2009-02-28 15:15:41

Netanyahu: "credo nella soluzione basata su due Stati per porre fine alla crisi israelo-palestinese"


Credo "realmente" nella soluzione basata su due Stati per mettere fine al conflitto israelo-palestinese. Così, il premier israeliano designato, Benyamin Netanyahu, in un'intervista al "Washington Post", pubblicata il giorno seguente il fallimento delle trattative con il leader di Kadima, Tzipi Livni, per formare un governo di unità nazionale in Israele. Entrambi si sono accusati reciprocamente per il mancato accordo sul quale pesa proprio il dissenso sul futuro delle Stato palestinese. Ancora in alto mare anche la trattativa per una tregua definitiva nella Striscia di Gaza. Oggi, altri cinque razzi sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza contro il sud dello Stato Ebraico. Uno di questi ha colpito una scuola di Ashqelon, fortunatamente chiusa per la festività del sabato. Dall'inizio del fragile cessate il fuoco, ammontano ormai a oltre un centinaio gli attacchi da Gaza, cui Israele ha reagito a sua volta lanciando incursioni aeree. Le speranze per il rilancio del processo di pace sono ora puntate al vertice di domani a Sharm el Sheikh, che vedrà riuniti i capi della diplomazia del quartetto per il Medio Oriente, composto da Russia, Stati Uniti, Nazioni Unite e Unione Europea.

Bangladesh
L’esercito del Bangladesh ha scoperto una nuova fossa comune contenente i corpi di almeno 10 ufficiali uccisi dalle guardie "Bangladesh Rifles" durante l'ammutinamento avvenuto negli scorsi giorni a Dacca. Sale così a 76 persone uccise il bilancio delle vittime della violenza esplosa nella capitale bengalese, ma il bilancio potrebbe aumentare ancora. La rivolta, cui il governo della premier Sheikh Hasina, è riuscita a mettere fine garantendo l’amnistia ai rivoltosi che si fossero arresi, è stata scatenata probabilmente dalle condizioni di estrema povertà che affliggono da anni il Paese asiatico, come ci conferma Stefano Vecchia, giornalista esperto di Asia, intervistato da Stefano Leszczynski:RealAudioMP3

 
R. – Una povertà e disperazione di cui i fucilieri del Bangladesh – questa forza paramilitare che ha il compito pesante di controllare ben 4 mila e 400 chilometri di frontiera – esprimono pienamente. Si tratta di un corpo paramilitare che condivide poco degli interessi e dei benefici dell’esercito – che spesso sono stati anche interessi di ordine politico, in Bangladesh – e le loro prime indicazioni sono state proprio molto concrete, cioè migliori salari, quindi migliori paghe -, benefici, possibilità di accedere a cibo sovvenzionato e migliori orari d’impegno di lavoro.

 
D. – Povertà e corruzione sono due degli elementi che caratterizzano il Bangladesh. Il nuovo governo, uscito dalle ultime elezioni, si sta muovendo in una direzione diversa rispetto a quelli del passato?

 
R. – Diciamo che il nuovo governo, uscito dalle elezioni, ha l’impegno con il Paese di muoversi in modo diverso. Ricordiamo che questo governo è stato eletto, nelle elezioni del 29 dicembre, dopo un anno di governo interinale, gestito appunto da militari, che hanno in qualche modo cercato di eliminare un sistema di corruttele assolutamente potente e radicato. Sheikh Hasina è stata eletta proprio con la promessa di continuare quest’attività.

 
D. – C’è qualche linea di sviluppo che può far ben sperare per questo Paese?

 
R. – Diciamo che è un Paese che è andato via via, in questi ultimi anni, specializzandosi in produzioni che prima erano tipiche di altre zone; in ogni caso, il tessile resta un’industria trainante. Il problema è che si tratta di un Paese che dipende in parte forse egualmente sia dalle sovvenzioni, dagli aiuti internazionali, sia dagli investimenti stranieri. In un momento in cui, appunto, sembrava di vedere, in qualche modo, anche in lontananza, l’uscita dal tunnel della povertà e del sottosviluppo, la crisi in atto sta mettendo seri limiti a questa possibilità.

 
Cina
La predisposizione di un rigido sistema di controllo e pene più severe per i fabbricanti di prodotti contaminati. Sono queste le misure più importanti della legge sulla sicurezza alimentare varata dal governo cinese. Il provvedimento, che entrerà in vigore il prossimo primo giugno, aveva incominciato il suo iter dopo lo scandalo del latte contaminato alla melanina che ha ucciso sei ragazzi e fatto ammalare 296 mila persone in Cina. Ora nessun additivo verrà più autorizzato se non necessario e sicuro.

Filippine: contatti con ostaggi Croce Rossa
Uno sforzo maggiore per arrivare alla loro liberazione. E’ l’appello lanciato sulla stampa locale da uno dei tre funzionari della Croce Rossa rapiti il 15 gennaio nel sud delle Filippine. Da una settimana non si avevano più notizie dei tre che hanno detto di essere affaticati e preoccupati. Le autorità ritengono responsabile del sequestro un gruppo legato ad Al Qaeda.

Australia
In Australia, a tre settimane dagli incendi che hanno devastato lo Stato meridionale di Victoria provocando 210 morti, risultano ancora disperse 37 persone. Lo ha affermato oggi un ufficiale dell’esercito, che sta affiancando le autorità locali nella ricerca dei resti delle vittime. Il Paese intanto è in allerta per una nuova ondata di caldo prevista per la prossima settimana.

Sudan
Si aggrava il bilancio dei combattimenti nel sud del Sudan. Fonti Onu hanno riferito che sono almeno 50 le vittime e 100 i feriti di una settimana di scontri nella città di Malakal. Le violenze vedono contrapposti i ribelli del Movimento armato per la liberazione del popolo sudanese e i seguaci di Gabriel Tang, ex capo delle milizie nordiste durante la guerra civile nel Paese conclusasi nel 2005.

Spagna
In Spagna, gli abitanti della Galizia e dei Paesi Baschi sono chiamati domani alle urne per il rinnovo dei Parlamenti locali, ciascuno composto da 75 seggi. Secondo gli ultimi sondaggi nessun partito raggiungerà la maggioranza assoluta. Potrebbe quindi aprirsi la strada a governi di coalizione. Da Bilbao, il servizio di Ignazio Arregui:RealAudioMP3

Gli abitanti della Galizia e dei Paesi Baschi, due tra le 17 regioni nelle quali é divisa la Spagna secondo la Costituzione approvata nel 1978, sono chiamati a votare domani per il rinnovo dei loro parlamenti, ciascuno con 75 seggi. La crisi economica internazionale e le sue conseguenze nella economia nazionale e regionale, la capacità di autogoverno delle regioni, l’occupazione, i tanti episodi di corruzione amministrativa sono stati alcuni tra gli argomenti principali nei dibattiti elettorali durante la campagna. La concorrenza tra i partiti politici è stata molto forte, in un clima polemico anche se la popolazione da parte sua si é comportata, secondo gli esperti, con un certo scetticismo causato forse dalla gravità dei problemi da risolvere e dagli eccessi verbali dei leader politici. In Galizia non sarebbe impossibile il ritorno dei Popolari al governo se, come nel 2001, raggiungessero la maggioranza assoluta. Il governo attuale è il risultato di una coalizione tra i socialisti ed un partito nazionalista. Nei Paesi Baschi le previsioni sono più difficili e complesse. Si dà per scontato che nessun partito avrà la maggioranza assoluta. Il governo uscente è stato il risultato di una coalizione di tre partiti che gli ha dato una maggioranza di 39 seggi. Al momento è pressoché impossibile indovinare quale sarà la coalizione che riuscirà ad ottenere la maggioranza assoluta in un Parlamento di 75 seggi. Non è da escludersi, numericamente, una coalizione tra socialisti e Popolari il che vuol dire che i nazionalisti, per la prima volta, si troverebbero all’opposizione. Un’altra ipotesi comporterebbe una coalizione tra socialisti e nazionalisti. Infine, una terza ipotesi prevede una coalizione tra il partito nazionalista che ha avuto sempre la maggioranza relativa ed altri gruppi nazionalisti, più un partito della sinistra. Dichiarati fuori legge, sono stati esclusi, in queste elezioni, i gruppi della sinistra nazionalista radicale. Per la chiusura della campagna elettorale il leader dei socialisti, Rodríguez Zapatero, e Mariano Rajoy del Partito Popolare si sono trasferiti in Galizia dimostrando in questo modo che i risultati elettorali di quella regione possono avere importanti conseguenze nei rapporti tra i due più grande partiti nazionali.

 
Europa
Attesa per il vertice informale di domani a Bruxelles tra i leader dei Paesi europei. Al centro dei colloqui l’unità dei 27 di fronte alla crisi economica. In particolare si discuterà delle mosse urgenti per il risanamento del sistema bancario e per il sostegno dell'industria, in primo luogo quella automobilistica.

Crisi settore auto
Nuovi segnali negativi dal settore automobilistico europeo. La tedesca Volkswagen entro la fine del 2009 licenzierà tutti i suoi 16.500 lavoratori interinali. Lo ha annunciato l'amministratore delegato dell’azienda, Martin Winterkorn, in un'intervista al settimanale Der Spiegel. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

 

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 59

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