Bolivia alle urne per il referendum costituzionale di rifondazione dello Stato
Importante referendum domani in Bolivia su proposta del presidente Evo Morales di
rifondazione dello Stato. Tra i temi sottoposti al consenso popolare: l’integrazione
delle popolazioni indigene, la statalizzazione delle risorse e l’abolizione ai limiti
del mandato del capo dello Stato. Si tratta di questioni che stanno suscitando un
acceso dibattito tra maggioranza e opposizione. A quale esigenza risponde la proposta
di Morales? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maurizio Chierici, esperto
di America Latina:
R. -
L’esigenza è quella di dare più voce, più potere alle comunità indigene, relegate
in un angolo di estrema povertà. Ecco perché ha creato circoli indigeni: piccole regioni
dove i nativi hanno diritto ad una loro autonomia e ad un loro piccolo parlamento.
Resta il problema del meticciato, perché nel censimento del 2001 il 40% si è dichiarato
meticcio, non appartenente a nessuna di queste comunità. Il secondo nodo da sciogliere
è che gli indigeni acquistano maggior peso politico e questo non piace alle regioni
più ricche di petrolio, di gas, di agricoltura, e quindi il loro potere viene diminuito.
Terzo nodo è la rielezione indefinita del presidente, senza limiti.
D.
- Quello che sventola con l’opposizione, quindi, è soprattutto il rischio che Morales
diventi una sorta di presidente a vita…
R. - Anche
questo è un rischio, ma poi c’è il controllo delle risorse. Le risorse vengono centralizzate,
e sarà lo Stato che vende petrolio, gas, a chi crede. Ciò che chiedono invece gli
Stati ricchi - gli "stati-cassaforte" del Paese - è di poter saltare direttamente
le autorità dello Stato. E sempre questi Stati hanno un altro problema: il contenimento
della proprietà agraria tra 5 mila o 10 mila ettari. La concessione di Morales - che
ha ritoccato quella proposta - è che le proprietà esistenti non sono coinvolte in
questa legge e quindi non verranno smembrate. Resta però il fatto che - siccome le
proprietà agrarie sono in continuo movimento, le multinazionali acquisiscono ecc..
- per il futuro questo sbarramento è piuttosto fastidioso per loro.
D.
- Esiste un piano di riforma alternativo, da parte dell’opposizione?
R.
- Il piano di riforma è estremamente vago, mantiene lo status quo prevedendo
però più potere ai sindacati - che adesso non erano nessuno - in quelle zone, e una
certa integrazione degli indigeni che lavorano e che sono considerati quasi degli
emigranti da un altro Paese.
Gaza La fragile
tregua tra Israele e Hamas sta reggendo e nella Striscia di Gaza la situazione sta
lentamente tornando alla normalità. Oltre duecento scuole dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu
per i rifugiati palestinesi hanno riaperto oggi i battenti. Hamas ha poi annunciato
la ripresa di tutte le attività amministrative. L’intera popolazione della Striscia
resta però al momento in attesa della completa riapertura dei valichi per il rifornimento
di aiuti e beni di prima necessità. Desta allarme, intanto, l’immediato ripristino
di alcuni tunnel che collegano con il territorio egiziano, usati per passaggio di
viveri, vestiario, ma anche di armi e munizioni.
Pakistan Sono almeno
18 le vittime dell’ennesimo raid di un drone statunitense nel sud Waziristan, regione
tribale pakistana al confine con l'Afghanistan, roccaforte dei talebani. Nelle azioni
mirate sono stati uccisi diversi stranieri di origine araba. Fonti locali ritengono
che il bilancio dei raid possa aumentare. Il nuovo portavoce della Casa Bianca si
è rifiutato di commentare la notizia. Ma secondo molti osservatori l’attacco, avvenuto
a tre giorni dall’insediamento del nuovo presidente Obama, conferma la volontà della
nuova amministrazione di proseguire con la strategia avviata nei mesi scorsi da George
W. Bush. Sempre nelle turbolenti valli nord-ovest del Pakistan si registra un preoccupante
aumento del numero degli attacchi degli integralisti alle scuole, come denunciato
dall’Unicef. Secondo l'agenzia Onu, sono oltre 170 gli istituti, soprattutto per bambine,
fatte esplodere o bruciate.
Afghanistan In Afghanistan, le forze
della coalizione a guida statunitense hanno ucciso 15 militanti talebani nel corso
di un'operazione contro la rete nella provincia di Laghman, a nordest di Kabul. Lo
riferiscono fonti americane, per le quali l'operazione aveva come bersaglio un comandante
talebano ritenuto responsabile degli attacchi compiuti nelle province di Kabul, Laghman
e Kapisa, tra cui quello che nell'agosto scorso costò la vita a dieci militari francesi.
Le autorità provinciali hanno riferito però di 22 vittime tutte civili. Un portavoce
militare americano non ha tuttavia confermato tale versione, limitandosi a dichiarare
che nulla del genere "risulta al momento", ma che sarà aperta "un'inchiesta" sulla
vicenda. Sul fronte dell’impegno militare, si registrano poi le dichiarazioni del
primo ministro olandese, Jan Peter Balkenende, che ha ribadito che la missione dei
1.600 soldati olandesi attualmente dispiegati in Afghanistan finirà nel 2010.
Iraq Un
capitano dell'esercito iracheno è stato ucciso assieme a un numero ancora imprecisato
di persone, stamani, dall'esplosione di un ordigno e di un'autobomba guidata da un
attentatore suicida nei pressi di Falluja, 50 km a ovest di Baghdad. Lo riferiscono
fonti della polizia locale citate dall’agenzia Nina. Malgrado tutte le statistiche
mostrino un trend di netta diminuzione degli attentati e delle vittime, in
Iraq continua a non passare giorno in cui non si segnalino atti di terrorismo.
Maltempo
Europa Almeno tre bambini sono morti sepolti sotto il tetto di un impianto
sportivo, crollato alla periferia di Barcellona. Diversi i feriti. Il crollo sarebbe
avvenuto per le forti raffiche di vento, oltre i 160 Km orari. La bufera di vento
sta flagellando anche il sud-ovest della Francia, dovecirca un milione di abitazioni
sono rimaste senza elettricità. L'aeroporto di Bordeaux, città che si trova al centro
dell'ondata di maltempo, è stato chiuso. Ridottissimi i collegamenti ferroviari, molto
difficile il traffico stradale, con molte arterie interrotte per la caduta di alberi.
Nelle zone più colpite sono stati allestiti dei centri di accoglienza per persone
in emergenza.
Lampedusa: proteste immigrati Almeno 650 migranti ospiti
del Cpa di Lampedusa stamani sono usciti dal centro e, al grido di "liberateci!”,
si sono incamminati in corteo verso il Municipio. La maggior parte di loro è comunque
già rientrata. Per il Ministero dell’interno, “non c'è stata alcuna fuga” di immigrati,
in quanto i Centri di prima accoglienza, come quello dell'isola, non prevedono l'obbligo
di permanenza. Il premier Berlusconi ha aggiunto che la situazione è sotto controllo
e che gli abitanti di Lampedusa devono stare tranquilli. Gli operatori umanitari,
però, si aspettavano una simile protesta degli immigrati, come dice, al microfono
di Alessandro Guarasci, padre Rosario Taormina , responsabile del Centro
Astalli di Catania:
R.
- In un certo se, me lo aspettavo, dato il contesto in cui in questi ultimi giorni
si è trovato il Centro e data la posizione del ministro degli Interni Maroni e quella
della comunità locale a Lampedusa, con a capo il suo sindaco e tutta la cittadinanza,
che mal sopporta questo disagio in cui si viene a trovare.
D.
- Si può parlare, così alcuni hanno detto, di condizioni quasi di detenzione all’interno
di quel centro?
R. - Non proprio. Normalmente, il
Centro se accoglie circa 800 persone è gestibile. Ma essendoci già 1300 persone, ci
sono disagi, soprattutto per i minori, per le donne e anche per le diverse etnie,
che a volte si trovano a contatto e questo può creare problemi.
D.
- A questo poi si aggiungono condizioni igienico-sanitarie allarmanti…
R.
- Certo che sono allarmanti. Ci sono poi agitazioni, animosità che vengono da speranze
deluse, perché questi immigrati hanno capito che verrebbero rispediti indietro: e
dico "verrebbero" perché è assurdo pensare una cosa di questo genere. Come si fa a
rimandare indietro persone che fuggono dalla guerra, dalla dittatura e da situazioni
veramente disumane? Dunque, c’è da aspettarsi qualunque situazione, sia dalla comunità
locale che si sente offesa, non curata dalla solidarietà nazionale, sia dagli stessi
immigrati che, non avendo niente da perdere, potrebbero compiere qualunque gesto.
Italia Giovedì
sera, nello stesso giorno in cui il Senato ha approvato il disegno di legge sul federalismo,
un’altra importante riforma è stata varata. Si tratta del nuovo modello contrattuale,
firmato dal governo e da tutte le parti sociali, eccetto la Cgil. Un traguardo raggiunto
dopo anni di duro confronto tra imprenditori e sindacati. Servizio di Giampiero
Guadagni:
Un accordo
di portata storica. Così dicono in coro tutti coloro che hanno messo la firma in calce
al documento che rivoluziona le relazioni industriali, 16 anni dopo l’intesa sulla
politica dei redditi. L’accordo detta linee comuni nel pubblico e nel privato. Per
i lavoratori, arrivano contratti che avranno una valenza triennale e che saranno rinnovati
in base a un'inflazione prevista da un istituto di ricerca e non più programmata dal
governo. Viene dato più spazio alla contrattazione di secondo livello, quella aziendale
o territoriale, per cercare di legare il più possibile i salari alla produttività.
L’obiettivo è quello di chiudere la stagione del conflitto sociale, con vertenze infinite
costellate da scioperi in quasi tutte le categorie. Non ha firmato la Cgil, che vede
nell’accordo un attacco alla contrattazione nazionale e annuncia una stagione di proteste.
Soddisfatti invece gli altri sindacati confederali - Cisl, Uil e Ugl - che da tempo
avevano dato il loro assenso alla riforma elaborata assieme a Confindustria. E ora
da parti sociali e governo arriva pressante l’appello alla Cgil a ripensarci e a firmare.
Reazioni anche nel mondo politico. Per il centrodestra il "no" del sindacato di Epifani
è solo ideologico. Mentre il Partito democratico si divide nella valutazione dell’accordo.
A favore si esprime un autorevole esponente del Pd, il giuslavorista Pietro Ichino.
Che ieri a Milano ha deposto come parte civile nel processo alle nuove Br, ricevendo
nell’aula del tribunale esplicite intimidazioni dagli imputati. L’Italia - ha commentato
Ichino che da anni vive sotto scorta - è l'unico Paese in Europa dove è pericoloso
discutere di lavoro.
Belgio Il pluriomicida
dell’asilo di Termonde, in Belgio, aveva con se un foglietto con il nome di un secondo
asilo nido, che si trova a tre chilometri da dove è avvenuta la strage. Lo ha riferito
la polizia belga, precisando che il ragazzo di 20 anni non era fuggito da un ospedale
psichiatrico, e che anzi non era affatto malato. Ha agito in piena lucidità e con
molta calma. Il bilancio delle vittime rimane fermo a tre, una maestra e due bambini,
dieci invece sono i feriti. L’uomo, ascoltato ieri sera dal giudice, non ha fatto
alcuna dichiarazione né sui fatti né sui motivi che lo hanno spinto ad agire, ma a
più riprese ha sorriso.
Somalia Almeno 14 persone sono rimaste uccise
nell'esplosione di un'autobomba a Mogadiscio, in Somalia. Stando alle prime informazioni
è avvenuta nei pressi di una base del contingente di pace dell'Unione africana. Le
vittime sarebbero tutti civili. Nel Paese del Corno d’Africa si è registrato un nuovo
incremento delle violenze in concomitanza del ritiro delle truppe etiopi, completato
lo scorso dicembre, intervenute nel 2006 per aiutare il governo somalo a combattere
le corti islamiche.
Mauritania Mauritania alle urne il prossimo 6
giugno per eleggere il nuovo presidente del Paese. L’annuncio è stato dato ieri sera
dalla giunta militare salita al potere con il colpo di Stato dello scorso agosto,
in seguito al quale fu annunciato un periodo di transizione di 10 mesi prima del completo
ripristino delle istituzioni democratiche.
MessicoUn malavitoso messicano
al servizio dei narcotrafficanti ha ammesso di aver fatto sparire almeno 300 corpi,
sciogliendoli nell’acido. L’uomo, arrestato insieme a tre complici nei pressi di Tijuana,
nella Baja California, aveva il compito di far sparire ogni traccia degli avversari
dei suoi mandanti. La vicenda è emblematica dell’escalation di brutalità nella
guerra tra bande che sta scuotendo il Messico. (Panoramica internazionale a cura
di Marco Guerra e Francesca Ciacci) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 24 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.