Indiano bruciato a Nettuno. Mons. Semeraro: rischio di deriva razzista
Sono stabili le condizioni di Navtej Singh, l’indiano aggredito, picchiato e poi bruciato
nella notte di sabato a Nettuno, non lontano da Roma. I medici del Sant'Eugenio di
Roma, dove è ricoverato, hanno affermato che sta rispondendo alle terapie. Forse venerdì
prossimo il previsto trapianto di cute. L'insensata aggressione compiuta da tre giovani,
che hanno detto di aver agito per noia, ha sconcertato l’opinione pubblica. Ieri il
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha parlato di “sintomi allarmanti di
tendenze diffuse che sono purtroppo venute crescendo”. Un parere condiviso dal vescovo
di Albano, mons. Marcello Semeraro, intervistato da Paolo Ondarza:
R. – Le
parole del nostro presidente della Repubblica mi trovano consenziente. Credo che non
si possa più liquidare il tutto come se fossero singoli episodi di intolleranza, ma
allargare lo sguardo all’insediarsi, nella mente, nel cuore dei nostri giovani e della
nostra gente, di una non-cultura. Se le parole “xenofobia” e “razzismo” possono sembrare
forti, tuttavia la discesa verso cui sembriamo avviarci, porta indubbiamente verso
quella direzione. Da qui deriva il bisogno di una forte ripresa morale.
D.
– A compiere questo gesto inaudito sono stati dei giovani, tra cui un minorenne…
R.
– Certamente, la questione va inserita anche nell’ambito dell’attenzione delle famiglie:
c’è bisogno di una riflessione più ampia.
D. – Hanno
detto di averlo fatto per noia: hanno dato fuoco ad una persona per divertimento,
come se fosse un oggetto...
R. – Un oggetto di divertimento,
che si accende e si spegne a piacimento, così come le connessioni su Internet si aprono
e si chiudono. Questo è, appunto, il sintomo della necessità urgente di ricostruire
il senso delle relazioni, il senso del rispetto della persona e della vita. Il paradosso
è che questo è accaduto in una domenica in cui noi, come Chiesa in Italia, lanciavamo
segnali forti sul tema della vita.