Ultimi giorni per la mostra sulle vittime italiane delle foibe, allestita a Roma presso
il Vittoriano fino a domenica prossima e intitolata “Foibe: dalla tragedia all’esodo”.
L’ingresso è gratuito. Ce ne parla Alessandra De Gaetano: (musica)
Nel
lungo corridoio del sacrario delle bandiere, all’interno del Vittoriano, una fila
di box sorregge le cento immagini fotografiche che raccolgono le testimonianze delle
stragi, subite dagli italiani, che si sono consumate alla fine della seconda guerra
mondiale nei territori jugoslavi. Il percorso espositivo si articola in due grandi
aree tematiche: una dedicata al tema delle foibe, voragini carsiche dove sono stati
gettati gli italiani che si rifiutavano di acquisire la cittadinanza jugoslava; l’altro
dedicato all’esodo dei 350 mila abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia che
furono costretti a fuggire abbandonando la propria terra, le case, il lavoro gli affetti
perché incalzati dalle bande armate slave. Quali sono le fotografie più significative?
Ascoltiamo Carla Cace, curatrice della mostra:
“La
prima immagine della sezione dedicata all’esodo è emblematica: una bambina con dei
boccoli dolcissimi che ha in mano un ombrello e sotto questo ombrello tiene una piccola
valigia consumata con un cartello. Questo cartello porta a chiare lettere la scritta:
'esule giuliana', e sotto un numero perché anche questa povera bimba era catalogata.
C’è poi una foto scattata a Fiume, che rappresenta un gruppo foltissimo di prigionieri
italiani che vengono avviati in zone dove verranno 'infoibati'. Sono gli attimi precedenti
il massacro. E’ toccante vedere questa lunga fila di esseri umani, tra cui bambini,
che vengono proprio trascinati verso una morte certa”.
Il
percorso espositivo è affiancato da alcune aree di approfondimento: una sala in cui
viene proiettato un documentario storico, il primo presentato in Italia su questo
tema, e uno spazio multimediale in cui è possibile consultare volumi tematici sull’argomento
e vedere interviste esclusive a storici e sopravvissuti alla strage. La testimonianza
del dott. Guido Brazzoduro, presidente del Libero Comune di Fiume,
libera associazione di esuli fiumani, che ha assistito all’arrivo delle truppe di
Tito nella città di Fiume:
“Ero piccolino, però ricordo molto bene determinate
azioni belliche, gli allarmi, i bombardamenti, poi l’arrivo dei Titini. Il 3 maggio
del ’45 ero vicino a Fiume e abbiamo visto calare dalle montagne questi personaggi.
Noi ci siamo rifugiati in un ospedale che era sulla costa per non venire colpiti dalle
sparatorie. I proiettili cadevano nell’acqua come grandine. Dopo si sono impossessati
un po’ di tutto e hanno cominciato a spadroneggiare. Quando alla fine hanno imposto:
'o jugoslavi o esuli', la popolazione ha detto: 'andiamo via'”. (musica)