Benedetto XVI conclude il ciclo di catechesi su San Paolo. Appello per lo Sri Lanka:
si rispetti il diritto umanitario per i civili coinvolti nel conflitto
San Paolo è un “esempio apostolico” al quale attingere per il “ringiovanimento” della
Chiesa e i suoi insegnamenti sono particolarmente preziosi anche in chiave ecumenica.
Benedetto XVI ha concluso con queste considerazioni l’ultima udienza generale dedicata
all’Apostolo delle Genti. Ma davanti alle migliaia di fedeli in Aula Paolo VI, il
Papa ha anche levato un forte appello in favore dello Sri Lanka, invocando la pace
e il rispetto del diritto umanitario per i civili coinvolti nel violento conflitto
in corso nel Paese asiatico. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Venti
catechesi - la prima il 2 luglio 2008 - per raccontare San Paolo, la sua umanità e
la sua anima. E l’ultima pagina che Benedetto XVI presenta ai fedeli è il martirio
dell’Apostolo, dove la fine è davvero un inizio e la figura di San Paolo, constata
il Papa, “grandeggia ben al di là della sua vita e della sua morte”, arrivando a ispirare
altri giganti della Chiesa, da Sant’Agostino a San Tommaso:
“Egli
infatti ha lasciato una straordinaria eredità spirituale (...) E’ ovvio che i Padri
della Chiesa e poi tutti i teologi si sono nutriti delle Lettere di san Paolo e della
sua spiritualità. Egli è così rimasto nei secoli, fino ad oggi, il vero maestro e
Apostolo delle genti”.
La prima testimonianza sulla
fine di San Paolo, ha spiegato Benedetto XVI, risale alla fine del primo secolo, all’incirca
30 anni dopo la morte dell’Apostolo ad opera del vescovo di Roma, Clemente, che accenna
al sacrificio di Paolo e a quello, successivo, di Pietro. Analogamente Eusebio di
Cesarea, nel IV secolo, cita i “trofei” dei due apostoli, cioè i monumenti sepolcrali
che ancora oggi, ha detto il Pontefice, “veneriamo dopo due millenni negli stessi
luoghi”: in Vaticano per San Pietro e nella Basilica sulla Via Ostiense per San Paolo:
“È
interessante rilevare che i due grandi Apostoli sono menzionati insieme. Anche se
nessuna fonte antica parla di un loro contemporaneo ministero a Roma, la successiva
coscienza cristiana, sulla base del loro comune seppellimento nella capitale dell'impero,
li assocerà anche come fondatori della Chiesa di Roma”.
La
descrizione del martirio paolino, ha proseguito Benedetto XVI, si trova negli “Atti
di Paolo”. Il documento è del II secolo e attribuisce all’imperatore Nerone la sentenza
di morte per decapitazione, avvenuta secondo la tradizione alle Acquae Salviae sulla
Via Laurentina, oggi conosciuta con il nome di “Tre Fontane”. Scomparso l’Apostolo,
resta immortale il suo insegnamento, come dimostra - ha osservato il Papa - l’immediata
influenza che le sue Lettere ebbero nella prima comunità cristiana:
“Importante
è constatare soprattutto che ben presto le Lettere di san Paolo entrano nella liturgia,
dove la struttura profeta-apostolo-Vangelo è determinante per la forma della liturgia
della Parola. Così, grazie a questa 'presenza' nella liturgia della Chiesa, il pensiero
dell’Apostolo diventa da subito nutrimento spirituale dei fedeli di tutti i tempi”.
Un grande studioso di Paolo fu Lutero. La sua interpretazione
degli scritti paolini, poi corretta dal Concilio di Trento, è alla base della spiritualità
protestante. In proposito, Benedetto XVI ha riscontrato un aspetto importante per
la vita della Chiesa:
“Nel progresso dell'esegesi,
soprattutto negli ultimi duecento anni, crescono anche le convergenze tra esegesi
cattolica ed esegesi protestante realizzando così un notevole consenso proprio nel
punto che fu all’origine del massimo dissenso storico. Quindi una grande speranza
per la causa dell'ecumenismo, così centrale per il Concilio Vaticano II”.
“In
buona sostanza”, ha terminato il Papa, ricordando i numerosi movimenti religiosi sorti
negli ultimi secoli che si rifanno al nome di Paolo:
“In
buona sostanza, resta luminosa davanti a noi la figura di un apostolo e di un pensatore
cristiano estremamente fecondo e profondo, dal cui accostamento ciascuno può trarre
giovamento (...) Attingere a lui, tanto al suo esempio apostolico quanto alla sua
dottrina, sarà quindi uno stimolo, se non una garanzia, per il consolidamento dell’identità
cristiana di ciascuno di noi e per il ringiovanimento dell’intera Chiesa”.
L’udienza
generale è stata conclusa con una pubblica manifestazione di preoccupazione di Benedetto
XVI per il conflitto in Sri Lanka, entrato da giorni in quella che appare la sanguinosa
stretta finale. Il Papa ha chiesto il silenzio delle armi e una nuova riconciliazione,
insieme con il rispetto del diritto umanitario:
“Le
notizie dell’incrudelirsi del conflitto e del crescente numero di vittime innocenti
mi inducono a rivolgere un pressante appello ai combattenti affinché rispettino il
diritto umanitario e la libertà di movimento della popolazione, facciano il possibile
per garantire l’assistenza ai feriti e la sicurezza dei civili e consentano il soddisfacimento
delle loro urgenti necessità alimentari e mediche. La Vergine Santa di Matuu, molto
venerata dai cattolici ed anche dagli appartenenti ad altre religioni, affretti il
giorno della pace e della riconciliazione in quel caro Paese”.