2009-02-24 14:25:01

Il significato del digiuno cristiano rispetto alle altre religioni nella riflessione quaresimale del cardinale Paul Josef Cordes


"Ai nostri giorni, la pratica del digiuno pare aver perso un po' della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto, in una cultura segnata dalla ricerca del benessere materiale, il valore di una misura terapeutica per la cura del proprio corpo". E' una delle riflessioni di maggior richiamo contenuta nel Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2009. Domani, il Papa - che non terrà al mattino la consueta udienza generale - presiederà il rito di benedizione e imposizione delle Ceneri, che segna l'inizio della Quaresima, al termine della celebrazione eucaristica nella Basilica romana di Santa Sabina. Al microfono di Roberto Piermarini, il cardinale Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, si sofferma sul valore attribuito da Benedetto XVI al digiuno cristiano:RealAudioMP3

R. - Sono molto contento che il Papa abbia scelto questo tema. Viviamo in un mondo in cui c’è il culto del corpo. E’ vero che San Paolo dice: “Nessuno ha mai disprezzato il proprio corpo” e dunque è importante voler bene al corpo. Ma qualche volta questa cura è esagerata. Solo in Germania sono stati venduti 18 milioni di kit per il dimagirmento. Sappiamo tutti che dobbiamo limitarci a curare eccessivamente il nostro corpo. Quindi, da parte del Papa era importante parlare del digiuno. Inoltre, anche altre religioni praticano il digiuno. Conosciamo il Ramadan dell’islam: in un contesto di diversità religiose, quindi, è un compito molto importante sottolineare prima il digiuno e dopo riscoprire anche lo specifico del cristiano.

 
D. - Non crede che questa cura ossessiva del corpo di cui lei parla, possa portare a un’idolatria del corpo stesso?

 
R . - Certamente. Dicevano già i Romani: Mens sana in corpore sano. Una mente sana ha bisogno di un corpo sano. Il corpo ha il suo valore, non possiamo negare tutto questo. Però, curare eccessivamente il proprio corpo ha sempre i suoi rischi. Tutta la pubblicità, per esempio, ci mostra il bel corpo: raramente presenta i vecchi che stanno soffrendo. Il corpo è messo così in evidenza, per cui non vediamo più il fatto che più importante del corpo o insieme ad esso deve esserlo lo spirito, la volontà, la libertà. Sono valori astratti ma importanti per salvaguardare uno stato corretto e sano del corpo. Il culto del corpo è molto pericoloso. In Germania, c’era perfino un sapone che si chiamava “Kult”. Questo evidentemente non significa che non bisogna trattare bene il corpo, ma non si deve esagerare con questo desiderio di voler dominare con il corpo la volontà dell’uomo, altrimenti il corpo diventa un tiranno.

 
D. - Cosa contraddistingue la pratica del digiuno cristiano da quello delle altre religioni?

 
R. - Se noi guardiamo alle altre grandi religioni scopriamo che l’islam - ad esempio - non ha una relazione con il Creato come il cristianesimo. L’islam non può scoprire nel Creato nessun elemento divino perché Dio è lontanissimo dalla creazione: c’è un abisso tra Dio ed essa. Dio ispira la creazione tramite la legge, la sharia, non ha nessuna relazione personale con la creazione. Invece, il cristiano può identificarsi con il Creato, perché Cristo è il Figlio di Dio e si è incarnato, ha preso la nostra carne. Questa è una cosa insuperabile, perché così noi possiamo avere nel Creato una relazione con Dio stesso. Cristo è il nostro modello, lui è andato nel deserto e così possiamo trovare nel digiuno la persona di Gesù Cristo. Mi sembra che tutti i metodi del digiuno siano importanti, ma lo scopo è quello di vedere come Gesù Cristo viva il digiuno nel deserto: lì ci troviamo di fronte una persona. L’islam ha di fronte una legge, un Dio lontano, noi abbiamo Cristo vicino che ci dà l’esempio del digiuno. I metodi del digiuno hanno questo scopo e non sono molto importanti: importante è che troviamo Cristo. Il Papa dice nel suo Messaggio che il digiuno ci aiuta a dedicarci totalmente a Dio.

 
D. - Eminenza, il digiuno volontario in tempo di Quaresima può contribuire a combattere la fame nel mondo?

 
R. - Il Papa lo dice abbastanza chiaramente nel Messaggio. Se io nego qualche cosa di buono e di utile al mio corpo, mi rimane anche una certa somma di denaro. Se io nego ai miei occhi la televisione per un certo tempo, avrò tempo per pregare. Se io cancello nel mio cuore l’orgoglio, avrò forse desiderio di confessarmi. Così, il tempo di Quaresima è per me un tempo di approfondimento della vita cristiana. E’ quasi un esercizio spirituale. La Chiesa ci offre 40 giorni per prepararci alla Pasqua. Sono contento di questo Messaggio perché qualche volta nel mondo la preparazione alla Pasqua era solo un tempo per preparare la colletta e la gente pensava: se faccio una bella offerta ho fatto la mia preparazione. Invece, questo Messaggio quaresimale del Papa ci mostra chiaramente che ci sono altri elementi importanti quanto la colletta che ci indicano il vero senso della Quaresima che vuol dire prepararci a celebrare la Pasqua come morte e risurrezione di Gesù Cristo. Solo chi è morto può sentire la gioia della Risurrezione e solo chi ha fatto veramente un passaggio verso questa morte, negando se stesso, avrà la gioia di celebrare nella veglia di Pasqua la gioia della Risurrezione.







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