Nel pomeriggio, i funerali di Candido Cannavò, giornalista e difensore di uno sport
di valori
Fiori rosa per un giornalista che a quel colore ha simbolicamente legato un'intera
vita professionale, nel segno dello sport. I fiori dominano la camera ardente che
per due giorni ha ospitato a Milano la salma di Candido Cannavò, spentosi domenica
scorsa all'età di 78 anni. Per le 14.45 è previsto l'inizio della cerimonia di esequie
nella Chiesa milanese di Sant'Ambrogio. Cannavò è stato per un ventennio direttore
della Gazzetta dello sport, il principale e più antico quotidiano sportivo italiano,
distinguendosi per le sue nette prese di posizione in favore di uno sport che fosse
veicolo di valori di competitività e di lealtà e contro le derive rappresentate dal
doping e da eccessi di tipo "mercantile". In molti, poi, lo ricordano per il suo intenso
impegno sociale. Luca Collodi ne ha parlato con il giornalista sportivo, Mario
Pennacchia:
R. - Dal
punto di vista umano, credo sia stato un grande giornalista, un "buon samaritano",
perché la sua carriera corre accanto alle opere di solidarietà con i carcerati, con
i tossicodipendenti, con i disabili e, persino, i cosiddetti "preti di strada": i
sacerdoti, cioè, che danno la loro vita al prossimo, per i sofferenti, i deboli,
gli indifesi. Io credo che un giornalista così non ci sia stato prima e sarà difficile
trovarlo dopo.
D. - Pennacchia, perché il direttore
della Gazzetta si è rivolto al mondo del sociale, ai valori dello sport, almeno nell’ultima
parte della sua carriera?
R. - Perché nell’ultima
parte della sua carriera c’è stata la sedimentazione di tutto quello che aveva fatto
prima, di tutte le esperienze che aveva raccolto, a tutti i livelli, soprattutto la
consapevolezza che gli aveva dato lo sport come valore assoluto. Perché lui lo sport
lo ha sempre vissuto, condannando senza minima esitazione le offese che sono state
fatte ai valori sportivi: dal doping agli illeciti e così via. Vorrei dire che lui
ha trionfato nello sport e ciò che gli davano quei trionfi lo ha portato in favore
di quelli che non possono dirsi ricchi nella vita, ma che in realtà forse sono quelli
che hanno la maggior ricchezza dentro di loro.
D.
- Come giornalista in che modo Cannavò ha lottato, ha denunciato il male che rubava
spesso credibilità allo sport?
R. - Senza esitazione,
con crudezza, contrariamente al suo stile, che era uno stile garbato, morbido, benevolo
a volte, indulgente. Si trasformava e non sentiva ragione. Capiva che l’intransigenza
era l’unico rimedio per affrontare quelle situazioni e per preservare lo sport da
altre ricadute.(Montaggio a cura di Maria Brigini)