2009-02-19 15:17:44

La Nato discute un incremento dell'impegno in Afghanistan


Gli Usa sono pronti ad inviare altri 17mila uomini in Afghanistan, ma si attendono che anche gli alleati facciano altrettanto: è questo il messaggio che il segretario della Difesa Usa, Robert Gates, ha portato ai ministri della Difesa della Nato, riuniti a Cracovia, in Polonia. Si discute dunque dell’invio di più soldati per un periodo di tempo “limitato e temporaneo” necessario per garantire lo svolgimento delle elezioni presidenziali del 20 di agosto, ma anche di un maggior impegno a più lungo termine. L’Italia fa sapere di voler rafforzare la presenza del contingente militare, mentre si intensificano gli allarmi per possibili attacchi e anche per questo la Farnesina invita le Ong italiane a lasciare l’Afghanistan. Richiamare le Ong in patria sarebbe un errore secondo il generale Fabio Mini, ex comandante della missione Nato in Kosovo, oggi analista geopolitico, che sentiamo nell’intervista di Francesca Sabatinelli:RealAudioMP3

R. – Non c’è più la percezione dell’autorità, non c’è nessuno che comanda e quindi, in questa situazione di caos, far andare via i rappresentanti stranieri delle Ong e lasciare lì soltanto i locali, secondo me, è contrario a quello che la situazione dovrebbe richiedere. Le Ong stanno facendo un lavoro che doveva essere di complemento alla strategia di ripristinare e ricostruire l’Afghanistan. Siccome sono qualcosa come otto anni che andiamo avanti con una soluzione militare che non dà nessun frutto, mi chiedo come mai si pensa di mandare via quelli che qualcosa fanno, mentre invece non si ripensa la strategia di quelli che stanno ancora lì.

 
D. – Ma perché in questi anni, non si è riusciti a stabilizzare la situazione, con la strategia messa in atto?

 
R. – Perché l’obiettivo, secondo me, è fuori luogo in Afghanistan. L’obiettivo è quello di farla diventare una specie di modello democratico occidentale. La situazione sul terreno non consente ancora questa cosa. Per adesso l’Afghanistan è ancora un coacervo di piccoli poteri che stanno in equilibrio. Il modello che si vuole imporre è un modello che non è attuabile. La strategia, quella di imporre il modello con la forza, è addirittura ancora più disastrosa. La domanda che pongono più spesso agli accidentali gli afghani, oggi, è “Ma cosa volete da noi? Perché ammazzate i civili?” Queste sono cose che hanno portato il livello di accettazione delle forze straniere sotto zero. Una strategia nuova per l’Afghanistan è urgente: una strategia che ridia fiducia agli afghani, che possano farcela da soli.

 
Striscia di Gaza
L'aviazione israeliana ha attaccato oggi obiettivi palestinesi nell'area di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, colpendo - stando a fonti locali - tunnel sotterranei usati per contrabbandare armi a Hamas. Non si ha finora notizie di vittime. Un portavoce militare israeliano ha confermato che si è svolta una non meglio precisata “attività dell'aviazione” a Gaza, senza fornire altri particolari. La scorsa notte, inoltre, sembra che mezzi blindati abbiano compiuto una breve incursione a Gaza City prima di ritirarsi dopo uno scontro a fuoco con miliziani palestinesi.

Consultazioni in Israele in vista del nuovo governo
Intanto, il presidente israeliano Shimon Peres ha ripreso stamane le consultazioni con i partiti prima di decidere a quale personalità politica affidare il compito di formare un nuovo governo. Il mondo politico israeliano attende con grande interesse l'esito dell'incontro che Peres avrà alle 10.30 di questa mattina (le 9.30 in Italia) col leader di Israel Beitenu (Ib) Avigdor Lieberman, che potrebbe far pendere la bilancia a favore della signora Tzipi Livni, leader del partito di maggioranza relativa Kadima, o del leader del Likud Benyamin Netanyahu, che sulla carta può contare sul sostegno dei partiti confessionali e di estrema destra. Ib è uscito dalle elezioni fortemente rafforzato e con 15 seggi è divenuto il terzo partito alla Knesset. Il giro di consultazioni di Peres si conclude questa sera.

Iraq
Non si placa la guerriglia in Iraq. Nella parte occidentale di Mossul un poliziotto iracheno è stato ucciso e altri cinque sono rimasti feriti per l’esplosione di un’autobomba, mentre un civile è stato ucciso in un attacco da parte di un gruppo armato. Tre persone, tra cui un poliziotto, sono state uccise, e altre otto sono state ferite a Falluja, 50 km a est di Baghdad, dall’esplosione di quattro ordigni. Intanto, per la prima volta dopo la guerra del golfo, il vicepremier e ministro degli Esteri del Kuwait, Mohammad Al-Salem Al-Sabah, annuncia che si recherà in Iraq il mese prossimo per la sua prima visita istituzionale. I rapporti tra i due Paesi sono lentamente ripresi dopo la fine del regime di Saddam Hussein.

Iran: liberato l’ex leader del movimento studentesco
Dopo essere stato condannato a quattro anni di reclusione, Said Razavi-Faqih, giovane iraniano ex dirigente della maggiore organizzazione studentesca riformista, è stato rilasciato su cauzione. Il ragazzo, arrestato lo scorso mese di gennaio, è stato riconosciuto colpevole di attività contro la sicurezza nazionale e propaganda contro il sistema, per aver tenuto discorsi in alcune manifestazioni studentesche sei anni fa. Lo studente in passato era stato membro del comitato centrale del Tahkim Vahdat, il raggruppamento studentesco molto vicino ai riformisti.

Libia
Rispettare l’essere umano: secondo le autorità libiche è questo il principale obiettivo di quella che dovrebbe essere la nuova costituzione del popolo libico. Per il prossimo 2 marzo è stato infatti convocato il Congresso del popolo nel corso del quale dovrebbe essere presentato ufficialmente il progetto della nuova costituzione per la Libia, redatto su iniziativa di Seif Al-Islam Gheddafi, figlio del leader dello Stato nord africano. Si tratta del primo progetto di costituzione da quando nel 1969 Gheddafi prese il potere in Libia e abolì la Carta allora in vigore. La data del primo settembre, giorno in cui dovrebbe avvenire l’approvazione definitiva, assume particolare rilevanza in virtù della ricorrenza del 40.mo anniversario della rivoluzione.

Il piano di Obama per milioni di famiglie che rischiano di perdere la casa
Il capo della Casa Bianca sarà oggi in Canada per la sua prima visita ufficiale all'estero dall’insediamento. Ieri da Phoenix, in Arizona, Obama ha annunciato il sostegno a milioni di famiglie statunitensi che potranno così rimanere nelle proprie case. Dagli Stati Uniti, Elena Molinari:RealAudioMP3

Aiuterà dai 7 ai nove milioni di famiglie americane a rimanere nella loro casa. Il piano di aiuto per il mercato immobiliare, presentato ieri da Barack Obama, è più ambizioso rispetto alle attese. Potrebbe, infatti, costare 275 miliardi di dollari e interverrà a favore sia delle famiglie che pagano ormai mutui diventati superiori al valore della loro casa, che quelle sull’orlo del pignoramento. L’iniziativa creerà un fondo di stabilità di 75 miliardi, altri 200 saranno messi a disposizione delle agenzie pubbliche Freddy and Fanny, per permettere loro di offrire mutui a tassi agevolati. Stiamo pagando tutti il prezzo di questa crisi – ha detto il presidente americano dall’Arizona – e se agiamo coraggiosamente ogni americano ne trarrà beneficio. Decine di migliaia di americani intanto stanno facendo i conti con l’annuncio di General Motors e Chrysler, che per sopravvivere dovranno ridurre drasticamente la forza lavoro. Entrambe le aziende hanno presentato infatti piani di ristrutturazione per poter ottenere altri 21 miliardi di fondi federali. Gm prevede il taglio di 47 mila posti entro la fine dell’anno e la chiusura di cinque impianti. Chrysler eliminerà invece tremila posizioni.

 
Il presidente Sarkozy annuncia provvedimenti contro la crisi economica
Il governo francese propone in Guadalupa un aumento dei salari più bassi “attorno ai 200 euro”, venendo così incontro al collettivo Lkp che guida la protesta e lo sciopero generale che paralizzano l'isola delle Antille da un mese. Ma anche in Francia la crisi economica crea molta preoccupazione, tanto che il presidente Sarkozy interviene in TV a reti unificate proponendo un piano per le fasce più deboli. Ce ne parla da Parigi Francesca Pierantozzi:RealAudioMP3

Nicolas Sarkozy cerca di disinnescare la protesta sociale che cova sotto le ceneri della crisi economica. Ieri, il presidente francese ha proposto un piano da 2,6 miliardi di euro per le fasce più deboli. L’offerta non ha, però, entusiasmato i sindacati che hanno subito cominciato ad organizzare lo sciopero generale in programma per il 19 marzo. Sarkozy ha scelto di rivolgersi direttamente ai francesi con un intervento a reti unificate per spiegare le sue misure. “Usciremo dalla crisi modernizzando la Francia” ha detto Sarkozy. “Tutto – ha insistito – deve essere fatto in uno spirito di giustizia”. Le misure prevedono aiuti ai più deboli, disoccupati, famiglie a basso reddito, classe media, cassa integrati e studenti: c’è l’aumento del compenso per chi è in cassa integrazione, l’una tantum per i disoccupati, il fondo per l’occupazione e la formazione, la soppressione degli acconti dell’imposta sul reddito per la fascia imponibile più bassa, sussidi per le famiglie numerose. Per i sindacati è troppo poco e promettono proteste fino a quando – hanno detto – non ci sarà una vera svolta.

 
Immigrazione: dopo Lampedusa rivolte anche in centri per immigrati a Malta
Dopo gli scontri avvenuti ieri nel centro per immigrati sull’isola di Lampedusa, gruppi di maghrebini hanno dato vita oggi a due rivolte a Malta, contemporaneamente nei centri di detenzione per migranti di Safi e di Hal Far. Come avvenuto sull’isola siciliana, gli extracomunitari hanno appiccato il fuoco contro i locali delle due strutture. Per i rivoltosi, dovrebbe scattare il rimpatrio coatto. Alcuni dei tunisini che ieri si sono resi protagonisti degli incidenti a Lampedusa sono stati trasferiti presso il centro di identificazione ed espulsione di Torino: dopo le operazioni di identificazione, se ci saranno le condizioni, saranno espulsi dall’Italia.

Solana in Bielorussia apre al disgelo tra Ue e Minsk
L'Alto rappresentante per la Politica Estera della Ue, Javier Solana, si è incontrato oggi con il presidente bielorusso Aleksander Lukashenko nel corso di una visita che rappresenta l'inizio di un disgelo tra Bruxelles e Minsk dopo l'interruzione dei rapporti dal 1996 a seguito della contestata elezione dello stesso Lukashenko. In precedenza Solana aveva incontrato il ministro degli Esteri bielorusso Serghei Martinov ed esponenti dell'opposizione e delle Ong del Paese. La Ue punta ad includere la Bielorussia nel progetto di 'partneriato orientale' insieme ad altre cinque ex repubbliche sovietiche (Ucraina, Moldova, Georgia, Azerbaigian e Armenia).

Pesante attacco di Pyongyang alla Corea del Sud
La Corea del Nord ha lanciato una nuova, pesante invettiva nei confronti del Sud, minacciando di essere “pronta alla guerra” contro Seul in qualsiasi momento. L'ultimo attacco del regime è stato riportato oggi dall'agenzia statale nordcoreana Kcna, che si è scagliata ancora una volta contro l'amministrazione del presidente conservatore Lee Myung-bak, sostenitore di una politica meno accondiscendente verso Pyongyang e per questo costantemente nel mirino della propaganda comunista. L'affondo di oggi nei confronti della Corea del Sud arriva a poche ore dalla visita a Seul del segretario di Stato americano Hillary Clinton, che arriverà in serata nella capitale sudcoreana e domani incontrerà il presidente Lee. La missione asiatica della Clinton si svolge mentre nell'area sale la tensione per i presunti preparativi di un lancio missilistico nordcoreano, che secondo fonti di intelligence riportate dalla stampa potrebbe avvenire entro fine mese. In merito al possibile test balistico di Pyongyang, nella sua tappa a Tokyo martedì, la Clinton ha lanciato un chiaro monito al regime comunista, avvertendo che il lancio di un missile “non sarebbe di alcun aiuto” per la normalizzazione dei rapporti con gli Usa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

 

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 50

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