2009-02-20 15:43:00

Bolivia: la Chiesa protesta per la modalità degli arresti legati ai fatti dell’11 settembre 2008


L’11 settembre 2008, nel dipartimento di Pando, a nord della Bolivia, un violento scontro tra diversi gruppi aveva provocato la morte di 15 sostenitori del governo del presidente Evo Morales. Una vicenda che era frutto delle gravi tensioni politiche e sociali nel Paese per la discussione nell’Assemblea costituente del nuovo testo costituzionale. Da quel momento in poi le due parti si sono accusate a vicenda, rimpallando le responsabilità di questi tragici eventi che, allora, provocarono molta preoccupazione sia fuori che dentro la Bolivia, perché da più parti si paventava una guerra civile. Sia un’inchiesta delle Nazioni Unite che un’altra condotta dall’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur) giunsero alla conclusione che si trattò di una vera e propria strage. Lo scorso 17 febbraio, la giustizia boliviana ha ordinato l’arresto di 12 persone nella città di Cobija, considerate coinvolte nei fatti, ma non ha precisato le accuse. Lo stesso presidente Evo Morales ha duramente criticato le modalità degli arresti e le procedure giudiziarie. Il 18 febbraio mons. Luís Casey, vicario apostolico di Pando, in un comunicato, ha condannato i fatti di violenza legati alla detenzione e ha ricordato che le testimonianze dei parenti e dei mezzi di comunicazione “danno conto di procedimenti ed atti di violenza contrari alla libertà e ai diritti fondamentali delle persone”. “Ricordiamo alle autorità di governo e militari - si legge nel comunicato - che non esiste nulla che possa giustificare questi procedimenti”. Infatti “in uno stato di diritto sono inaccettabili i metodi utilizzati” perché non rispettano i diritti della persona e la sua dignità. A questo proposito, il vicario apostolico ha chiesto alle autorità di “rispettare l’integrità fisica e psicologica dei detenuti, rendere nota la lista di tutte queste persone e comunicare alle famiglie e all’opinione pubblica il luogo e la situazione in cui si trovano”. Allo stesso tempo, ha rivolto un forte appello agli enti pubblici responsabili, poiché “questi fatti costituiscono un grave precedente di violazione dell’apparato legale vigente e delle libertà e dei diritti fondamentali di ogni individuo”. “La Chiesa cattolica denuncia questi fatti che considera offensivi per ogni essere umano e contro Dio. La dignità umana – conclude il comunicato- è sacra perché ogni persona è figlio di Dio, creata a sua immagine e somiglianza”. Da parte sua, la Conferenza episcopale boliviana, appoggiando la denuncia del vicario apostolico di Pando, respinge “ogni attentato contro i diritti umani e le libertà fondamentali delle persone”, e ricorda che in Bolivia vige uno stato di diritto, con corrispondenti norme legali, “per assicurare i procedimenti più adeguati nell’amministrazione della giustizia”, pertanto “niente può giustificare i metodi utilizzati in questi fatti”. L'episcopato chiede inoltre alle autorità di “garantire la legalità nelle azioni di investigazione e nella ricerca delle responsabilità”. Infine i vescovi manifestano la loro solidarietà ai parenti delle persone accusate, esprimendo il desiderio che presto si affermi la pace e la tranquillità.(A cura di Luis Badilla)







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