienda, Martin Winterkorn, in un'intervista al settimanale Der Spiegel.
(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 59
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