In Papua Nuova Guinea, decine di donne uccise perché accusate di stregoneria: la
denuncia di Amnesty International
Non si arresta l’ondata di omicidi che ha fatto oltre 50 vittime solo negli ultimi
2 mesi in Papua Nuova Guinea, tutte donne uccise perché accusate di stregoneria. A
lanciare l’allarme è “Amnesty International” che, con “Human Rights Watch”, ha anche
sottoscritto una lettera indirizzata al governo del Paese, sollecitando un’azione
più efficace e invocando la fine immediata di questa tragedia. Sul fenomeno della
stregoneria nel Paese, Linda Giannattasio ha raccolto la riflessione di Riccardo
Noury, portavoce di “Amnesty Italia”:
R. - L’espressione
“caccia alle streghe” va usata in maniera veramente letterale, perché è quanto sta
accadendo nel Paese della zona oceanica. “Amnesty International” ha riscontrato, negli
ultimi tempi, una serie di omicidi che ha colpito persone, soprattutto donne, che
sono state accusate di stregoneria. Donne sottoposte, quando è avvenuto, ad un processo
del tutto sommario e messe a morte con modalità veramente terribili, spesso arse vive.
Quello che Amnesty accusa è che il governo di Papua Nuova Guinea non sta facendo abbastanza
per garantire il rispetto della legge che, evidentemente, non prevede nel codice penale
un reato di stregoneria.
D. - Nella cultura della
Papua Nuova Guinea, qual è la storia della stregoneria?
R.
- Alcune zone del Paese stanno conoscendo uno sviluppo estremamente diseguale, perché
è sfruttato per via di un’estrema ricchezza di risorse minerarie, anche se a beneficiarne
non è la popolazione. Rimangono delle sacche di povertà nelle quali l’azione di governo
non arriva e dove, dunque, pratiche tradizionali e credenze popolari fanno sì che
questo fenomeno non sia affatto estirpato.
D. - Voi
lamentate anche il fatto che la polizia non sia spesso in grado di far rispettare
la legge…
R. - Sì, è una polizia che certamente non
gode della fiducia dell’opinione pubblica che, quindi, in alcuni casi, tende a farsi
giustizia da sola. Questo è una parte del problema. Il secondo è che, con poche risorse,
la stessa polizia non è veramente in grado di far rispettare la legge e, in alcuni
casi, come in un duplice omicidio per stregoneria, l’otto di questo mese, la polizia
non è neanche riuscita ad arrivare sulla scena del delitto per portare via i corpi.
D.
- Voi avete scritto una lettera alle autorità locali: cosa ha provocato questa lettera?
R.
- Nulla, perché né il ministro della Giustizia, Alan Marat, né il capo
della polizia, Gari Baki, hanno risposto ad un appello che alla fine
di gennaio Amnesty e Human Rights Watchavevano scritto, sollecitando quindi
un’azione di governo efficace. La lettera è rimasta assolutamente inevasa.
D.
- Cosa si può fare per arginare il fenomeno?
R. -
Mi auguro, da un lato, che la dimensione del fenomeno - che è in constante aumento
- e, dall’altro, la pubblicità che “Amnesty International” ha dato a questa pratica
orribile convincano il governo di Papua Nuova Guinea ad intervenire: è veramente un
caso rarissimo di un Paese nel quale ancora ci sono persone accusate di avere poteri
magici e che per questo vengono bandite dalle comunità o, come succede a Papua, messe
a morte.