Il cardinale Tauran: cristiani e musulmani collaborino nel rispetto della reciprocità
“Cristiani e musulmani possono collaborare insieme per promuovere nel rispetto della
libertà e della reciprocità i valori morali e spirituali di cui il mondo ha bisogno.
Rapporti che devono svilupparsi in uno spirito di dialogo sincero e rispettoso, fondato
su una conoscenza reciproca, che con gioia riconosce i valori religiosi comuni e con
lealtà prende atto e rispetta le differenze”. Lo ha affermato il cardinale Jean-Louis
Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, nel corso
di una conferenza alla Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Bologna. Dopo
il saluto dell’arcivescovo Carlo Caffarra, il porporato ha osservato che “i cittadini
che seguono una religione sono una maggioranza, per il loro numero, per la durata
delle loro tradizioni, la visibilità delle loro istituzioni e dei loro riti. I responsabili
della società, pur mantenendo il principio della distinzione tra Chiesa e Stato, sono
perciò costretti ad intendersi con le comunità dei credenti”.“Le autorità civili -
ha proseguito - devono solo prendere atto del fatto religioso, garantire rispetto
effettivo della libertà di coscienza ed intervenire solo nel caso in cui l’esercizio
di tale libertà nuoccia alla libertà di chi ha un altro credo o di chi non ce l’ha”.
“E’ quindi nell’interesse dell’autorità – ha proseguito il cardinale - favorire il
dialogo tra le religioni e attingere nel loro panorama spirituale e morale tanti valori
suscettibili di contribuire al consolidamento del bene comune”. Nel suo intervento,
il cardinale Tauran ha indicato le condizioni del dialogo interreligioso. “Avere una
chiara identità della propria religione, per un cristiano per esempio credere e proclamare
che Gesù è l’unico Salvatore, poi essere umili, ovvero riconoscere gli errori di ieri
e di oggi e i valori dell’altro”. Interpellato sulle costruzioni di moschee in Italia,
il cardinale Tauran ha risposto che “ogni credente, ovunque sia, ha diritto ad avere
il proprio luogo di culto e di avere la possibilità di pregare in privato e in pubblico”.
Ma ha aggiunto “dobbiamo incarnare questi principi in un contesto preciso. Quando
vado in un Paese musulmano non posso pretendere di costruire una cattedrale come San
Pietro. E’ ovvio che i musulmani che sono in Italia hanno diritto al luogo di culto
ma nel rispetto del quadro architettonico, culturale e religioso del Paese che li
ospita. Penso che sia una questione di buon gusto e di buon senso”. (A cura di
Stefano Andrini)