Un Obama a tutto campo ieri nella prima conferenza stampa da presidente degli Stati
Uniti, in cui ha voluto subito ripetere l'appello al Congresso perché voti il piano
di stimolo per evitare una “catastrofe nazionale”. Sulla politica estera l’inquilino
della Casa Bianca ha parlato della necessità di un miglior coordinamento in Afghanistan
tra Usa e Paesi alleati. Obama ha anche sottolineato che Stati Uniti e Russia devono
essere le prime a dare il buon esempio in tema di riduzione degli armamenti. Mano
tesa infine all’Iran, dal quale Obama ha detto di aspettarsi aperture per avviare
un tavolo diplomatico. E l'Iran raccoglie l’apertura di Obama, dicendosi disponibile
ad un dialogo con gli Stati Uniti, a patto che si svolga nel rispetto reciproco. Lo
ha dichiarato il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad nel corso delle celebrazioni
per il 30.mo anniversario della rivoluzione islamica. Intanto, è giunta la conferma
della candidatura di Mohammad Khatami alle prossime elezioni presidenziali di giugno.
A Maria Grazia Enardu, docente di relazioni internazionali all’Università di
Firenze ed esperta di Medio Oriente, Stefano Leszczinski ha chiesto quali siano
le ragioni di questa "distensione" nelle relazioni tra Stati Uniti e Iran:
R. – Ahmadinejad
si sta ripresentando alle elezioni in un momento molto difficile. C’è una crisi economica
dovuta alla caduta dei prezzi del petrolio; ci sono le difficoltà del programma nucleare.
Ahmadinejad ha poi il problema di attrarre elettori delusi. La presenza di un forte
concorrente come Mohammed Khatami, che è stato presidente della Repubblica prima di
lui e per ben due mandati, è un ulteriore elemento che suggerisce ad Ahmadinejad di
rifarsi un 'look elettorale' perché altrimenti rischia di essere in grandissime difficoltà.
D.
– Un Paese molto giovane, l’Iran, con una popolazione studentesca molto istruita;
la situazione come potrebbe cambiare, se questa popolazione giovane andasse effettivamente
in massa al voto in giugno?
R. – Si dà addirittura
Khatami vincente due a uno su Ahmadinejad, se c’è un’alta partecipazione al voto.
L’altra volta per Ahmadinejad ci fu un forte astensionismo di tutti quei ragazzi che
non si riconoscevano nei candidati che i guardiani del Consiglio della rivoluzione
avevano ammesso alle elezioni.
D. – L’Iran è un Paese
strategico in tutto il Medio Oriente: di qui l’interesse degli Stati Uniti ad un rapporto
diretto …
R. – L’Iran è un Paese importantissimo,
strategico ed è potenzialmente un forte elemento di stabilità, perché è uno Stato
sciita in un mare sunnita. E' un Paese che, nell’ultimo secolo, non ha mai fatto una
guerra ma le ha sempre subite …
Iraq Quattro
soldati statunitensi e un interprete sono rimasti uccisi in un attentato a Mossul,
nel nord dell'Iraq. Un kamikaze a bordo di un’autobomba si è fatto esplodere al passaggio
del convoglio americano. Intanto, sul fronte diplomatico si registra la visita a sorpresa
a Baghdad del presidente francese, Nicolas Sarkozy, che è stato ricevuto dal suo
omologo iracheno, Jalal Talabani. Secondo una nota dell’Eliseo, il presidente francese
intende esprimere la vicinanza all’Iraq e l'appoggio per i suoi sforzi in direzione
della riconciliazione nazionale.
Afghanistan Due soldati della Nato
sono rimasti uccisi e uno ferito per l'esplosione di una bomba in un provincia orientale
dell'Afghanistan. Non si conosce la nazionalità dei soldati, ma testimoni affermano
che nelle vicinanze c’è una base americana. Il presidente Barack Obama tornando a
parlare delle truppe in Afghanistan ha detto che per il successo serve un miglior
coordinamento con gli alleati dell'America. Obama non ha voluto porre scadenze alla
presenza americana nel Paese.
Sri LankaFonti dell'esercito dello Sri
Lanka hanno reso noto che ribelli delle Tigri Tamil hanno ucciso almeno 19 persone.
Si tratta di civili assassinati mentre tentavano di lasciare le zone ancora controllate
dai ribelli. Oltre alle vittime, ci sono 75 feriti soccorsi dai militari. Intanto
continua l’esodo ininterrotto: oggi oltre mille persone hanno lasciato la zona controllata
dalle tigri.
Filippine Continuano nelle Filippine gli scontri tra
il gruppo di integralisti islamici responsabile del rapimento degli operatori della
Croce Rossa e la polizia. Questa mattina due ribelli sono rimasti uccisi. La polizia
conferma che le operazioni per la liberazione dei tre ostaggi stanno andando avanti.
Gli ostaggi starebbero bene e si troverebbero in un'area distante da quella in cui
sono avvenuti gli scontri. Nessuna conferma su una richiesta di riscatto da parte
dei rapitori. Una fonte ha comunque riferito che i sequestratori sarebbero disposti
a liberare gli operatori in cambio di una serie di progetti umanitari nei villaggi
poveri musulmani nel sud del Paese.
India Al Qaeda minaccia l'India.
Se New Delhi dovesse attaccare il Pakistan subirà attentati simili a quelli del novembre
scorso a Mumbai. In un video ricevuto dalla BBC, il comandante di Al Qaeda in Afghanistan,
Mustafa Abu al-Yazid, minaccia: l'India “deve sapere che pagherà un alto prezzo se
attaccherà il Pakistan; colpiremo i loro centri economici e li raderemo al suolo”.
Intanto il Pakistan ritarda la consegna del dossier delle indagini per gli attacchi
del a Mumbai.
Zimbabwe E’ il segretario generale del Movimento per
il cambiamento democratico, partito del premier Morgan Tsvangirai, il ministro delle
Finanze nel nuovo governo di unità nazionale dello Zimbabwe. Si tratta di Tendai Biti
che proprio con Tsvangirai ha posto la stabilità economica del Paese come obiettivo
dell’esecutivo, nato sulla base della spartizione del potere col presidente Mugabe.
Sul futuro del nuovo governo, che è stato presentato oggi e che giurerà venerdì, rimangono
però delle incognite, come fa notare la professoressa Anna Bono, docente di
Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, intervistata da Giada
Aquilino:
R. – Questo
accordo, pur mettendo fine ad una crisi politica difficile e dalle conseguenze dolorose,
tuttavia non rispetta la volontà espressa dai cittadini dello Zimbabwe, quasi un anno
fa, a marzo, quando con le elezioni generali hanno per la prima volta dato la maggioranza
ai partiti dell’opposizione. soprattutto, hanno revocato la fiducia al presidente
in carica, Robert Mugabe. Con questa soluzione non si rimuovono le cause principali.
C’è un governo che negli anni scorsi ha adottato politiche economiche disastrose e
che rimane, pur nella condivisione del potere con l’opposizione, in mano al presidente
in carica, Robert Mugabe, e ai suoi ministri.
D.
– Alla profonda crisi economica si è aggiunta anche l’emergenza colera. Perché lo
Zimbabwe stenta a ripartire?
R. – Nel 2000 sono stati
adottati dei provvedimenti economici che hanno stanzialmente distrutto la principale
industria del Paese, che era quella agricola. Centinaia di fattorie che producevano
per il mercato ed esportavano prodotti agricoli, sono state confiscate. Al momento,
in parte, sono del tutto incolte e, in parte, sono state ridistribuite affidandole
a famiglie che, per le condizioni economiche in cui versano, le usano per l’autoconsumo.
D.
– Da dove si deve ricominciare ora?
R. – Da un programma
economico serio e dettagliato, che non si limiti alla richiesta di aiuti internazionali.
La ripresa economica del Paese dipende da iniziative, da riforme strutturali che riportino
il Paese alla situazione di 15, 20 anni fa, quando appunto era un esempio, un modello
di sviluppo e di crescita economica e sociale. (Panoramica internazionale a
cura di Marco Guerra e Francesca Ciacci)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 41 E'
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