2009-02-13 14:29:13

Mons. Marchetto: gli Stati tutelino il "diritto allo spostamento migratorio" con politiche rispettose della dignità degli immigrati


Politiche migratorie “aperte” e rispettose della dignità umana, piuttosto che misure che in nome della sicurezza tendono a chiudere gli Stati agli immigrati. Con questi e altri concetti, l’arcivescovo Agostino Marchetto difende oggi il “diritto allo spostamento migratorio”, nel corso del suo intervento al Simposio della Fondazione Konrad Adenauer, organizzato in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Uno dei passaggi più significativi della riflessione di mons. Marchetto poggia su un apparente paradosso dell’epoca contemporanea: i Paesi con meno mezzi aprono più facilmente le porte agli stranieri che emigrano rispetto ai Paesi ricchi, “blindati” dietro leggi sulla sicurezza dalle maglie sempre più strette. La Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, entrata in vigore il primo luglio 2003, è uno strumento che finora si è scontrato “con l’atteggiamento di alcuni Paesi, non pochi, nelle aree maggiormente “sviluppate” del mondo, che stanno attuando - ha rilevato il presule - una progressiva politica di chiusura, quando invece le Nazioni più povere danno prova di accoglienza, ad esempio nei confronti dei profughi e dei rifugiati”. “Nazionalismo esasperato, connesso all’odio o all’emarginazione sistematica o violenta delle popolazioni minoritarie”, ha notato mons. Marchetto, sono le derive che si riscontrano in alcuni Paesi, dove l’immigrazione tende ad essere osteggiata.

 
Il fenomeno, ha riconosciuto, “porta in sé un complesso di doveri e di diritti, primo tra i quali il diritto allo spostamento migratorio, “contestualmente, però, al diritto di ogni Paese a gestire una politica migratoria che corrisponda al bene comune”. Bisogna ribadire, ha proseguito mons. Marchetto, che “il diritto degli Stati alla gestione dell’immigrazione deve, in ogni caso, prevedere misure chiare e fattibili di ingressi regolari nel Paese, vegliare sul mercato del lavoro per ostacolare coloro che sfruttano i lavoratori migranti, mettere in atto misure di integrazione quotidiana, contrastare comportamenti di xenofobia, promuovere quelle forme di convivenza sociale, culturale e religiosa che ogni società plurale pur identica esige”. In altre parole, ha affermato, quando “lo Stato deve esercitare il suo dovere-diritto di garantire la legalità, reprimendo la criminalità e la delinquenza e gestendo le persone in situazione irregolare, lo deve sempre fare nel rispetto della dignità umana, dei diritti umani e delle convenzioni internazionali”.

 
La Chiesa, da sempre accanto agli immigrati, sviluppa da tempo una pastorale specifica che superi, ha detto, “la tentazione della ‘colonizzazione religiosa’ e dell’assimilazione tout court” dei migranti. Le modalità di questa pastorale sono varie e si fondano anzitutto sulla possibilità di affidare gli immigrati a sacerdoti “della loro lingua”. Inoltre, la Chiesa è impegnata anche in una “strategia” di “sensibilizzazione” presso i governi nazionali e le organizzazioni sovranazionali. Il presente e il futuro del fenomeno migratorio saranno migliori se, ha sostenuto mons. Marchetto, gli Stati sapranno gestirlo promuovendo “un progresso sostenibile effettivo”, che non penalizzi economicamente gli immigrati - creando sacche di povertà che possono causare criminalità - e “rinnovando anche la cultura e la scuola”, ovvero il “livello di umanesimo della società”.







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