Aperta in Colombia la plenaria della Conferenza episcopale
“Il nostro dovere è illuminare con la luce del Vangelo affinché il nostro popolo cristiano
possa essere fermento nella trasformazione del mondo ove si registrano cambiamenti
rapidi e profondi”. Così, ieri, l’arcivescovo di Barranquilla mons. Rubén Salazar
Gómez, presidente della Conferenza episcopale colombiana nella sua relazione di apertura
dei lavori della 80.ma Assemblea plenaria che concluderà i suoi lavori venerdì prossimo.
Secondo il presule i cattolici in Colombia sono “chiamati ad essere luce e sale, segno
e strumento nel focolare, nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nell’intera società”.
Durante l’assemblea - ha aggiunto mons. Rubén Salazar Gómez – verranno analizzati
“fenomeni di ordine culturale, politico, economico e religioso in cui sono coinvolti
i colombiani”. Alla luce della nostra fede - ha aggiunto – “vedremo come la Chiesa,
oggi pellegrina in questa nazione, può essere con la massima chiarezza possibile e
con forza, strumento dell’amore di Dio”. Riconoscendo che l’attuale realtà della Colombia
è molto complessa e delicata, mons. Salazar Gómez ha precisato che verrà compiuto
ogni sforzo possibile “per tentare di scoprire i meccanismi interni degli avvenimenti”.
Così verranno individuate “le cause, le interdipendenze, i precedenti storici e le
proiezioni future”. “Certamente – ha detto il presidente della Conferenza episcopale
colombiana - non perderemo mai di vista che lo scopo e fine non è altro che l’essere
umano, la persona, che è e sarà sempre il motivo ultimo delle nostre preoccupazioni”.
Mons. Rubén Salazar Gómez ha anche ricordato che la Chiesa può dare un importante
contributo per aiutare a superare la crisi del Paese, orientando con i suoi valori
e principi la ricerca di soluzioni efficaci e adeguate”. Un contributo anche per percorrere
“le strade che possono condurci a vivere come una nazione ove ciascuno possa prendere
parte alla costruzione di una società più giusta e fraterna, raggiungendo così una
pace solida e duratura, basata sulla verità dell’uomo, sulla sua dignità inalienabile
e su suoi diritti inderogabili”. Le azioni e le parole della Chiesa - ha osservato
il presule - “sono profondamente politiche se ciò si riferisce al bene comune, alla
costruzione della cosa pubblica, al conseguimento dell’equità e della giustizia, al
consolidamento delle istituzioni democratiche che configurano lo Stato sociale e di
diritto”. E “al rinforzamento del dialogo e alla concertazione delle forze di una
società tormentata dal conflitto sociale”. L’arcivescovo ha poi precisato che la politica
nel suo senso ampio, non partitico e tanto meno ideologico, è una costante aspirazione
a realizzare l’essere sociale di ciascuno. E’ dunque una costante tensione per cercare
e realizzare nuove “forme di sviluppo capaci di garantire giustizia sociale reale,
avvicinamento delle parti in conflitto, superamento di ciò che divide e separa e trovare
ciò che unisce e fa diventare tutti veri fratelli”. La comunità ecclesiale non si
configura né come partito politico né come organizzazione non-governativa. La Chiesa
– ha concluso - sarà sempre “segno e strumento di salvezza”. (A cura di Lui Badilla)