Giornata mondiale della lebbra: ogni anno 250 mila nuovi casi nel mondo
Si celebra domani la 56.ma Giornata Mondiale dei malati di lebbra: sono 250 mila ogni
anno - secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità - le persone colpite dal morbo
di Hansen, 40mila i bambini. Per loro il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente
del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, in un messaggio diffuso per
l’occasione ha chiesto la “speciale attenzione” dei governi. Quest’anno la ricorrenza
è dedicata in particolare all’India, il Paese che detiene il triste primato del più
alto numero di nuovi casi ogni anno. Al microfono di Claudia Di Lorenzi, la
dottoressa Alice Joseph, membro dell’Associazione Missionaria Internazionale
(Ami) e responsabile del progetto Aifo di Cochin, nello Stato indiano del Kerala,
spiega quali proporzioni ha raggiunto oggi la malattia:
R.
– Nel mondo ci sono oggi circa 15 milioni di persone con problemi legati alla lebbra
e ogni anno, in India, si contano 150 mila casi nuovi, secondo l’Organizzazione mondiale
della Sanità. L’India è il Paese più colpito dalla lebbra.
D.
– Quali fattori contribuiscono a favorire la diffusione del morbo?
R.
– Questa malattia è contagiosa. Tuttavia il contagio non è immediato, ha un periodo
di incubazione molto prolungato. Colpisce soprattutto le persone che vivono in condizioni
di povertà estrema, perché hanno le difese immunitarie molto basse e condizioni di
nutrizione alimentare non adeguate. Quindi, le persone che vivono ai margini della
società sono le più colpite.
D. – Esiste nel Paese
un sistema di assistenza sanitaria e sociale efficace?
R.
– Il governo indiano assieme alle organizzazioni di volontariato ha fatto un lavoro
intenso per circa 15 anni per tenere sotto controllo la lebbra. Grazie a questo lavoro
il numero dei nuovi casi adesso è diminuito. Dieci, quindici anni fa, noi avevamo
circa 700 mila, 800 mila persone colpite dalla malattia, ma dal 2007 il numero è calato
e attualmente è di circa 140 mila persone in tutta l’India.
D.
– E’ possibile contenere gli effetti della malattia?
R.
– Il problema principale è questo: diagnosticare la malattia sin dall’inizio dei suoi
primi sintomi. Una volta che è stata diagnosticata, si comincia la terapia adeguata.
Tutti i malati di lebbra possono guarire nel giro di sei mesi o al massimo di due
anni. Il problema è che molte di queste persone colpite non sanno di essere malate,
perché all’inizio la malattia non dà nessun sintomo sensibile al malato, non c’è dolore,
non c’è febbre, non ci sono altri segni. Solo dopo alcuni anni o a volte alcuni mesi
possono capitare segni rilevanti, che possono essere delle macchie oppure dei nervi
periferici che si ingrandiscono. Se non si inizia la terapia dall’inizio, dopo un
po’ di tempo si può arrivare ad una paralisi muscolare e di conseguenza anche a delle
ulcerazioni delle mani, dei piedi fino a diventare dei moncherini, oppure vengono
colpiti i nervi della faccia e non si possono chiudere gli occhi. Spesso a causa di
infezioni si può avere un’ulcerazione corneale e si può diventare ciechi. Per cui,
in questo modo, abbiamo anche tanti malati che sono guariti, ma non sono più normali,
perchè hanno delle disabilità fisiche.
D. – Quali
interventi, dunque, si rendono necessari?
R. – Il
problema è che molte di queste persone vivono in paesi remoti, dove non ci sono infrastrutture,
le strade non sono adeguate, non ci sono dispensari o ospedali che si possono consultare,
per cui ci vogliono delle strutture che sin dall’inizio della malattia vengano diagnosticate.
Per questo ci vorrebbe educazione, visite domiciliari, bisognerebbe consigliare il
malato e insegnargli queste cose. Senza migliorare le condizioni di vita dei poveri
è impossibile sradicare la lebbra. C’è ancora il pericolo che possa ritornare perché
adesso non c’è più quel controllo che una volta faceva il governo.