Rimossa la scomunica ai quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre. Nota
di padre Lombardi
Benedetto XVI ha accolto la richiesta di rimuovere la scomunica ai quattro vescovi
ordinati nel 1988 da mons. Marcel Lefebvre: lo ha reso noto stamani un comunicato
della Santa Sede, accompagnato dal Decreto della Congregazione per i Vescovi, firmato
il 21 gennaio dal cardinale prefetto Giovanni Battista Re. Il servizio di Isabella
Piro:
Mons.
Bernard Fellay, Mons. Bernard Tissier de Mallerais, Mons. Richard Williamson e Mons.
Alfonso del Gallareta: sono i quattro vescovi cui il Papa ha rimosso la scomunica.
Una decisione, si legge nel comunicato della Santa Sede, arrivata “dopo un processo
di dialogo tra la Sede Apostolica e la Fraternità Sacerdotale San Pio X”, quella Fraternità
fondata nel 1970 a Friburgo da mons. Lefebvre, il quale contestava alcune riforme
apportate dal Concilio Vaticano II. Il Santo Padre – afferma il documento vaticano
– ha accolto così la richiesta formulata da mons. Fellay, anche a nome degli altri
tre vescovi, in una lettera del 15 dicembre 2008: “siamo sempre fermamente determinati
– si leggeva nella missiva - nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte
le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa
cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo
fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire
l'attuale situazione". I quattro vescovi erano stati consacrati il 30 giugno 1988
dallo stesso mons. Lefebvre senza mandato pontificio, ed erano quindi incorsi nella
scomunica latae sententiae, cioè automatica, dichiarata formalmente dalla Congregazione
per i Vescovi il primo luglio 1988.
Una frattura
che Benedetto XVI, informa la Santa Sede, ha cercato sempre di ricomporre, anche incontrando
personalmente mons. Fellay il 29 agosto 2005. In quell’occasione il Papa manifestò
la volontà di procedere per gradi e in tempi ragionevoli in tale cammino. Un
cammino giunto oggi alla rimozione della scomunica, rimossa – afferma la Santa Sede
– “con sollecitudine pastorale e paterna misericordia”. Benedetto XVI – si legge poi
nel Decreto della Congregazione per i Vescovi reso noto oggi – è “fiducioso nell’impegno
espresso dai quattro vescovi di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire, nei
necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede, le questioni ancora aperte, così
da poter giungere presto ad una piena e soddisfacente soluzione”. “Con questo atto
– continua il documento - si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia
e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa
Sede Apostolica”. “Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie –
si legge ancora - vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della
Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione”. L’auspicio,
infine, conclude il Decreto, è quello che “questo passo sia seguito dalla sollecita
realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X,
testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del Magistero e dell'autorità
del Papa con la prova dell'unità visibile”.
Sulla rimozione
della scomunica ai vescovi lefebvriani, ascoltiamo ora la nota del nostro direttore
padre Federico Lombardi:
La
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si conclude con una bella notizia,
che ci auguriamo sia fonte di gioia in tutta la Chiesa. La remissione della scomunica
dei quattro vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X è infatti un passo fondamentale
per raggiungere la riconciliazione definitiva con il movimento iniziato e guidato
da mons. Lefebvre. Per comprendere il significato di questo passo tornano immediatamente
alla mente le parole di Benedetto XVI nella sua lettera di introduzione al Motu Proprio
Summorum Ponitificum, del 7 luglio 2007, quando scriveva che lo sguardo al passato
circa le divisioni che nel corso dei secoli hanno lacerato il Corpo di Cristo fa pensare
che siano state spesso le omissioni della Chiesa a lasciar consolidare le divisioni.
Perciò, scriveva il Papa: “abbiamo l’obbligo di fare tutti gli sforzi, affinché a
tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare
in questa unità o di ritrovarla nuovamente…Apriamo generosamente il nostro cuore…”.
Il
cardianle Ratzinger era stato protagonista dei rapporti con mons. Lefebvre nel 1988
e già a quel tempo aveva cercato di fare tutto il possibile per servire l’unione della
Chiesa. Allora non era bastato e le consacrazioni episcopali del 30 giugno di quell’anno,
compiute senza mandato pontificio, avevano creato una situazione di grave frattura.
Ma la Commissione Ecclesia Dei, costituita da Giovanni Paolo II in quella circostanza,
ha lavorato con pazienza per conservare aperte le vie del dialogo e diverse comunità
in vario modo collegate al movimento lefebvriano hanno già potuto, nel corso degli
anni, rientrare in piena comunione con la Chiesa cattolica. La Fraternità Sacerdotale
San Pio X, con quattro vescovi, rimaneva in ogni caso la comunità più importante con
cui ristabilire la comunione. Benedetto XVI ha manifestato in modo indubitabile il
suo impegno per fare tutto il possibile per raggiungere questo obiettivo. Ricordiamo
naturalmente anzitutto il Motu Proprio Summorum Pontificum sul rito per la celebrazione
della Messa, ma possiamo anche ricordare il documento della Congregazione per la Dottrina
della Fede che chiariva alcuni punti discussi della dottrina ecclesiologica del Concilio
Vaticano II come alcuni grandi interventi sulla corretta ermeneutica del Concilio
stesso, in continuità con la tradizione. Tutto ciò ha creato naturalmente un clima
favorevole, in cui i vescovi della Fraternità San Pio X hanno richiesto la remissione
della scomunica attestando esplicitamente la loro volontà di essere nella Chiesa cattolica
romana e di credere fermamente al Primato di Pietro. E’ bello che la remissione della
scomunica avvenga nell’imminenza del 50.mo anniversario dell’annuncio del Concilio
Vaticano II, in modo che questo evento fondamentale possa ora non essere più considerato
occasione di tensione, ma di comunione. Il testo del decreto mette in luce che, di
per sé, si è ancora in cammino verso la piena comunione, di cui il Santo Padre auspica
la sollecita realizzazione. Ad esempio, aspetti come lo status della Fraternità e
dei sacerdoti che vi appartengono non sono definiti nel decreto pubblicato oggi. Ma
la preghiera della Chiesa è tutta concorde con quella del Papa, perché ogni difficoltà
venga presto superata e si possa parlare di comunione in senso pieno e senza incertezza
alcuna.