Haiti. Il presidente dei vescovi: siamo nel tunnel
"Non è un momento facile per Haiti: dall'inizio del 2004, infatti, il Paese è al centro
di una rivolta popolare che ha causato disordini e violenze ed ha portato al rovesciamento
del regime del presidente Jean Bertrand Aristide, attualmente in esilio in Sudafrica.
Fino al 7 febbraio 2006, il Paese è stato retto da un governo ad interim. Poi, le
consultazioni presidenziali che, tra molte proteste ed accuse di brogli, hanno visto
la vittoria di Réné Préval. Attualmente, ad Haiti è presente anche una missione ONU
per la riconciliazione nazionale, ma la popolazione è allo stremo, con l’80% degli
abitanti che vive con meno di due dollari al giorno". Di questa drammatica situazione
parla mons. Louis Kébreau, arcivescovo metropolita di Cap-Haïtien e presidente dei
vescovi locali. In un’intervista rilasciata all’agenzia Apic, il presule afferma:
“Siamo ancora nel tunnel, mentre i politici fanno solo belle promesse. Sono tanti
quelli che fuggono clandestinamente a bordo di barconi, pagando grosse somme a scafisti
senza scrupoli”. Il presule ricorda poi le tante catastrofi naturali che hanno colpito
Haiti, come gli uragani Fay, Gustav, Hanna e Ike, che hanno causato “una grande perdita
di vite umane, distruggendo le culture locali”. Oggi, sarebbe necessario il rimboschimento,
continua mons. Kébreau, poiché “per ottenere la legna, la gente taglia gli alberi,
ma poi non ci sono soldi per reimpiantarli e quando arrivano le piogge, niente riesce
a fermare le acque”. La situazione si rivela ancora più difficile nelle zone rurali
dove, afferma il presule, “mancano le strade, l’acqua potabile, l’elettricità, i presidi
sanitari”. Tuttavia, ribadisce il presidente dei vescovi haitiani, “Haiti non è in
guerra. Questo Paese ha solo bisogno di soluzioni stabili per il suo sviluppo”. Fondamentale,
allora, in questo contesto, l’aiuto della Chiesa che “spesso è l’unica ad intervenire
– sottolinea mons. Kébreau - L’8 dicembre 2007 abbiamo lanciato il movimento “La Chiesa
di Haiti in missione” e lavoriamo nelle scuole, nelle parrocchie, organizzando progetti
di sviluppo, di educazione e di sanità nelle campagne e nei quartieri popolari del
Paese”. L’appello finale, allora, è “di mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo,
evitando ogni forma di individualismo. Perché è nel cuore della miseria che bisogna
cercare la speranza”. (I.P.)