Hamas: sì alla tregua di un anno se riaprono i valichi di Gaza
Proseguono i tentativi diplomatici per sbloccare la crisi tra Israele e Hamas nella
Striscia di Gaza. Il movimento palestinese potrebbe aderire alla proposta di tregua
avanzata dall’Egitto e ha fatto sapere di essere favorevole ad un cessate-il-fuoco
di un anno con lo Stato ebraico nella Striscia, a condizione che siano riaperti tutti
i valichi. La notizia è giunta nel corso di una giornata in cui si sono registrati
lanci di razzi su Israele e raid in territorio palestinese. Sulla decisione di Hamas,
per ora solo ufficiosa, Giancarlo La Vella ha sentito Maria Grazia Enardu,
docente di Relazioni Internazionali all’Università di Firenze, esperta di Medio Oriente:
R. – Hamas
è un movimento molto spaccato in questo momento. Ha una corrente interna che chiaramente
deve salvaguardare i suoi interessi a Gaza e un’altra all’esterno rappresentata da
Khaled Meshaal, ora in Siria, che fa una sua politica. Inoltre, Hamas, a Gaza ha l’altro
grande problema quello di non dover dispiacere troppo agli egiziani perché se anche
Il Cairo dovesse isolarlo completamente il movimento sarebbe letteralmente perso.
Quindi, qualunque iniziativa presa dall’Egitto - anche perché l’Egitto vuole avere
e rilanciare un suo grosso ruolo - non può essere immediatamente bocciata da Hamas
senza il dispiacere agli egiziani. Per quanto riguarda, invece, il ruolo di Khaled
Meshaal, il capo di Hamas in esilio in Siria, è lui che mantiene i contatti con Teheran
e chiaramente c’è un dualismo nella leadership perché Meshaal cerca di mantenere e
rafforzare il suo ruolo mentre a Gaza ci sono problemi diversi che altri esponenti
del movimento credono di poter risolvere a loro modo. D. -
Tra l’altro si avvicinano le elezioni in Israele. Quanto influirà il risultato di
questo voto così atteso? R. –Il grande problema che avremo tra
pochi giorni è che in Israele probabilmente vincerà Netanhayu, le cui intenzioni sono
di costituire un governo interamente di destra probabilmente senza Kadima. Netanyahu
ha già detto che non si ritiene vincolato da alcuna decisione presa dal governo Olmert.
Può darsi che questa dichiarazione sia puramente elettorale ma se fosse vera introdurrebbe
un altro elemento molto preoccupante. D. – Questa proposta egiziana,
secondo lei, fa fuori completamente tutte le altre mediazioni soprattutto quella europea
e americana? R. – No. L’Egitto è un Paese molto attento all’Occidente
e agli Stati Uniti ma anche all’Europa. E’ un Paese molto grande, molto povero, che
ha bisogno di relazioni commerciali, di turismo. Semmai è l’Egitto a farsi interprete
di alcuni Paesi occidentali anche perché conosce molto bene Gaza e Hamas.