La Lev pubblica un libro sui vizi capitali visti da San Tommaso d'Aquino
Un’indagine nel vissuto dell’uomo, “con i suoi chiaroscuri, le sue grandi aspirazioni,
le sue bassezze e le sue tensioni”. E’ quanto offre la rilettura, ad opera di don
Samuele Sangalli, officiale della Congregazione per i vescovi, dei vizi capitali ritratti
da San Tommaso d’Aquino. Edito dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev), dal titolo
“Introspezione medioevale”, il libro è stato presentato lunedì scorso presso la Pontificia
Università Gregoriana. C’era per noi Claudia Di Lorenzi:
Intimamente
diviso fra l’aspirazione al Vero, il Giusto e il Bello, e la seduzione del peccato,
da sempre l’uomo sperimenta quel dissidio interiore che lo vede combattere in prima
persona l’eterna lotta tra il bene e il male. Da quando nel giardino dell’Eden la
coppia primigenia rifiutò la paternità di Dio e inaugurò per l’umana specie un triste
e mai concluso capitolo. “Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto (…)
c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo” scriveva San Paolo
nella lettera ai Romani, ben dipingendo il dramma della condizione umana, ostaggio
della propria fragilità. Una miseria a cui tuttavia v’è soluzione, coma lascia intendere
San Tommaso d’Aquino nella sua trattazione sui vizi capitali. Secondo l’interpretazione
offerta da don Samuele Sangalli, invidia, accidia, ira e vanagloria, e poi avarizia,
gola e lussuria, nulla possono di fronte alla grazia di Dio che sostiene l’uomo nell’esercizio
delle virtù, a patto che la ragione promuova decisa il percorso verso la perfezione.
Della visione dell’uomo in San Tommaso ci parla il cardinale Giovanni Battista
Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, intervenuto alla presentazione
del testo:
“Da questa analisi dei vizi di San Tommaso emerge da un
lato la grandezza dell’uomo, ma dall’altro anche la fragilità e la miseria umana.
In fondo, quello che San Tommaso cerca di favorire è l’impegno per scegliere nella
vita non la via che porta al vizio, ma la via che porta alla virtù.” Un
ritratto che – ribadisce don Sangalli – lascia trasparire “una
grande fiducia nell’uomo” e nella sua ragione:
“Se l’uomo prende sul
serio se stesso, quella che lui chiama la recta ratio, è capace di disciplinare le
sue passioni, di trasformarle e di renderle anziché uno strumento di distruzione,
un carburante per vivere bene. E questo ovviamente sarà informato anche dalla grazia
di Dio.”
Ma se dal Cielo giunge all’uomo la forza per coltivare le virtù,
non meno egli è chiamato quotidianamente ad una scelta responsabile e – ribadisce
l’autore - a trasformare in occasione di crescita la tentazione del vizio:
“Un
esempio è che l’invidia è corrosiva del singolo e del corpo sociale. Allora cosa fare?
Lui dice che è possibile trasformare l’invidia in zelo, far diventare la positività,
che vediamo negli altri, stimolo a trafficare i nostri talenti. C’erano correnti che
condannavano ogni tipo di ira. In realtà, Tommaso dice, c’è un’ira buona, che è l’ira
che non sostituisce la ragione. E' l’ira che porta a compimento la ragione. Dopo che
noi abbiamo capito che una realtà, una verità è giusta, allora occorre anche una certa
passione per promuoverla”.
Nella lotta al vizio, continua don Sangalli,
prioritario è combattere quella che San Tommaso individua come la radice di tutti
i vizi: la superbia.
“La superbia è questa volontà dell’uomo di pensare
un mondo senza la ricerca della verità che sta fuori di sé, ma di pensare lui nella
sua limitatezza, la sorgente della verità. Ma se la superbia viene definita radice
di tutti i vizi, la madre di tutte le virtù è la caritas, l’amore.”
La
tensione alla virtù, nel pensiero di San Tommaso, altro non è dunque se non un esercizio
di carità che, giorno dopo giorno, nell’amore, realizza l’uomo. Il cardinale
Georges Cottier, teologo emerito della Casa Pontificia:
“Nell’anima
umana sono presenti i germi delle virtù e bisogna esercitarsi con l’aiuto della grazia
a coltivare le virtù. E’ una cosa che manca totalmente nella cultura moderna, che
è molto fissata sull’istante, ma la vita umana è una crescita. L’essere umano, quello
che siamo, deve crescere e divenire quello che è. E questo lo permettono le virtù.
La grazia prima ci illumina con la coscienza, che ci fa vedere qual è il cammino delle
virtù, e la grazia ci sostiene per crescere.”
Un invito a coltivare
l’amore per Dio e per il prossimo che – conclude il cardinale Re - interpella in particolare
i giovani, chiamati a fondare sulla scelta odierna di Dio il proprio domani, nella
certezza che “solo il bene e le virtù sono assicurazione di vera felicità e pienezza”.