La poesia della nascita nel docu-film "Il primo respiro" del francese Gilles De Maistre
Dieci donne in dolce attesa partoriscono i loro piccoli rispettando le loro culture
e fedi e seguendo le tradizioni: il documentarista francese, Gilles De Maistre, racconta
nel film "Il primo respiro", da venerdì scorso nelle sale italiane, la preparazione
delle mamme e la nascita dei piccoli con grande poesia e realismo, collezionando una
serie di immagini che rispettano la maternità e il valore della vita. Il servizio
di Luca Pellegrini:
Eccoli,
i nostri piccoli, indifesi protagonisti. Sono bambini e bambine nati da qualche minuto,
sul volto stupore e rossore. Si aggrappano alla realtà quasi stringendo l’aria del
mondo, per istinto insopprimibile ricercano il seno materno e quelle mani capaci di
accarezzarli, quelle bocche che sussurrano le prime parole d’amore. Ascoltiamo: è
il primo respiro confuso al primo pianto. Un film originale quello del documentarista
francese, Gilles De Maistre, raccontato nell’edizione italiana dalla calda voce di
Isabella Ferrari. Diversissimo, questo racconto delle nascite: nell’acqua dell’Oceano,
in una sala operatoria del Vietnam, sulla sabbia del deserto africano, in una piscina
con i delfini, in una frugalissima tenda indiana oppure spersa nella foresta amazzonica
del Brasile. Ci sono poi le scelte, meno dettate dal bisogno, del mondo occidentale:
una affettuosa attesa nell’isolata comunità stabilitasi tra i boschi del Maine o nella
felice famigliola parigina in cui una ballerina, in avanzato stato interessante, si
esercita alla sbarra danzando fino all’ultimo istante. Naturalmente, ciascun frugoletto
ha la sua mamma di riferimento: che piange, ride, ha paura, è serena, preoccupata,
che diversamente sceglie le “strategie” e le persone per affrontare il parto.
L’idea
di questo curioso documentario, frutto di lunghe e pazienti ricerche nel corso delle
quali sono state incontrate centoventi donne incinte, nasce dai due anni trascorsi
dal regista nella sala parto dell’ospedale parigino “Robert Debré”, che ricorda come
“emotivamente sconvolgenti”. E non poca di questa emozione trasuda anche mano a mano
ci vengono raccontate tante nascite diverse, mentre il regista si concentra soprattutto
sul corpo della mamma, sempre in bilico tra sofferenza e felicità, tra la vita e la
morte, e sul volto del neonato, con una ripresa discreta, delicata, attenta ai particolari,
ma pudica per quell’alone imprescindibile di riservatezza e quella necessità di assoluto
rispetto che il momento esige. Diventa anche un affascinate viaggio tra le fedi e
le culture, tra rituali propiziatori, un’attesa che non risparmia scelte eccentriche,
insidie e dolori, inquietudini e anticipi di gioia. Tutte le donne raccontate nel
film, protagoniste anonime di una storia antica come il mondo, sono colte nel momento
in cui diventano madri: la vita che hanno conservato, difeso e sta per sbocciare,
cambierà per sempre anche la loro.