Mesajul Papei pentru Ziua Mondială a Bolnavului 2009: dedicat copiilor bolnavi sau
victime de abuzuri şi violenţe ( text în italiană)
(RV - 7 februarie 2009) Iată, textul integral în limba italiană al Mesajului
lui Benedict al XVI-lea pentru cea de-a 17-a Zi Mondială a Bolnavului
(11 februarie 2009) care anul acesta se celebrează la nivel diecezan. Cari
fratelli e sorelle, La Giornata Mondiale del Malato, che ricorre il prossimo
11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, vedrà le Comunità
diocesane riunirsi con i propri Vescovi in momenti di preghiera, per riflettere e
decidere iniziative di sensibilizzazione circa la realtà della sofferenza. L’Anno
Paolino, che stiamo celebrando, offre l’occasione propizia per soffermarsi a meditare
con l’apostolo Paolo sul fatto che, “come abbondano le sofferenze del Cristo in noi,
così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione” (2 Cor 1,5).
Il collegamento spirituale con Lourdes richiama inoltre alla mente la materna sollecitudine
della Madre di Gesù per i fratelli del suo Figlio “ancora peregrinanti e posti in
mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata” (Lumen
gentium, 62).
Quest’anno la nostra attenzione si volge particolarmente
ai bambini, le creature più deboli e indifese e, tra questi, ai bambini malati e sofferenti.
Ci sono piccoli esseri umani che portano nel corpo le conseguenze di malattie invalidanti,
ed altri che lottano con mali oggi ancora inguaribili nonostante il progresso della
medicina e l’assistenza di validi ricercatori e professionisti della salute. Ci sono
bambini feriti nel corpo e nell’anima a seguito di conflitti e guerre, ed altri vittime
innocenti dell’odio di insensate persone adulte. Ci sono ragazzi “di strada”, privati
del calore di una famiglia ed abbandonati a se stessi, e minori profanati da gente
abietta che ne viola l’innocenza, provocando in loro una piaga psicologica che li
segnerà per il resto della vita. Non possiamo poi dimenticare l’incalcolabile numero
dei minori che muoiono a causa della sete, della fame, della carenza di assistenza
sanitaria, come pure i piccoli esuli e profughi dalla propria terra con i loro genitori
alla ricerca di migliori condizioni di vita. Da tutti questi bambini si leva un silenzioso
grido di dolore che interpella la nostra coscienza di uomini e di credenti.
La
comunità cristiana, che non può restare indifferente dinanzi a così drammatiche situazioni,
avverte l’impellente dovere di intervenire. La Chiesa, infatti, come ho scritto nell’Enciclica
Deus caritas est, “è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia non deve
esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario” (25, b). Auspico, pertanto,
che anche la Giornata Mondiale del Malato offra l’opportunità alle comunità parrocchiali
e diocesane di prendere sempre più coscienza di essere “famiglia di Dio”, e le incoraggi
a rendere percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l’amore del Signore,
il quale chiede “che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra
perché nel bisogno” (ibid.). La testimonianza della carità fa parte della vita stessa
di ogni comunità cristiana. E fin dall’inizio la Chiesa ha tradotto in gesti concreti
i principi evangelici, come leggiamo negli Atti degli Apostoli. Oggi, date le mutate
condizioni dell’assistenza sanitaria, si avverte il bisogno di una più stretta collaborazione
tra i professionisti della salute operanti nelle diverse istituzioni sanitarie e le
comunità ecclesiali presenti sul territorio. In questa prospettiva, si conferma in
tutto il suo valore un’istituzione collegata con la Santa Sede qual è l’Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù, che celebra quest’anno i suoi 140 anni di vita.
Ma c’è di più.
Poiché il bambino malato appartiene ad una famiglia che ne condivide la sofferenza
spesso con gravi disagi e difficoltà, le comunità cristiane non possono non farsi
carico anche di aiutare i nuclei familiari colpiti dalla malattia di un figlio o di
una figlia. Sull’esempio del “Buon Samaritano” occorre che ci si chini sulle persone
così duramente provate e si offra loro il sostegno di una concreta solidarietà. In
tal modo, l’accettazione e la condivisione della sofferenza si traduce in un utile
supporto alle famiglie dei bambini malati, creando al loro interno un clima di serenità
e di speranza, e facendo sentire attorno a loro una più vasta famiglia di fratelli
e sorelle in Cristo. La compassione di Gesù per il pianto della vedova di Nain (cfr
Lc 7,12-17) e per l’implorante preghiera di Giairo (cfr Lc 8,41-56)
costituiscono, tra gli altri, alcuni utili punti di riferimento per imparare a condividere
i momenti di pena fisica e morale di tante famiglie provate. Tutto ciò presuppone
un amore disinteressato e generoso, riflesso e segno dell’amore misericordioso di
Dio, che mai abbandona i suoi figli nella prova, ma sempre li rifornisce di mirabili
risorse di cuore e di intelligenza per essere in grado di fronteggiare adeguatamente
le difficoltà della vita.
La dedizione quotidiana e l’impegno senza sosta al
servizio dei bambini malati costituiscono un’eloquente testimonianza di amore per
la vita umana, in particolare per la vita di chi è debole e in tutto e per tutto dipendente
dagli altri. Occorre affermare infatti con vigore l’assoluta e suprema dignità di
ogni vita umana. Non muta, con il trascorrere dei tempi, l’insegnamento che la Chiesa
incessantemente proclama: la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando
è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza. E’ a Gesù crocifisso che dobbiamo
volgere il nostro sguardo: morendo in croce Egli ha voluto condividere il dolore di
tutta l’umanità. Nel suo soffrire per amore intravediamo una suprema compartecipazione
alle pene dei piccoli malati e dei loro genitori. Il mio venerato Predecessore Giovanni
Paolo II, che dell’accettazione paziente della sofferenza ha offerto un esempio luminoso
specialmente al tramonto della sua vita, ha scritto: “Sulla croce sta il «Redentore
dell'uomo», l'Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali
degli uomini di tutti i tempi, affinché nell'amore possano trovare il senso salvifico
del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi" (Salvifici doloris,
31).
Desidero qui esprimere il mio apprezzamento ed incoraggiamento alle Organizzazioni
internazionali e nazionali che si prendono cura dei bambini malati, particolarmente
nei Paesi poveri, e con generosità e abnegazione offrono il loro contributo per assicurare
ad essi cure adeguate e amorevoli. Rivolgo al tempo stesso un accorato appello ai
responsabili delle Nazioni perché vengano potenziate le leggi e i provvedimenti in
favore dei bambini malati e delle loro famiglie. Sempre, ma ancor più quando è in
gioco la vita dei bambini, la Chiesa, per parte sua, si rende disponibile ad offrire
la sua cordiale collaborazione nell’intento di trasformare tutta la civiltà umana
in «civiltà dell’amore» (cfr Salvifici doloris, 30).
Concludendo, vorrei
esprimere la mia vicinanza spirituale a tutti voi, cari fratelli e sorelle, che soffrite
di qualche malattia. Rivolgo un affettuoso saluto a quanti vi assistono: ai Vescovi,
ai sacerdoti, alle persone consacrate, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti
coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le sofferenze di chi è alle
prese con la malattia. Un saluto tutto speciale è per voi, cari bambini malati e sofferenti:
il Papa vi abbraccia con affetto paterno insieme con i vostri genitori e familiari,
e vi assicura uno speciale ricordo nella preghiera, invitandovi a confidare nel materno
aiuto dell’Immacolata Vergine Maria, che nel passato Natale abbiamo ancora una volta
contemplato mentre stringe con gioia tra le braccia il Figlio di Dio fatto bambino.
Nell’invocare su di voi e su ogni malato la materna protezione della Vergine Santa,
Salute degli Infermi, a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.