Benedict al XVI-lea, în Mesajul pentru Ziua bolnavului 2009: Biserica afirmă absoluta
şi suprema demnitate a fiecărei vieţi umane
(RV – 7 februarie 2009) Biserica a afirmat dintotdeauna „absoluta şi suprema demnitate
a vieţii umane” care trebuie trăită „în mod deplin chiar şi atunci când este învăluită
de misterul suferinţei”. Astfel a subliniat Benedict al XVI-lea în Mesajul pentru
apropiata Zi mondială a bolnavului, care se va celebra pe 11 februarie, în sărbătoarea
Sfânta Fecioară Maria de la Lourdes.
Anul acesta, Sfântul Părinte dedică Mesajul
copiilor bolnavi sau victime ale abuzurilor şi violenţelor, lansând un apel guvernelor
pentru a promulga legi în favoarea minorilor aflaţi în dificultate şi a familiilor
acestora.
Un creştin „nu poate rămâne indiferent faţă de silenţiosul strigăt
de durere” al copiilor bolnavi sau abandonaţi: conştiinţa de om şi de credincios nu-i
permite acest lucru, ci îi impune „urgenta datorie de a interveni”. Cu maximă claritate
şi compasiune, Benedict al XVI-lea se opreşte asupra imenselor suferinţe îndurate
de milioane de copii.
„Sunt mici fiinţe umane – scrie – care poartă în trupuri
urmări ale unor boli care provoacă invaliditate; altele care luptă cu maladii incurabile,
în ciuda progresului medicinii şi a asistenţei din partea unor autentici cercetători
şi profesionişti din domeniul sănătăţii”.
Sunt, apoi, „copii cu răni în corp
şi în suflet în urma conflictelor şi a războaielor şi alţii victime nevinovate ale
urii unor adulţi fără judecată. Sunt – continuă Papa – copii 'ai străzii', privaţi
de căldura unei familii, lăsaţi în voia sorţii, profanaţi de persoane josnice care
le pângăresc nevinovăţia, provocând în ei o plagă psihologică care-i va marca pentru
toată viaţa”. Fără a uita, adaugă, „imensul număr de minori care mor din cauza setei,
a foamei, a carenţei de asistenţă sanitară, ca şi micuţii aflaţi în fugă din propria
ţară sau refugiaţi, împreună cu părinţii lor, în căutarea unor condiţii de viaţă mai
bune”.
Benedict al XVI-lea mulţumeşte mai ales instituţiilor Bisericii care
– la toate nivelurile se ocupă de înlăturarea acestor suferinţe, arătând – spune Papa
– aceiaşi „compasiune” a lui Isus faţă de văduva din Nain căreia îi murise fiul.
Şi,
lărgind graniţele reflecţiei sale, Papa notează că „abnegaţia zilnică şi efortul fără
limite în slujirea copiilor bolnavi constituie o elocventă mărturie de iubire faţă
de viaţa umană şi, în special, faţă de viaţa celor slabi care depind cu totul de alţii”.
Imediat după, Sfântul Părinte reafirmă „cu forţă” un principiu fundamental
pentru creştinism, şi anume „absoluta şi suprema demnitate a oricărei vieţi umane”.
Este neschimbată – cu trecerea timpului – învăţătura pe care Biserica o proclamă
neîncetat: viaţa umană este frumoasă şi trebuie trăită pe deplin, chiar şi atunci
când este slabă şi învăluită în misterul suferinţei”.
Capacitatea de „iubire
dezinteresată şi generoasă” faţă de copilăria supusă suferinţei îi conduce pe Benedict
al XVI-lea la extinderea propriei „aprecieri şi încurajări” faţă de organizaţii naţionale
şi internaţionale implicate în acest domeniu, mai ales în ţările sărace. Benedict
al XVI-lea conclude Mesajul cu „însufleţitul apel” către „responsabilii naţiunilor”
pentru ca aceştia să întărească legile şi prevederile în favoarea copiilor bolnavi
şi a familiilor acestora, asigurând totodată de sprijinul Bisericii în acest domeniu.
Aici serviciul audio:
Iată,
textul integral în limba italiană al Mesajului lui Benedict al XVI-lea pentru cea
de-a 17-a Zi Mondială a Bolnavului (11 februarie 2009) care anul acesta se celebrează
la nivel diecezan.
Cari fratelli e sorelle,
La Giornata Mondiale del
Malato, che ricorre il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine
di Lourdes, vedrà le Comunità diocesane riunirsi con i propri Vescovi in momenti di
preghiera, per riflettere e decidere iniziative di sensibilizzazione circa la realtà
della sofferenza. L’Anno Paolino, che stiamo celebrando, offre l’occasione propizia
per soffermarsi a meditare con l’apostolo Paolo sul fatto che, “come abbondano le
sofferenze del Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione”
(2 Cor 1,5). Il collegamento spirituale con Lourdes richiama inoltre alla mente la
materna sollecitudine della Madre di Gesù per i fratelli del suo Figlio “ancora peregrinanti
e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria
beata” (Lumen gentium, 62).
Quest’anno la nostra attenzione si volge particolarmente
ai bambini, le creature più deboli e indifese e, tra questi, ai bambini malati e sofferenti.
Ci sono piccoli esseri umani che portano nel corpo le conseguenze di malattie invalidanti,
ed altri che lottano con mali oggi ancora inguaribili nonostante il progresso della
medicina e l’assistenza di validi ricercatori e professionisti della salute. Ci sono
bambini feriti nel corpo e nell’anima a seguito di conflitti e guerre, ed altri vittime
innocenti dell’odio di insensate persone adulte. Ci sono ragazzi “di strada”, privati
del calore di una famiglia ed abbandonati a se stessi, e minori profanati da gente
abietta che ne viola l’innocenza, provocando in loro una piaga psicologica che li
segnerà per il resto della vita. Non possiamo poi dimenticare l’incalcolabile numero
dei minori che muoiono a causa della sete, della fame, della carenza di assistenza
sanitaria, come pure i piccoli esuli e profughi dalla propria terra con i loro genitori
alla ricerca di migliori condizioni di vita. Da tutti questi bambini si leva un silenzioso
grido di dolore che interpella la nostra coscienza di uomini e di credenti.
La
comunità cristiana, che non può restare indifferente dinanzi a così drammatiche situazioni,
avverte l’impellente dovere di intervenire. La Chiesa, infatti, come ho scritto nell’Enciclica
Deus caritas est, “è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia non deve esserci
nessuno che soffra per mancanza del necessario” (25, b). Auspico, pertanto, che anche
la Giornata Mondiale del Malato offra l’opportunità alle comunità parrocchiali e diocesane
di prendere sempre più coscienza di essere “famiglia di Dio”, e le incoraggi a rendere
percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l’amore del Signore, il quale
chiede “che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel
bisogno” (ibid.). La testimonianza della carità fa parte della vita stessa di ogni
comunità cristiana. E fin dall’inizio la Chiesa ha tradotto in gesti concreti i principi
evangelici, come leggiamo negli Atti degli Apostoli. Oggi, date le mutate condizioni
dell’assistenza sanitaria, si avverte il bisogno di una più stretta collaborazione
tra i professionisti della salute operanti nelle diverse istituzioni sanitarie e le
comunità ecclesiali presenti sul territorio. In questa prospettiva, si conferma in
tutto il suo valore un’istituzione collegata con la Santa Sede qual è l’Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù, che celebra quest’anno i suoi 140 anni di vita.
Ma c’è di più.
Poiché il bambino malato appartiene ad una famiglia che ne condivide la sofferenza
spesso con gravi disagi e difficoltà, le comunità cristiane non possono non farsi
carico anche di aiutare i nuclei familiari colpiti dalla malattia di un figlio o di
una figlia. Sull’esempio del “Buon Samaritano” occorre che ci si chini sulle persone
così duramente provate e si offra loro il sostegno di una concreta solidarietà. In
tal modo, l’accettazione e la condivisione della sofferenza si traduce in un utile
supporto alle famiglie dei bambini malati, creando al loro interno un clima di serenità
e di speranza, e facendo sentire attorno a loro una più vasta famiglia di fratelli
e sorelle in Cristo. La compassione di Gesù per il pianto della vedova di Nain (cfr
Lc 7,12-17) e per l’implorante preghiera di Giairo (cfr Lc 8,41-56) costituiscono,
tra gli altri, alcuni utili punti di riferimento per imparare a condividere i momenti
di pena fisica e morale di tante famiglie provate. Tutto ciò presuppone un amore disinteressato
e generoso, riflesso e segno dell’amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i
suoi figli nella prova, ma sempre li rifornisce di mirabili risorse di cuore e di
intelligenza per essere in grado di fronteggiare adeguatamente le difficoltà della
vita.
La dedizione quotidiana e l’impegno senza sosta al servizio dei bambini
malati costituiscono un’eloquente testimonianza di amore per la vita umana, in particolare
per la vita di chi è debole e in tutto e per tutto dipendente dagli altri. Occorre
affermare infatti con vigore l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana. Non
muta, con il trascorrere dei tempi, l’insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama:
la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal
mistero della sofferenza. E’ a Gesù crocifisso che dobbiamo volgere il nostro sguardo:
morendo in croce Egli ha voluto condividere il dolore di tutta l’umanità. Nel suo
soffrire per amore intravediamo una suprema compartecipazione alle pene dei piccoli
malati e dei loro genitori. Il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, che dell’accettazione
paziente della sofferenza ha offerto un esempio luminoso specialmente al tramonto
della sua vita, ha scritto: “Sulla croce sta il «Redentore dell'uomo», l'Uomo dei
dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti
i tempi, affinché nell'amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e
risposte valide a tutti i loro interrogativi" (Salvifici doloris, 31).
Desidero
qui esprimere il mio apprezzamento ed incoraggiamento alle Organizzazioni internazionali
e nazionali che si prendono cura dei bambini malati, particolarmente nei Paesi poveri,
e con generosità e abnegazione offrono il loro contributo per assicurare ad essi cure
adeguate e amorevoli. Rivolgo al tempo stesso un accorato appello ai responsabili
delle Nazioni perché vengano potenziate le leggi e i provvedimenti in favore dei bambini
malati e delle loro famiglie. Sempre, ma ancor più quando è in gioco la vita dei bambini,
la Chiesa, per parte sua, si rende disponibile ad offrire la sua cordiale collaborazione
nell’intento di trasformare tutta la civiltà umana in «civiltà dell’amore» (cfr Salvifici
doloris, 30).
Concludendo, vorrei esprimere la mia vicinanza spirituale a tutti
voi, cari fratelli e sorelle, che soffrite di qualche malattia. Rivolgo un affettuoso
saluto a quanti vi assistono: ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, agli
operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare
e alleviare le sofferenze di chi è alle prese con la malattia. Un saluto tutto speciale
è per voi, cari bambini malati e sofferenti: il Papa vi abbraccia con affetto paterno
insieme con i vostri genitori e familiari, e vi assicura uno speciale ricordo nella
preghiera, invitandovi a confidare nel materno aiuto dell’Immacolata Vergine Maria,
che nel passato Natale abbiamo ancora una volta contemplato mentre stringe con gioia
tra le braccia il Figlio di Dio fatto bambino. Nell’invocare su di voi e su ogni malato
la materna protezione della Vergine Santa, Salute degli Infermi, a tutti imparto di
cuore una speciale Benedizione Apostolica.