Il cardinale Re presiede la Messa esequiale per mons. Cipriano Calderón Polo
“Uomo di Dio, uomo di Chiesa e servitore della Sede Apostolica”: con queste parole
il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, ha
ricordato mons. Cipriano Calderón Polo, scomparso mercoledì scorso ad 81 anni dopo
lunga malattia. Ieri pomeriggio, nella Basilica Vaticana, il porporato ha presieduto
la Messa esequiale per il presule, vice presidente emerito della Pontificia Commissione
per l’America Latina. Ce ne parla Isabella Piro:
“Vorrei
essere ricordato per il mio amore alla Chiesa e al Papa”: così, qualche settimana
fa, mons. Calderón rispondeva ad un giornalista che lo intervistava. Ed il cardinale
Re ha ricordato queste parole, ieri pomeriggio, presiedendo la Messa esequiale del
presule spagnolo. Mons. Calderón, ha detto il porporato nella sua omelia, “fu sempre
guidato da un profondo senso ecclesiale e da piena fedeltà al Papa”, lasciando “una
luminosa testimonianza” e “tanto bene seminato”. Nella sofferenza, ha aggiunto ancora
il cardinale Re, mons. Cipriano “ha svelato la grandezza della sua spiritualità”,
accettando di morire “con fede e serenità, consapevole che morire significa entrare
nella vita eterna”. Centrale, nella vita del presule, è stata “l’evangelizzazione
in America Latina – ha ricordato poi il porporato – sub-continente ricco di risorse
umane e cristiane, ma segnato da enormi sfide”. Quell’ America Latina, ha detto il
cardinale Re, per la quale mons. Calderón aveva “offerto le sue sofferenze” e che
“fu l’orizzonte del suo servizio da quando, nel dicembre del 1988, Giovanni Paolo
II lo nominò vice-presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina”. Dal
suo ufficio di Roma, il presule “cercò di seguire da vicino la vita della Chiesa latinoamericana
e si prodigò per sostenere, animare e incoraggiare ogni utile sforzo per favorire
una nuova evangelizzazione e per la formazione dei futuri sacerdoti”. Non è un caso,
ha ribadito il cardinale Re, che come motto episcopale il presule avesse scelto “Evangelizare
Jesum Christum”, poiché egli “amava parlare di teologia dell’evangelizzazione”, un’espressione
che “manifestava la sua ansia di annunciare Cristo, Redentore dell’uomo”. Quindi,
il prefetto della Congregazione per i Vescovi ha ricordato le tappe salienti della
vita di mons. Calderón: le numerose Conferenze dell’episcopato latinoamericano, l’Assemblea
Speciale del Sinodo per il Continente Americano e, soprattutto, la passione per il
giornalismo, che lo portò a lavorare presso l’ufficio stampa del Concilio Vaticano
II e poi a dirigere l’edizione settimanale in lingua spagnola dell’Osservatore Romano.
Tanto che di sé amava dire: “Sono sacerdote e giornalista, ma sottolineo come prioritaria
la parola sacerdote”. Le spoglie di mons. Calderón sono ora in Spagna, dove domani
si terranno i funerali ufficiali, nella Cattedrale di Plasencia, sua città natale.