Usa: fine delle operazioni militari in Iraq entro il 2010
Le operazioni di combattimento statunitensi in Iraq termineranno entro agosto 2010,
ma nel paese resterà un contingente di 35mila-50mila militari, per dare supporto al
governo iracheno e alle forze di sicurezza locali. Il ritiro completo delle truppe
dall’Iraq avverrà entro dicembre 2011. Lo ha annunciato il presidente americano Obama
che ha poi confermato la difficoltà della situazione sul terreno. Il calendario, ha
aggiunto, potrà essere rivisto se emergeranno problemi durante le operazioni. Come
valutare questa mossa della nuova amministrazione americana? Salvatore Sabatino lo
ha chiesto ad Alessandro Colombo, docente di Relazioni internazionali presso l’università
Statale di Milano
R. - Questo
era un annuncio scontato, naturalmente non soltanto perché Obama lo aveva promesso
in campagna elettorale ma perché è chiaro che il fuoco politico e strategico delle
attenzioni non soltanto americane in Medio Oriente, si sta spostando dall’Iraq all’Afghanistan.
Questo è il rapporto tra le due decisioni: da un lato c’è un disimpegno crescente
dall’Iraq e dall’altro lato c’è invece un aumento progressivo dell’impegno in Afghanistan.
D.
– I vescovi iracheni più volte si sono detti preoccupati per il ritiro, esprimendo
la loro angoscia per una situazione non certo facile. L’Iraq è davvero pronto?
R.
– Questo è molto difficile da dire. Il ritiro americano non cambia la sostanza politica
della guerra. Dal punto di vista politico, la guerra in Iraq è e resta un fallimento.
L'efficacia di una guerra non si valuta sul terreno strettamente militare ma si valuta
a partire dagli obiettivi politici che il conflitto si prefiggeva. Tutti quegli obiettivi
non sono stati raggiunti: non sappiamo esattamente quale sarà la configurazione politica
interna dell’Iraq nei prossimi mesi.
D. – La nuova
amministrazione americana sembra, a questo punto, orientata verso un altro fronte
caldo, quello afghano. Come si muoverà Washington su questo scenario?
R.
– Su questo scenario, Washington da un alto si muoverà cercando di aumentare la propria
presenza militare; incrementare la presenza militare diretta degli Stati Uniti è l’unico
modo che gli Stati Uniti hanno per non aumentare, oltre misura, le pressioni sugli
alleati affinché siano gli alleati ad aumentare il loro contributo. Ma questa quadratura
del cerchio non può funzionare nei prossimi mesi, nel senso che l’amministrazione
americana chiederà, senza dubbio, un maggiore contributo agli alleati europei. Questo
sarà un grande problema per gli alleati europei perché dire di no a Bush, con la sua
vocazione anche dal punto di vista del linguaggio unilateralista, era una cosa, dire
di 'no' a Barack Obama sarà sicuramente un’altra.