In Venezuela, il presidente Hugo Chávez potrà ricandidarsi alla presidenza: oltre
6 milioni di persone, il 54,36%, hanno votato ieri per la rielezione illimitata delle
principali cariche pubbliche, compresa quella del capo di Stato. Contro la proposta
avanzata dal presidente, che ha annunciato di voler costruire un “Venezuela socialista”,
si è invece espresso il 45,63% dei votanti, più di 5 milioni di persone. Nel 2007
il popolo venezuelano aveva bocciato un progetto di riforma della Costituzione sulla
possibilità di rielezione per il capo di Stato. Come spiegare allora la vittoria di
Chávez a due anni di distanza da quella bocciatura? Risponde al microfono di Amedeo
Lomonaco, il nostro collega Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:
R. - Per
due ragioni: prima di tutto, bisogna ricordare che 14 mesi fa Chávez
aveva proposto una nuova riforma costituzionale molto complessa e articolata in decine
di emendamenti. Allora proponeva solo la sua rieleggibilità. Ieri, invece, il referendum
ha proposto 5 articoli, brevi e chiari: nulla di farraginoso come la prima volta.
Si è estesa la possibilità di essere rieletti a tempo indefinito a tutta la classe
dirigente del Paese: dal presidente della Repubblica al consigliere municipale o al
sindaco. Coloro che 14 mesi fa non lo hanno appoggiato, ora invece lo hanno sostenuto
per garantirsi tale rieleggibilità.
D. - Cosa può
accadere adesso?
R. - La situazione si presenta abbastanza
incerta e per ora è difficile fare previsioni. Si può constatare che con la netta
vittoria di Chávez compare nel Continente americano un impianto costituzionale
unico e inedito. Non è mai accaduto in nessuna nazione di quest'area che un'intera
classe governante possa essere rieletta all'infinito. In America Latina, poi, la tradizione
contraria alla rielezione nasce dall'idea di evitare che il governante in carica utilizzi
i mezzi e le risorse dello Stato per la campagna elettorale. Questo introduce un elemento
di ‘disturbo democratico’ molto serio nel costume politico latinoamericano. C’è comunque
da sottolineare che Chávez ha vinto con un margine rilevante. Ma è anche
vero che quasi il 46% è contrario. Da questo scenario possono scaturire problemi per
il Paese. Non sembra che l'opposizione abbia deciso di fermarsi. Ora il presidente
non ha scuse per attribuire ad altri la responsabilità di ciò che non funziona. Una
tale vittoria implica un’assunzione totale di responsabilità.
D.
- Cosa dice la Chiesa?
R. - La Chiesa ha parlato
prima della consultazione invitando a votare e manifestando le proprie perplessità
sulla rieleggibilità. Ora non credo che ci saranno commenti postelettorali. Ad ogni
modo, il suo monito resta chiaro: con questa riforma si intacca il principio dell’alternanza
democratica stabilito nella Costituzione. Si introduce una variante che favorisce
comportamenti autoritari e permane il dubbio giuridico-costituzionale secondo il quale,
dopo il rifiuto del 2007, non era possibile presentare nuove proposte di riforme prima
del nuovo governo da eleggere nel 2012.
D. - Quale
è oggi il quadro economico del Venezuela?
R. - La
situazione del Paese è critica: l’inflazione è intorno al 30, 31%. Lo Stato è colpito
da una crisi economica. Il presidente Chávez, dopo aver chiuso ‘il cerchio
politico – ideologico’ che gli garantisce il potere, dovrà rispondere dal punto di
vista economico e sociale.