Elezioni in Iraq: per mons. Sako discriminata la minoranza cristiana
Si è conclusa stamani alle sette in Iraq la campagna elettorale per le elezioni provinciali
che si svolgeranno domani in 14 delle 18 province irachene. Nelle settimane scorse
la violenza è stata relativamente contenuta, ma ieri, in poche ore, tre candidati
di diversi partiti sunniti sono stati assassinati in tre zone del Paese. Stamani,
l'esplosione di un ordigno a Diwanya, a sud di Baghdad, ha provocato la morte di 3
poliziotti.Il servizio di Fausta Speranza: Da
stasera, nuove massicce misure di sicurezza, per far sì che il voto si svolga nella
calma. Domani e domenica sarà festa nazionale, e in entrambi i giorni alle 22 sarà
imposto il coprifuoco fino alle 5 del giorno successivo. Prevista inoltre la chiusura
dei valichi di frontiera del Paese, degli aeroporti e dei passaggi tra le varie province
dalle 22 di questa sera fino alle 5 di lunedì. Inoltre, sospensione del porto d'armi
per i privati. Sono circa 15 milioni gli elettori, che dovranno scegliere tra oltre
14.400 candidati per 440 seggi dei consigli provinciali di 14 delle 18 province irachene.
Rimangono fuori dalla consultazione le tre province autonome curde e quella della
contesa città di Kirkuk. Incontrando ieri sera a Roma l'arcivescovo caldeo di Kirkuk,
mons. Luis Sako gli abbiamo chiesto come guardare a questo appuntamento
elettorale: R.
– Penso che cambierà qualcosa, ma non tanto. Comunque è importante il fatto che gli
iracheni adesso possono scegliere liberamente. Prima le scelte erano condizionate
al 100 per cento in un modo, adesso non più. E’ solo l’inizio, ma piano piano stiamo
andando sulla strada giusta. E per noi cristiani, anche se nella quota dei seggi ce
ne sono stati attribuiti solo due o tre per Baghdad, Mosul e Bassora, è meglio di
niente. Poi potremo chiedere di più. D. – Nella distribuzione
dei seggi c’è stata dunque una discriminazione? R. – E’ vero
che non sono stati rispettati tutti i diritti dei cristiani. C’è stato spiegato che
se avessimo avuto, per esempio, dieci seggi, allora avremmo potuto condizionare gli
equilibri politici tra i vari gruppi e questo preoccupava. C’è stato detto: “Allora
adesso è meglio darvene uno e poi potrete chiedere”. Ci hanno fatto delle promesse,
ma non c’è nessuna sicurezza. Bisogna aiutare tutti a distinguere tra la religione
e la politica. Finora hanno pensato che cristiano volesse dire avversario. Invece,
qui, non ci sono regimi cristiani. La politica è una cosa, la religione è un’altra
cosa. Se si arriva a capire che la religione non è un cosa politica, allora non ci
saranno problemi. Abbiamo comunque delle speranze. Adesso ci sono le elezioni e penso
che sarà possibile chiedere al nuovo governo di avere un ministro per proteggere e
difendere le minoranze religiose ed etniche. Bisogna dire che tanta gente sta ritornando
dai Paesi vicini, tanti cristiani. A Kirkuk in due mesi sei famiglie sono tornate
dagli Stati Uniti. D. – In definitiva, però, è un’elezione che
mortifica le minoranze... R. – Ci vuole molto tempo per cambiare
la mentalità e il gioco politico. La maggioranza vuole avere tutto, senza pensare
agli altri. D. – Mons. Sako, la gente come va alle urne? R.
– E’ un atto così positivo, perché è la seconda volta che vanno a scegliere. Sentono
la responsabilità. E’ una gioia e fanno festa, perché c’è più sicurezza.