Numerosi appelli per la pacificazione in Sri Lanka
“Siamo profondamente addolorati per il silenzio della comunità internazionale e delle
organizzazioni umanitarie mondiali riguardo all’enorme tragedia che si perpetra a
Vanni, nello Sri Lanka. Questo silenzio sarà rotto forse solo dopo il totale annientamento
dei Tamil di questa zona?” È questo l’accorato appello lanciato dalla commissione
Giustizia e Pace della diocesi cattolica di Jaffna, alla fine della manifestazione
di protesta svoltasi due giorni fa davanti alla chiesa di Santa Maria della città
e guidata dal vescovo locale, mons. Thomas Saundaranayagam. “Negli ultimi 10 giorni
- si legge nel testo dell’appello - più di 400 Tamil innocenti, residenti a Vanni,
sono stati uccisi e più di 1.400 sono rimasti feriti, a causa della guerra tra le
forze governative e i ribelli delle Tigri Tamil”. Uno scenario desolante nel quale
si inserisce la carenza di medicinali, l’impossibilità di trasportare i feriti negli
ospedali e di dare sepoltura ai morti, a causa dei continui raid aerei. Ribadendo
con forza la loro totale opposizione alla guerra, i presuli di Jaffna ricordano, quindi,
la necessità di “fare pressione sulle parti coinvolte nel conflitto per porre fine
alla tragedia umanitaria che dilaga a Vanni” e si appellano sia al governo che ai
ribelli delle Tigri Tamil perché pongano fine alle ostilità e trovino una soluzione
politica attraverso il dialogo e i negoziati. All’agenzia Sir, Jehan Perera, responsabile
del National Peace Council, organizzazione che coordina diverse iniziative di pace
e dialogo, ha sottolineato il ruolo dei cristiani che hanno contrastato “la propaganda
e le falsità diffuse sia da governo sia dalle Tigri Tamil”. Perera ha anche evidenziato
il lavoro dei cristiani per una soluzione equa del conflitto “che vada incontro alle
preoccupazioni di tutti i settori della società”. Il responsabile ha anche chiesto
un cessate-il-fuoco ed ha invitato i leader di altre fedi ad impegnarsi “per i valori
religiosi di pace, verità, giustizia e riconciliazione”. (B.C.)