Apre a Belém, in Amazzonia, il Forum sociale mondiale
Si apre oggi a Belém, nello Stato brasiliano amazzonico di Pará, la IX edizione del
Forum sociale mondiale: l’evento è dedicato alla crisi globale in atto, con ricadute
di sofferenza per le popolazioni più deboli. All’appuntamento sono attese oltre 80mila
persone, in rappresentanza di 4.000 organizzazioni di 150 Paesi. Particolarmente consistente
è la partecipazione indigena, con circa 3.000 indios della regione amazzonica, ai
quali sarà dedicata la giornata di domani. Sulle sfide del Forum Linda Giannattasio
ha sentito il missionario comboniano padre Alex Zanotelli, che per tanti anni
ha condiviso la vita di chi abita le baraccopoli alla periferia di Nairobi, in Kenya:
R. –
Io parlo soprattutto come missionario, come credente. Penso che proprio coloro che
credono hanno la possibilità di pensare che ci può essere qualcosa d’altro; dovrebbero
essere capaci non solo di sognare, ma di lottare per un mondo altro da quello che
abbiamo. Noi non possiamo accettare un sistema economico-finanziario che ammazza 50
milioni di persone all’anno, che porta 962 milioni di persone che sono attanagliate
dalla fame; questo è immorale, perché se siamo per la vita non possiamo accettare
cose del genere, e non possiamo nemmeno accettare che l’11% della popolazione mondiale,
i ricchi di questo mondo, devono spendere tanti di quei soldi in armi, morte invece
che vita. E tutto questo sta pesando sull’ecosistema, che ci sta assaltando questo
pianeta; Dio ci ha impiegato 4 miliardi e 600 milioni di anni per portare la vita
dove l’ha portata.
D. – Come si può fare, cosa deve
fare il mondo?
R. – Penso che un’esperienza come
questa dei forum è importante per mettere insieme le realtà di base. Penso che la
speranza rinasce dal basso, però se il basso è capace di mettersi insieme, di diventare
soggetto politico, cioè che pensa in chiave politica, che preme per dei cambiamenti
politici. Vorrei ricordare la parole di Paolo VI, fra l’altro, che il più alto atto
di carità per un cristiano è la politica. Ed è questo lo sforzo che dobbiamo fare
dal basso, unitariamente.
D. – Lei è stato tanti
anni in Africa; qual è oggi la crisi che vive tutto il mondo africano e quanto è importante
parlare di Africa, anche in questo momento?
R. –
La crisi fondamentale, secondo me, è proprio che il continente più ricco al mondo,
l’Africa - per sottosuolo è il continente che ha le ricchezze più straordinarie al
mondo, ma non conta nulla a livello commerciale, finanziario, conta solo l’1%, e quindi
una nullità totale - è che quest’Africa si stia sempre più impoverendo, e sempre più
gente scappa. Gli immigrati che sono in mezzo a noi è gente che scappa, che non ne
può più; basterebbe vedere la statistica data dalla Banca Mondiale – che non è un
istituto missionario – che dice che 280 milioni di africani vivono con meno di 75
centesimi di euro al giorno. Basterebbe dire questo per dire dove l’Africa sta andando;
penso che dovrebbe essere nell’attenzione di tutti, quest’Africa, perché avere un’Africa,
in un mondo globalizzato, che sta affondando, è un pericolo per tutti noi. Per cui
noi – come credenti – dobbiamo essere in prima fila per un cambiamento che non solo
è possibile, ma è necessario, se vogliamo permettere a tutti gli uomini di vivere
davvero da figli di Dio. Io chiamo questo – da missionario – la missione globale.