Obama: dialogo con Islam e Russia. Tensione con l'Iran
Rapporti con l’Islam, crisi mediorientale, dialogo con le altre potenze e situazione
economica: tante e importanti le questioni affrontate da Barack Obama nella sua prima
intervista, concessa ieri alla televisione Al Arabya. Delle sue parole e della reazione
dell’Iran ci parla nel servizio Fausta Speranza :
“Gli
americani non sono il vostro nemico”, ha sottolineato Obama ribadendo la promessa
di recarsi presto in una capitale musulmana per parlare all'Islam e attirando l'attenzione
sul fatto di avere parenti musulmani in famiglia. Obama ha ribadito che Israele “continuerà
a essere un alleato forte degli Stati Uniti, invitando israeliani e palestinesi a
tornare al tavolo dei negoziati” e sottolineando che la missione del suo inviato nella
regione serve a questo scopo. In tema di Medio Oriente, risponde subito al capo della
Casa Bianca il presidente iraniano: “Se quello che il nuovo presidente americano vuole
è un vero cambiamento” - dice Ahmadinejad - lo deve dimostrare “mettendo fine al sostegno
a Israele", che il presidente iraniano definisce “illegale e falso regime sionista”.
Ahmadinejad vorrebbe che Obama "chiedesse scusa e risarcisse l'Iran” per quelle che
definisce le “interferenze americane degli ultimi 60 anni”, che in generale ritirasse
le truppe Usa da qualunque posto siano. Inoltre afferma che in merito agli attentati
dell'11 settembre 2001, “non è stata rivelata la verità, come a proposito dell'Olocausto”.
Bisogna dire che di Medio Oriente, Obama si occuperà anche oggi: si recherà infatti
al Pentagono, per la prima volta da quando si è insediato alla Casa Bianca, per una
serie di incontri su Iraq e Afghanistan. Obama si è impegnato a ritirare le truppe
americane dall'Iraq se possibile entro 16 mesi, annunciando di rafforzare la presenza
americana in Afghanistan e chiedendo agli alleati degli Usa di fare lo stesso.
L’effetto
Obama sulla politica internazionale sembra avere risultati positivi nelle relazioni
con Mosca, incrinatesi dopo la guerra in Georgia e la costruzione dello scudo spaziale
americano in Polonia e Repubblica Ceca. La Russia infatti avrebbe deciso di sospendere
l'installazione di missili tattici nella propria enclave di Kaliningrad, decisa originariamente
in funzione anti-occidentale. A Paolo Quercia, analista del Centro militare
di studi strategici, Stefano Leszczynski ha chiesto quanto la decisione di
Mosca sia stata influenzata dal cambio di presidenza a Washington:
R. – E’ chiaro
che l’elezione di Obama, e soprattutto i primi passi della sua diplomazia, portano
questo tono distensivo. Bisogna però anche riflettere sul livello di realismo che
questa minaccia di Kaliningrad aveva: probabilmente non era molto concreta. E poi
c’è anche l’effetto della crisi economica, che sostanzialmente rende meno verosimili
e meno credibili i costosi progetti militari, sia da una parte che dall’altra. Quindi
forse anche una dose di realismo va a moderare i rapporti tra le due potenze.
D.
– Anche perché a quest’intenzione di Mosca non corrisponde poi, in realtà, un’intenzione
da parte della Nato di rinunciare allo scudo spaziale in Polonia…
R.
– No, esattamente. Diciamo che probabilmente c’è un rallentamento di questo progetto,
ma non tanto per un cambiamento dei rapporti con Mosca, quanto per il cambio dei rapporti
con l’Iran. Diciamo che le ipotesi di guerra sono sicuramente meno realistiche rispetto
a qualche anno fa e quindi ricordiamo che poi la giustificazione di questo schieramento
missilistico era sostanzialmente rivolto verso l’Iran, non soprattutto verso Mosca.
Quindi, questo cambiamento rende anche il progetto sicuramente realistico, ma di una
diversa priorità.
D. – Ecco, una situazione che permette
di ricucire anche i rapporti con la Nato…
R. – Rimane
una componente europea, forse, di questa difficoltà che la Nato ha con Mosca, soprattutto
per questi nuovi Paesi dell’Est che sono entrati. Hanno ancora comunque una vicinanza
con Mosca che non li rassicura, e poi c’è il problema del discorso energetico, che
viene ancora visto da questi Paesi come una fonte di condizionamento della propria
sovranità. E questo spinge comunque ad avere varie anime all’interno della Nato, delle
quali poi Obama – il nuovo presidente – dovrà un po’ tener conto.