Ricostruire le scuole per i bambini del Myanmar: lo scopo del premio "Prima di tutto
la vita" assegnato alla memoria di Chiara Lubich
Assegnato alla memoria di Chiara Lubich il XII premio “Prima di tutto la vita”, promosso
dall’Associazione “Progetto Agata Smeralda” che si occupa di sostegno a distanza di
bambini di diverse nazioni. Il premio, consegnato ieri a Firenze al Movimento dei
Focolari dall’arcivescovo mons. Giuseppe Betori, consiste in oltre cinquemila euro
che serviranno per favorire la scolarizzazione dei bambini del Myanmar, devastato
lo scorso maggio dal ciclone Nargis. Sulla situazione del Paese asiatico e sugli aiuti
che il movimento sta attuando nell’ex Birmania Adriana Masotti ha intervistato
Marcella Sartarelli, italiana che da anni vive nel centro dei focolari di Yangon:
R.
- Questi soldi sono proprio benvenuti. Sono trascorsi già tanti mesi dopo il passaggio
del ciclone Nargis, che ha fatto questi danni enormi, e le necessità sono ancora tantissime.
Questa somma in arrivo ci permetterà di continuare quello che è stato già iniziato:
in particolare, per aiutare i bambini a tornare a scuola. Perchè gli aiuti che sono
stati dati inizialmente erano cibo, vestiario, medicinali: c’era la priorità delle
abitazioni e poi quella di dare la possibilità alla gente di lavorare. C’erano da
offrire strumenti di lavoro, specie per la pesca - vasche, reti - e semi la terra.
D.
- E ora forse è arrivato il momento anche della ricostruzione delle scuole...
R.
– Sì, infatti. Per scuole lì si intende sempre un grande capannone, una costruzione
di legno con il tetto di zinco, oppure si tratta di realizzare magari i servizi che
non c’erano, oppure distribuire il materiale scolastico, le divise. Questo aiuto che
abbiamo dato finora è stato veramente suddiviso di villaggio in villaggio. E andando
di villaggio in villaggio siamo riusciti a raggiungere e aiutare 15 mila persone.
D.
- Nel Myanmar, la religione maggiormente diffusa è il buddismo, ma sono presenti anche
i cristiani. Che tipo di rapporto esiste tra gli appartenenti alle diverse fedi?
R.
- In genere, si vive tranquillamente: c’è tolleranza, ma c’è anche indifferenza. Quello
che è successo adesso con questo ciclone ha un po’ rimosso questa situazione, c’è
stata come un’apertura al dialogo, all’amicizia, proprio perché bisognava fare le
cose insieme.
D. - Più in particolare come vivono nel
Paese i cattolici?
R. - La Chiesa cattolica è diffusa
in tutto il territorio. Ci sono 12 diocesi e una Chiesa viva con tante vocazioni,
una Chiesa di persone forti. Poi, naturalmente, è anche una Chiesa povera, perché
i problemi fondamentali sono questi nel Paese: manca l’acqua potabile, manca l’elettricità,
mancano le strade e quindi la vita è abbastanza dura. Però, la gente è molto, molto
sensibile alla religione. Dunque, è una Chiesa che sicuramente ha un futuro.
D.
- L’Unione Europea e gli Stati Uniti da tempo hanno imposto pesanti sanzioni contro
la giunta militare al potere nel Myanmar. Tra l’altro, in questo momento nel Paese
è in crisi anche l’industria del turismo: problemi che si aggiungono a problemi...
R.
- Tanti vivono di questo, soprattutto di artigianato, sono guide turistiche, hanno
piccoli alberghi, ristoranti. Tante fabbriche sono state chiuse proprio per questo
stop ai prodotti made in Myanmar, ma questo vuol dire mandare a casa tantissima gente.
Alla miseria che già c’è, se ne aggiunge altra. Queste sanzioni non so a cosa servano.
Secondo me, bisogna cercare il dialogo in tutti i modi. Chiudere la porta a qualcuno
non serve mai, fa solo soffrire un popolo che già soffre e che quindi non se lo merita.