Annunciare Cristo con la forza semplice della verità: Benedetto XVI e il colloquio
con il clero della diocesi di Roma
Non disperdere la forza semplice della verità: è una delle riflessioni più intense
offerte ieri da Benedetto XVI ai parroci romani, nel tradizionale incontro quaresimale
in Vaticano. Un confronto famigliare che, tra i tanti temi toccati, si è soffermato
in particolare sulla missione evangelizzatrice dei presbiteri chiamati ad adeguare
i propri programmi pastorali alle nuove esigenze di una diocesi davvero unica quale
è quella guidata dal Successore di Pietro. Ripercorriamo alcuni dei passaggi chiave
di questo colloquio nel servizio di Alessandro Gisotti:
Un vescovo
e i suoi parroci assieme per confrontarsi, raccontarsi le proprie esperienze, gioie
e fallimenti, dubbi e speranze: è stato soprattutto questo l’incontro di Benedetto
XVI con il clero romano. Un colloquio in stile famigliare come ha il Papa ha subito
voluto sottolineare: “Siamo insieme perché voi possiate raccontarmi
le vostre esperienze, le vostre sofferenze e anche i vostri successi e le vostre gioie.
Quindi, non direi che qui parla un oracolo e voi chiedete, ma siamo in uno scambio
familiare, dove anche per me è molto importante tramite voi conoscere la vita nelle
parrocchie, le vostre esperienze, con la Parola di Dio, nel contesto del nostro mondo
di oggi. Vorrei così imparare anche io, avvicinarmi alla realtà dalla quale uno nel
Palazzo Apostolico può essere anche un po’ troppo distante”. Benedetto
XVI, rispondendo alle richieste di consiglio di alcuni parroci, si è soffermato sui
criteri che dovrebbero guidare un presbitero nell’annuncio del Vangelo. Ha così indicato
nel binomio Parola-testimonianza la strada da seguire per raggiungere il cuore dell’uomo
di oggi, spesso confuso e disorientato. Quindi, ha incoraggiato i suoi sacerdoti a
non perdere la semplicità della Verità. La verità di un Dio che è vicino a noi, che
parla con noi: “Dobbiamo anche tener presente, senza false
semplificazioni, che i dodici Apostoli erano pescatori e artigiani di questa provincia,
la Galilea, senza particolare preparazione, senza conoscenza del grande mondo greco
e latino e sono andati in tutte le parti dell’Impero e anche fuori dall’Impero fino
all’India e hanno annunciato Cristo con semplicità e con la forza della semplicità
di che cosa è vero. Mi sembra importante che non perdiamo la semplicità della verità”. Il
Pontefice ha, così, messo l’accento sul ruolo fondamentale che oggi riveste il parroco
nella vita della Chiesa come anche della società: “Chi conosce
meglio del parroco gli uomini di oggi? Al parroco vengono gli uomini, spesso senza
maschere, non con altri pretesti ma nella situazione della sofferenza, della malattia,
della morte, delle questioni in famiglia. Vengono nel confessionale senza maschera,
con il proprio essere. Nessun’altra professione dà questa possibilità di conoscere
l’uomo come è nella sua umanità e non nel ruolo che ha nella società”. Dal
parroco alla parrocchia: il Papa ha invitato i sacerdoti ad aprire le chiese a chi
cerca Dio, a riscoprire esperienze antiche come quella del catecumenato: “Mi
sembra importante insieme alla Parola creare un luogo di ospitalità della fede, un
luogo dove si faccia una progressiva esperienza della fede e qui vedo anche il compito
della parrocchia dell’ospitalità per quelli che non conoscono questa vita tipica.
Non essere un cerchio chiuso - noi abbiamo le nostre consuetudini - ma aprirsi e cercare
di creare anche 'vestiboli', cioè spazi di avvicinamento”. La
comunità dei fedeli, ha proseguito, è una realtà preziosa che non va mai sottovalutata.
La sua testimonianza, infatti, mostra che la fede è viva, non è solo una cosa della
passato: “La testimonianza della comunità credente come sottofondo
della Parola, dell’Annuncio, è di grandissima importanza e dobbiamo con la Parola
aprire, per quanto possiamo, a coloro che cercano Dio”. Alla
Parola, ha dunque ribadito, va collegata la testimonianza, l’accoglienza dei poveri
e dei bisognosi, ma anche l’annuncio evangelico ai ricchi, affinché aprano i loro
cuori. I fedeli sono così chiamati a dare credibilità, ragione della propria speranza: “I
cristiani dovrebbero essere fermento di giustizia, di integrità, di rettitudine e
di carità nella nostra società con tanti problemi, tanti pericoli, ma anche tanta
corruzione che esiste. Mi sembra così anche che realizzano un ruolo missionario essendo
realmente persone di vita giusta”.