È di 33 morti il pesantissimo bilancio dell’ennesimo attentato avvenuto questa mattina
in Pakistan, a Dera Ismail Khan città nel Nord Ovest ai confini con l'Afghanistan.
Una bomba è esplosa al passaggio di un corteo funebre nel quale centinaia di persone
accompagnavano il feretro di un leader sciita locale, ucciso ieri a colpi di pistola.
Dopo l’esplosione sono inoltre seguiti violenti disordini tra la folla inferocita
e la polizia. Intanto, non è stata ancora annunciata la nuova data dell’incontro che
si sarebbe dovuto tenere ieri, ad Islamabad, tra il presidente afghano, Hamid Karzai,
e il presidente e il primo ministro pakistani, rispettivamente Asif Ali Zardari e
Raza Gilani. La neve ha impedito, infatti, al capo di Stato afghano di partire da
Kabul. Del significato di questa visita e dei rapporti tra Afghanistan e Pakistan,
Fausta Speranza ha parlato con Lucio Caracciolo:
R. – Karzai
spera di ridarsi un ruolo ed una funzione – riconosciuta anche dagli Stati Uniti –
per restare presidente dell’Afghanistan, anche in vista delle elezioni, che dovrebbero
tenersi più avanti, quest’anno; dal punto di vista americano, è una personalità ormai
abbastanza squalificata, se non dannosa, per i fini che l’America si ripropone di
raggiungere.
D. – Obama ha annunciato una nuova fase in Afghanistan, ha annunciato
l’invio di altri 17 mila uomini, chiedendo alla Nato di supportarlo in quest’incremento
di truppe; però, nello stesso tempo, annuncia anche una nuova fase diplomatica in
Afghanistan. Ecco, questo dovrà significare una nuova fase, anche in Pakistan dove
continuano i raid americani?
R. – Dal punto di vista americano, Afghanistan
e Pakistan sono lo stesso fronte. Un inviato solo, Holbrooke, è stato mandato a dirimere
le vicende politico-diplomatico militari dell’area, quindi chiaramente si tratta di
una strategia applicata ad entrambi i Paesi, ed in particolare all’area tribale fuori
controllo, al confine – del tutto teorico – che separa appunto l’Afghanistan dal Pakistan.
D.
– Rimaniamo in Pakistan. Nella zona nord-ovest, nei giorni scorsi, è stata approvata
la Sharia. Una mossa che è difficile da comprendere, da parte del governo centrale;
era un prezzo troppo alto andare contro quello che è uno stato di fatto... che significato
possiamo dargli?
R. – Quella regione tribale che sta all’estremità settentrionale
del Pakistan e che non ha discontinuità di alcun genere – anche dal punto di vista
etnico – con le confinanti zone afghane, è un’area del tutto fuori controllo rispetto
al governo centrale. Al massimo, può esservi un controllo indiretto, attraverso capi
tribali o signori della guerra più o meno assimilabili e controllabili. Quindi questo
accordo fa parte di quest’idea di una zona che non si può controllare direttamente.
R.
– In definitiva la Repubblica islamica di Pakistan – perché questo è uno Stato che,
tra l’altro, detiene la bomba atomica – che filo da torcere darà, o può dare ad Obama?
R.
– Dal punto di vista della sicurezza americana – in particolare rispetto ad eventuali
nuovi 11 settembre, con armi di distruzione di massa - questo è il problema maggiore,
perché solo in Pakistan abbiamo, contemporaneamente, un vasto arsenale atomico ed
uno Stato che si sta praticamente disfacendo.