Un attentato al Cairo scuote l'Egitto: morta una ragazza francese
Egitto ancora sotto choc per l’attentato di ieri al Cairo, quando un ordigno è esploso
nell'affollato mercato turistico di Khan El Khalili. Il bilancio è di una vittima
- una ragazza francese - e 25 feriti, perlopiù stranieri. Si indaga sulla matrice,
mentre le autorità indagano su tre sospetti. Il servizio di Amina Belkassem:
I tre sospetti
sarebbero stati arrestati, mentre centinaia di testimoni sono stati interrogati dalla
polizia per stabilire le circostanze dell’attentato che continuano ad essere confuse;
mentre alcuni parlano di una, due bombe lanciate dall’alto, da un palazzo nelle vicinanze,
altre fonti raccontano di un ordigno rudimentale, imbottito di chiodi, piazzato sotto
un sedile dell’adiacente moschea di Al Hussein. Intanto, arriva la condanna unanime
da parte della comunità internazionale, e il ministro degli Esteri francese Bernard
Kouchner, ha definito l’attacco “un atto brutale e codardo”, precisando che una turista
francese, gravemente ferita, è ancora in ospedale. Il presidente Mubarak ha annullato
tutti gli incontri in programma, tra cui quello con il presidente della Camera, Gianfranco
Fini, che questa mattina ha avuto un lungo colloquio con il grande Imam dell’Università
di Al Azhar, lo sceicco Tantawi. Non è la prima volta che l’Egitto
finisce sotto il tiro dei terroristi. Quanto ha influito il ruolo fondamentale giocato
dal Cairo nella crisi nella Striscia di Gaza? Salvatore Sabatino lo ha chiesto
a Maurizio Calvi, presidente del Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo:
R. – Quando
l’Egitto ha assunto il ruolo di mediatore nel conflitto tra israeliani e palestinesi
c’è stata sempre una “coda” di attentati; questa è una costante che, ovviamente, risente
del clima sempre infiammato nei rapporti tra Hamas da una parte e Israele dall’altra,
e quindi il tentativo di mediazione, il ruolo che ha assunto l’Egitto, ha fatto pagare
alla popolazione egiziana sempre prezzi altissimi. D. – Tra
l’altro, quasi in concomitanza con l’attentato del Cairo è giunto un nuovo proclama
del numero due di Al Qaeda, Al Zawahiri, che si rivolge alla popolazione palestinese
di Gaza e chiede di respingere le trattative in corso per una tregua con gli israeliani;
come si può definire Al Qaeda, oggi? R. – Al Qaeda, ovviamente,
è una rete, ma dietro questa rete – a mio avviso – ci sono dei Paesi. La rete di Al
Qaeda determina le condizioni, e quando ci sono tentativi di mediazione, l’Egitto
paga altissimi prezzi; l’Egitto, ovviamente, è favorevole ad un processo di pace,
e quindi è in linea con la politica di Israele. E poi, il clima che nasce dalle elezioni
che si sono avute recentemente in Israele, anche quest’occasione, questo clima teso
che c’è in Israele per la formazione di un governo, tende, in qualche modo, ad irrigidire
le posizioni dei falchi; quindi, di conseguenza, anche questa circostanza ha determinato
le condizioni di questa nuova violenza. D. – La nuova amministrazione
americana, guidata dal presidente Obama, quanto cambierà il panorama del terrorismo
internazionale, almeno secondo le previsioni? R. – Intanto,
gli Stati Uniti hanno sottolineato l’esigenza di un rapporto forte con l’Europa, col
mondo occidentale per combattere il terrorismo; quindi, non c’è più la politica estera
di Bush che, in maniera autonoma, isolata, ha determinato le condizioni – con una
risposta dura – al terrorismo internazionale. C’è maggiore consapevolezza che il terrorismo
si combatte in maniera unita, e mai con azioni isolate – così com’è stato con il governo
di Bush.