Bolivia: la Chiesa protesta per la modalità degli arresti legati ai fatti dell’11
settembre 2008
L’11 settembre 2008, nel dipartimento di Pando, a nord della Bolivia, un violento
scontro tra diversi gruppi aveva provocato la morte di 15 sostenitori del governo
del presidente Evo Morales. Una vicenda che era frutto delle gravi tensioni politiche
e sociali nel Paese per la discussione nell’Assemblea costituente del nuovo testo
costituzionale. Da quel momento in poi le due parti si sono accusate a vicenda, rimpallando
le responsabilità di questi tragici eventi che, allora, provocarono molta preoccupazione
sia fuori che dentro la Bolivia, perché da più parti si paventava una guerra civile.
Sia un’inchiesta delle Nazioni Unite che un’altra condotta dall’Unione delle Nazioni
Sudamericane (Unasur) giunsero alla conclusione che si trattò di una vera e propria
strage. Lo scorso 17 febbraio, la giustizia boliviana ha ordinato l’arresto di 12
persone nella città di Cobija, considerate coinvolte nei fatti, ma non ha precisato
le accuse. Lo stesso presidente Evo Morales ha duramente criticato le modalità degli
arresti e le procedure giudiziarie. Il 18 febbraio mons. Luís Casey, vicario apostolico
di Pando, in un comunicato, ha condannato i fatti di violenza legati alla detenzione
e ha ricordato che le testimonianze dei parenti e dei mezzi di comunicazione “danno
conto di procedimenti ed atti di violenza contrari alla libertà e ai diritti fondamentali
delle persone”. “Ricordiamo alle autorità di governo e militari - si legge nel comunicato
- che non esiste nulla che possa giustificare questi procedimenti”. Infatti “in uno
stato di diritto sono inaccettabili i metodi utilizzati” perché non rispettano i diritti
della persona e la sua dignità. A questo proposito, il vicario apostolico ha chiesto
alle autorità di “rispettare l’integrità fisica e psicologica dei detenuti, rendere
nota la lista di tutte queste persone e comunicare alle famiglie e all’opinione pubblica
il luogo e la situazione in cui si trovano”. Allo stesso tempo, ha rivolto un forte
appello agli enti pubblici responsabili, poiché “questi fatti costituiscono un grave
precedente di violazione dell’apparato legale vigente e delle libertà e dei diritti
fondamentali di ogni individuo”. “La Chiesa cattolica denuncia questi fatti che considera
offensivi per ogni essere umano e contro Dio. La dignità umana – conclude il comunicato-
è sacra perché ogni persona è figlio di Dio, creata a sua immagine e somiglianza”.
Da parte sua, la Conferenza episcopale boliviana, appoggiando la denuncia del vicario
apostolico di Pando, respinge “ogni attentato contro i diritti umani e le libertà
fondamentali delle persone”, e ricorda che in Bolivia vige uno stato di diritto, con
corrispondenti norme legali, “per assicurare i procedimenti più adeguati nell’amministrazione
della giustizia”, pertanto “niente può giustificare i metodi utilizzati in questi
fatti”. L'episcopato chiede inoltre alle autorità di “garantire la legalità nelle
azioni di investigazione e nella ricerca delle responsabilità”. Infine i vescovi manifestano
la loro solidarietà ai parenti delle persone accusate, esprimendo il desiderio che
presto si affermi la pace e la tranquillità.(A cura di Luis Badilla)