Le testimonianze di volontari italiani nel sud Kivu, impegnati nella cura dei bambini
orfani e malati scampati al conflitto nel nord
Cinque milioni di morti e un milione di profughi: queste sono le dimensioni del dramma
costate, negli ultimi anni, alla Repubblica Democratica del Congo, nel suo epicentro
più instabile, il nord Kivu. Molte sono le organizzazioni umanitarie che contano volontari
sul posto. Una di esse - costituita da una Onlus italiana in collaborazione con una
Onlus locale - è impegnata, soprattutto nel sud Kivu, nel sostegno ai bambini orfani
e malati. Luca Collodi ne ha parlato con tre volontari della Onlus italiana,
il prof. Mario Luciòli, medico internista e cardiologo, Pietro Grimaldi,
bancario in pensione, e sua moglie Marisa Forina, insegnante in pensione:
R. - E’
una condizione veramente disagiata, e soprattutto quello che si nota è un gran desiderio
di sapere, di conoscere, dai più piccoli ai più grandi: mentre i bambini dei piccoli
centri erano entusiasti quando s’insegnava loro una canzone - un qualcosa che li attivasse,
che li mettesse in sintonia anche con noi - i più grandi erano felicissimi quando
si suscitava in loro curiosità per nuove conoscenze. E’ stato interessantissimo vedere
questo desiderio, questo grande bisogno di cultura dei ragazzi, che hanno bisogno
di essere aiutati e sostenuti in questo processo di conoscenza.
D.
- Pietro Grimaldi, che situazione politico-militare avete trovato?
R.
- Teatro della guerra è stata la zona al nord-est del Congo, al confine con il Rwanda,
con il Burundi e con la Tanzania.
D. - Cosa sta succedendo?
R.
- In questo momento, c’è una situazione di relativa calma. I combattimenti tra gli
irregolari e le truppe congolesi si sono fermati con la cattura del generale Nkunda.
Credo che forse questo possa segnare adesso l'inizio di un nuovo corso, avviato da
Kigali e Kinshasa, per rimettere ordine nella turbolenta e - tra parentesi - ricchissima
regione della Repubblica Democratica del Congo, ed avviare anche un processo di pace
duraturo, dopo 11 anni di una guerra già costata 5 milioni di morti e quasi un milione
di profughi.
D. - Il Congo è un Paese molto ricco
d’oro. Lei, professor Lucioli, ha visitato una miniera: che cosa ha visto?
R.
- Uno spettacolo, diciamo, “dantesco”: dal paradiso all’inferno, tutti e due.
D.
- Una miniera geograficamente collocata dove?
R.
- Nel sud del Kivu, in mezzo ad uno scenario di colline bellissime, verdeggianti,
e di fiumi gialli, gialli perché portano l’oro. Lungo questi fiumi, questi torrenti,
ci sono 300, 400, 500 persone che cercano l’oro, e vedere i loro occhi che ti guardano...
In questa miniera ci sono circa 150 padroni, e ognuno ha, alle proprie dipendenze,
dai 300 ai 500 operai, i quali ricevono un compenso - dalla mattina alle sei alla
sera alle sei, per una giornata lavorativa - di 1 dollaro. Questo gli uomini. Le donne,
se non riescono a setacciare oro, non vengono nemmeno pagate. (Montaggio a
cura di Maria Brigini)