Al via l'incontro annuale dei coordinatori dell'Apostolato del Mare: intervista con
mons. Marchetto
I marittimi e i pescatori subiscono restrizioni per scendere a terra e accogliere
a bordo i cappellani, affrontano i rischi della pirateria e i danni della pesca illegale.
Lo ha ricordato il 18 gennaio scorso Benedetto XVI prima della recita dell’Angelus.
Queste preoccupazioni pastorali sono al centro dell’incontro annuale dei nove coordinatori
regionali dell’Apostolato del Mare, organizzato a Roma, da oggi fino a mercoledì,
dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. La riunione
è presieduta dal presidente del dicastero, il cardinale Renato Raffaele Martino, e
dal segretario, l’arcivescovo Agostino Marchetto. Quest’ultimo, al microfono
di Fabio Colagrande, si sofferma sui problemi principali che incontrano oggi
marittimi e pescatori.
R. - A
causa di un’interpretazione restrittiva e non corretta dell’ISPS Code (Codice
internazionale per la sicurezza delle navi e le strutture portuali), spesso
i marittimi e i pescatori trovano difficoltà a scendere a terra anche dopo lunghe
traversate mentre a molti cappellani e volontari viene negato l’accesso al porto e,
pertanto, non possono visitare gli equipaggi sulle navi. Questa situazione contribuisce
ad aggiungere pressione e stress sui membri dell’equipaggio che vengono privati, così,
della possibilità di rilassarsi, contattare le famiglie e ricevere il conforto della
celebrazione della loro fede. Per quanto riguarda, poi, la pirateria - a cui ha fatto
ugualmente cenno il Santo Padre -, solamente lo scorso anno sono state sequestrate
49 navi e presi in ostaggio 889 membri d’equipaggio. Inoltre, è stato aperto il fuoco
contro 46 imbarcazioni: 32 membri degli equipaggi hanno riportato ferite, 11 sono
stati uccisi, 21 sono dispersi in mare, molto probabilmente morti, e sono stati pagati
circa 30 milioni di dollari americani come riscatto. Secondo il bollettino della “Lloyd’s
List”, attualmente sono nelle mani dei pirati 10 navi e 207 membri d’equipaggio. Mentre
gli armatori si occupano soprattutto delle navi, l’Apostolato del Mare si preoccupa
in primo luogo degli effetti psicologici che questa traumatica esperienza può avere
sui membri dell’equipaggio e le loro famiglia. Le persone sono più importanti delle
cose!
D. - Le navi da crociera sono un nuovo mondo
in cui la Chiesa deve essere presente con la sua pastorale. Ci può dire qualcosa di
più al riguardo? R. - A livello mondiale, le crociere costituiscono
una grossa industria in rapido sviluppo, non solo per la stazza e il numero di navi
in costruzione, ma anche per la quantità di passeggeri che possono trasportare e di
membri dell’equipaggio necessari. Una nave con 5000 persone, per esempio, per noi
è una “parrocchia” galleggiante. I marittimi, poi, spesso vivono in mare per mesi,
separati dalle famiglie e dagli amici. Poiché è di estrema importanza che la Chiesa
“viaggi” assieme a loro, ove possibile cerchiamo che ci siano cappellani a bordo.
D. - Nell’incontro di questi giorni vi occupate
anche della pastorale delle navi da crociera?
R.
- Alla riunione partecipano alcuni sacerdoti dell’Apostolato del Mare già attivi in
questa pastorale. Essi sono stati invitati per finalizzare, in collaborazione con
noi e con i Coordinatori Regionali, la bozza di un Codice di Condotta per la Pastorale
delle Crociere, redatto nel 2005 a Dunkerque, nel corso del primo incontro dedicato
a questa pastorale. Tale Codice intende fornire ai cappellani imbarcati sulle navi
da crociera, a tempo pieno o parziale, una qualificazione riconosciuta a livello internazionale,
per incoraggiare il sostegno spirituale dei marittimi cattolici, cristiani e di ogni
religione. Oltre a provvedere alla cura pastorale dei passeggeri e degli equipaggi
la presenza di un sacerdote marittimo può offrire un aiuto indipendente a questi ultimi
per quanto riguarda questioni personali e di welfare.