2009-02-05 14:15:09

In visita "ad Limina" dal Papa i presuli della Nigeria. Mons. Onaiyekan: si rafforza il dialogo con l'islam


Circa 150 milioni di abitanti, molti dei quali musulmani o fedeli alle religioni tradizionali: è questa la realtà attuale della Nigeria, Paese che tuttavia vanta anche il più alto numero di vescovi dell’Africa e una Chiesa in grande rigoglio. Da questa mattina, la situazione dei cattolici locali è al vaglio del Papa e della Curia Romana con l’inizio della visita ad Limina dei presuli nigeriani, che durerà per tutto il mese. Tra i primi ad essere ricevuti oggi da Benedetto XVI c’è anche l’arcivescovo di Abuja, John Olorunfemi Onaiyekan, che parla delle sfide ecclesiali più importanti per la sua Chiesa al microfono di Abdul Festus Tarawalie, collega del programma Inglese-Africa della nostra emittente:RealAudioMP3

R. - Secondo me, una sfida molto positiva è quella che viene dalla crescita della Chiesa nigeriana, che stiamo cercando in tutti i modi di amministrare bene. Il numero dei cattolici continua ad aumentare, così come le vocazioni sacerdotali e religiose. Ci sono diocesi dove il numero dei sacerdoti non basta, proprio perché il numero dei cattolici è grande: se un sacerdote deve celebrare la Messa per 5 mila persone ogni domenica, viene da chiedersi che tempo gli resti per la cura pastorale a livello personale. Fortunatamente, ci sono altri modi di servire la gente, attraverso i gruppi laicali, i responsabili pastorali e così via. Un’altra sfida, analoga, è costituita dal grande numero di ragazzi e ragazze che vogliono dedicare la propria vita al servizio della Chiesa, come sacerdoti o religiose: abbiamo il problema di come discernere le loro domande, per verificare se siano davvero idonei. Inoltre, una volta che li abbiamo accettati in seminario o nelle case di formazione, dobbiamo anche formarli bene e quando un seminario ha più di 400, 500 alunni, questo diventa una grande sfida. E c’è poi anche la sfida che riguarda il rapporto tra la Chiesa e la società nigeriana in genere, fra lo Stato e la Chiesa. La società nigeriana è molto complessa, con più di 250 gruppi etnici diversi. E ancora, esiste la questione del pluralismo religioso.

 
D. - Qual è, in proposito, l’impegno della Chiesa nella promozione del dialogo e della convivenza pacifica?

 
R. - Si dice che in Nigeria abbiamo cristiani e musulmani, ma non si deve dimenticare che come cristiani apparteniamo a diversi gruppi e che, anche fra noi, non sempre abbiamo lo stesso modo di vedere le cose. Infatti, molto spesso, quando scoppiano i conflitti fra cristiani e musulmani generalmente sono causati da gruppi estremisti di ambedue le parti: sia fanatici musulmani, che fanatici di matrice cristiana. Va detto, comunque, che nella Chiesa cattolica tutto è sano: anche i musulmani riconoscono che - grazie al fatto che la nostra Chiesa possiede delle direttive molto precise sul dialogo con i musulmani, che seguiamo con grande attenzione - abbiamo un modo di rapportarci con i musulmani che sul serio promuove delle buone relazioni di rispetto reciproco.

 
D. - In che modo avviene questo confronto?

 
R. - Abbiamo nel nostro Paese il Consiglio interreligioso nigeriano, che è composto da leader cristiani e islamici. Io, come presidente dell’Associazione cristiana della Nigeria, sono il responsabile dei gruppi cristiani. Con il sultano di Sokoto - riconosciuto come il capo dei musulmani - abbiamo delle riunioni regolari, durante le quali cerchiamo di individuare le sfide comuni: buon governo, povertà, malattia, lotta all’Aids. Poi cerchiamo le risorse spirituali, i valori morali che cristiani e musulmani condividono e sulla base di ciò cerchiamo di affrontare tali sfide. Speriamo che, continuando così, si riesca a cambiare la brutta reputazione che la Nigeria purtroppo possiede: quella di un Paese dove i musulmani e i cristiani non vivono mai insieme in pace, il che non è vero. E speriamo anche, alla fine di questa visita ad Limina, di poter tornare con rinnovato slancio apostolico alle responsabilità che abbiamo in Nigeria. Siamo 60 vescovi e siamo a Roma in due gruppi: ma i due gruppi vivranno una giornata comune, il 14 febbraio, quando avremo l’udienza con il Santo Padre, che ci parlerà come ad un corpo unito. E noi aspettiamo quel momento con grande gioia.







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