Sedici persone, tra cui otto donne e due bambini, sono rimasti uccisi in un raid aereo
delle forze internazionali nell'ovest dell'Afghanistan, vicino Herat. E’ accaduto
lunedì sera e oggi in un video della BBC c’è la prova della morte dei civili. Intanto
il presidente degli Stati Uniti, Obama, ha avuto oggi il suo primo colloquio telefonico
con il presidente afghano Karzai, nel giorno in cui ha annunciato l'invio di altri
17 mila uomini in Afghanistan. Obama ha parlato di “nuova fase”, affermando anche
che non c’è solo bisogno di impegno militare. Nell’intervista di Fausta Speranza
ascoltiamo Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia cristiana: R.
– Io dico che, intanto, la prima cosa che si dovrebbe fare è un’approfondita riflessione
su quello che si è fatto e non si è fatto finora. E’ uscito un rapporto della Missione
Onu per l’Afghanistan, in cui si dice che nel 2008 c’è stato il più alto numero di
vittime civili in Afghanistan da quando sono stati cacciati i talebani, nel 2001.
Questi morti civili sono circa 2200 e quello che spaventa – a me, personalmente, fa
molta impressione – è che il 39% di questi morti sono stati provocati dalle forze
alleate, dalle forze della Nato. Significa che quasi un proiettile su due di quelli
che vengono sparati dalle forze della Nato finisce addosso ad una persona che non
c’entra niente. Mi domando come possa riuscire una missione in queste condizioni.
D.
– E’ di oggi la notizia delle 16 persone uccise, tra cui due bambini, nell’ultimo
raid aereo delle forze internazionali lunedì. Ovviamente, le forze di coalizione fanno
sapere che l’obiettivo era un capo talebano. Dunque, questa è storia veramente di
tutti i giorni. Che cosa potrà significare l’annuncio, da parte del nuovo presidente
statunitense Obama, di una nuova strategia?
R. –
Credo che, appunto, si debba ripensare profondamente quello che è stato fatto finora.
Si dovrebbe affrontare soprattutto il tema dell’aumento delle truppe: Obama ha già
annunciato l'invio di nuove truppe e sta chiedendo alle altre nazioni di fare la stessa
cosa. Ma poi, io credo che non si possa pensare di affrontare coerentemente il problema
Afghanistan senza affrontare quello che è il nodo politico, economico ed anche criminale
fondamentale, cioè la produzione ed il commercio della droga. Siamo sempre alle solite.
Questa produzione continua imperterrita, cresce di anno in anno. Siamo di fronte al
solito dilemma: a questi contadini, che si occupano del papavero da oppio, oggi, quale
alternativa proponiamo? Capisco che è una questione difficilissima da risolvere, che
certo non si presta ad una discussione di pochi secondi, di pochi minuti, però è questo
il nodo fondamentale e finora non è stato affrontato; non a caso, le cose vanno male.
D.
– Guardiamo al confinante Pakistan: il presidente afghano Karzai, nella telefonata
con Obama, ha chiesto soprattutto una concentrazione di truppe al confine con il Pakistan,
dove sappiamo che ci sono moltissimi episodi di violenza e dove, a nord ovest del
Pakistan, è stata approvata la Sharia, la legge islamica. Questo significherà maggiore
sostegno ai talebani?
R. – Il sostegno per i talebani,
in quell’area, c’è e c’è sempre stato, anche in questi ultimi anni. Non a caso molto
spesso le truppe Nato di stanza in Afghanistan – soprattutto quelle americane, che
sono più per l’intervento duro, deciso – bombardano, con gli aerei senza pilota, queste
zone. Il riconoscimento della validità della Sharia, cioè della legge islamica, non
si capisce bene se sia da parte del governo centrale del Pakistan un cedimento – quindi
una sconfitta – oppure se sia un riconoscimento di una situazione “de facto”, che
non può, al momento, essere modificata, e quindi in fondo sia un tentativo di misura
diplomatica. La geografia conta: il fatto che i talebani – o chi per essi – abbiano
sempre potuto contare su una retrovia come quella della frontiera a nord ovest del
Pakistan ha ovviamente contribuito a peggiorare la situazione. Io penso che, anche
qua, scontiamo una serie di problemi di vecchia data, e cioè il sostegno – abbastanza
critico – che è stato dato dagli Stati Uniti al presidente Musharraf, senza pretendere
in cambio quello che si poteva pretendere, visto che Musharraf è praticamente rimasto
in carica grazie al sostegno della Casa Bianca.