2009-01-24 15:30:55

Bolivia alle urne per il referendum costituzionale di rifondazione dello Stato


Importante referendum domani in Bolivia su proposta del presidente Evo Morales di rifondazione dello Stato. Tra i temi sottoposti al consenso popolare: l’integrazione delle popolazioni indigene, la statalizzazione delle risorse e l’abolizione ai limiti del mandato del capo dello Stato. Si tratta di questioni che stanno suscitando un acceso dibattito tra maggioranza e opposizione. A quale esigenza risponde la proposta di Morales? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maurizio Chierici, esperto di America Latina:RealAudioMP3


R. - L’esigenza è quella di dare più voce, più potere alle comunità indigene, relegate in un angolo di estrema povertà. Ecco perché ha creato circoli indigeni: piccole regioni dove i nativi hanno diritto ad una loro autonomia e ad un loro piccolo parlamento. Resta il problema del meticciato, perché nel censimento del 2001 il 40% si è dichiarato meticcio, non appartenente a nessuna di queste comunità. Il secondo nodo da sciogliere è che gli indigeni acquistano maggior peso politico e questo non piace alle regioni più ricche di petrolio, di gas, di agricoltura, e quindi il loro potere viene diminuito. Terzo nodo è la rielezione indefinita del presidente, senza limiti.

 
D. - Quello che sventola con l’opposizione, quindi, è soprattutto il rischio che Morales diventi una sorta di presidente a vita…

 
R. - Anche questo è un rischio, ma poi c’è il controllo delle risorse. Le risorse vengono centralizzate, e sarà lo Stato che vende petrolio, gas, a chi crede. Ciò che chiedono invece gli Stati ricchi - gli "stati-cassaforte" del Paese - è di poter saltare direttamente le autorità dello Stato. E sempre questi Stati hanno un altro problema: il contenimento della proprietà agraria tra 5 mila o 10 mila ettari. La concessione di Morales - che ha ritoccato quella proposta - è che le proprietà esistenti non sono coinvolte in questa legge e quindi non verranno smembrate. Resta però il fatto che - siccome le proprietà agrarie sono in continuo movimento, le multinazionali acquisiscono ecc.. - per il futuro questo sbarramento è piuttosto fastidioso per loro.

 
D. - Esiste un piano di riforma alternativo, da parte dell’opposizione?

 
R. - Il piano di riforma è estremamente vago, mantiene lo status quo prevedendo però più potere ai sindacati - che adesso non erano nessuno - in quelle zone, e una certa integrazione degli indigeni che lavorano e che sono considerati quasi degli emigranti da un altro Paese.

 
Gaza
La fragile tregua tra Israele e Hamas sta reggendo e nella Striscia di Gaza la situazione sta lentamente tornando alla normalità. Oltre duecento scuole dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi hanno riaperto oggi i battenti. Hamas ha poi annunciato la ripresa di tutte le attività amministrative. L’intera popolazione della Striscia resta però al momento in attesa della completa riapertura dei valichi per il rifornimento di aiuti e beni di prima necessità. Desta allarme, intanto, l’immediato ripristino di alcuni tunnel che collegano con il territorio egiziano, usati per passaggio di viveri, vestiario, ma anche di armi e munizioni.

Pakistan
Sono almeno 18 le vittime dell’ennesimo raid di un drone statunitense nel sud Waziristan, regione tribale pakistana al confine con l'Afghanistan, roccaforte dei talebani. Nelle azioni mirate sono stati uccisi diversi stranieri di origine araba. Fonti locali ritengono che il bilancio dei raid possa aumentare. Il nuovo portavoce della Casa Bianca si è rifiutato di commentare la notizia. Ma secondo molti osservatori l’attacco, avvenuto a tre giorni dall’insediamento del nuovo presidente Obama, conferma la volontà della nuova amministrazione di proseguire con la strategia avviata nei mesi scorsi da George W. Bush. Sempre nelle turbolenti valli nord-ovest del Pakistan si registra un preoccupante aumento del numero degli attacchi degli integralisti alle scuole, come denunciato dall’Unicef. Secondo l'agenzia Onu, sono oltre 170 gli istituti, soprattutto per bambine, fatte esplodere o bruciate.

Afghanistan
In Afghanistan, le forze della coalizione a guida statunitense hanno ucciso 15 militanti talebani nel corso di un'operazione contro la rete nella provincia di Laghman, a nordest di Kabul. Lo riferiscono fonti americane, per le quali l'operazione aveva come bersaglio un comandante talebano ritenuto responsabile degli attacchi compiuti nelle province di Kabul, Laghman e Kapisa, tra cui quello che nell'agosto scorso costò la vita a dieci militari francesi. Le autorità provinciali hanno riferito però di 22 vittime tutte civili. Un portavoce militare americano non ha tuttavia confermato tale versione, limitandosi a dichiarare che nulla del genere "risulta al momento", ma che sarà aperta "un'inchiesta" sulla vicenda. Sul fronte dell’impegno militare, si registrano poi le dichiarazioni del primo ministro olandese, Jan Peter Balkenende, che ha ribadito che la missione dei 1.600 soldati olandesi attualmente dispiegati in Afghanistan finirà nel 2010.

Iraq
Un capitano dell'esercito iracheno è stato ucciso assieme a un numero ancora imprecisato di persone, stamani, dall'esplosione di un ordigno e di un'autobomba guidata da un attentatore suicida nei pressi di Falluja, 50 km a ovest di Baghdad. Lo riferiscono fonti della polizia locale citate dall’agenzia Nina. Malgrado tutte le statistiche mostrino un trend di netta diminuzione degli attentati e delle vittime, in Iraq continua a non passare giorno in cui non si segnalino atti di terrorismo.

Maltempo Europa
Almeno tre bambini sono morti sepolti sotto il tetto di un impianto sportivo, crollato alla periferia di Barcellona. Diversi i feriti. Il crollo sarebbe avvenuto per le forti raffiche di vento, oltre i 160 Km orari. La bufera di vento sta flagellando anche il sud-ovest della Francia, dovecirca un milione di abitazioni sono rimaste senza elettricità. L'aeroporto di Bordeaux, città che si trova al centro dell'ondata di maltempo, è stato chiuso. Ridottissimi i collegamenti ferroviari, molto difficile il traffico stradale, con molte arterie interrotte per la caduta di alberi. Nelle zone più colpite sono stati allestiti dei centri di accoglienza per persone in emergenza.

Lampedusa: proteste immigrati
Almeno 650 migranti ospiti del Cpa di Lampedusa stamani sono usciti dal centro e, al grido di "liberateci!”, si sono incamminati in corteo verso il Municipio. La maggior parte di loro è comunque già rientrata. Per il Ministero dell’interno, “non c'è stata alcuna fuga” di immigrati, in quanto i Centri di prima accoglienza, come quello dell'isola, non prevedono l'obbligo di permanenza. Il premier Berlusconi ha aggiunto che la situazione è sotto controllo e che gli abitanti di Lampedusa devono stare tranquilli. Gli operatori umanitari, però, si aspettavano una simile protesta degli immigrati, come dice, al microfono di Alessandro Guarasci, padre Rosario Taormina , responsabile del Centro Astalli di Catania:RealAudioMP3

 
R. - In un certo se, me lo aspettavo, dato il contesto in cui in questi ultimi giorni si è trovato il Centro e data la posizione del ministro degli Interni Maroni e quella della comunità locale a Lampedusa, con a capo il suo sindaco e tutta la cittadinanza, che mal sopporta questo disagio in cui si viene a trovare.

 
D. - Si può parlare, così alcuni hanno detto, di condizioni quasi di detenzione all’interno di quel centro?

 
R. - Non proprio. Normalmente, il Centro se accoglie circa 800 persone è gestibile. Ma essendoci già 1300 persone, ci sono disagi, soprattutto per i minori, per le donne e anche per le diverse etnie, che a volte si trovano a contatto e questo può creare problemi.

 
D. - A questo poi si aggiungono condizioni igienico-sanitarie allarmanti…

 
R. - Certo che sono allarmanti. Ci sono poi agitazioni, animosità che vengono da speranze deluse, perché questi immigrati hanno capito che verrebbero rispediti indietro: e dico "verrebbero" perché è assurdo pensare una cosa di questo genere. Come si fa a rimandare indietro persone che fuggono dalla guerra, dalla dittatura e da situazioni veramente disumane? Dunque, c’è da aspettarsi qualunque situazione, sia dalla comunità locale che si sente offesa, non curata dalla solidarietà nazionale, sia dagli stessi immigrati che, non avendo niente da perdere, potrebbero compiere qualunque gesto.

Italia
Giovedì sera, nello stesso giorno in cui il Senato ha approvato il disegno di legge sul federalismo, un’altra importante riforma è stata varata. Si tratta del nuovo modello contrattuale, firmato dal governo e da tutte le parti sociali, eccetto la Cgil. Un traguardo raggiunto dopo anni di duro confronto tra imprenditori e sindacati. Servizio di Giampiero Guadagni:RealAudioMP3


Un accordo di portata storica. Così dicono in coro tutti coloro che hanno messo la firma in calce al documento che rivoluziona le relazioni industriali, 16 anni dopo l’intesa sulla politica dei redditi. L’accordo detta linee comuni nel pubblico e nel privato. Per i lavoratori, arrivano contratti che avranno una valenza triennale e che saranno rinnovati in base a un'inflazione prevista da un istituto di ricerca e non più programmata dal governo. Viene dato più spazio alla contrattazione di secondo livello, quella aziendale o territoriale, per cercare di legare il più possibile i salari alla produttività. L’obiettivo è quello di chiudere la stagione del conflitto sociale, con vertenze infinite costellate da scioperi in quasi tutte le categorie. Non ha firmato la Cgil, che vede nell’accordo un attacco alla contrattazione nazionale e annuncia una stagione di proteste. Soddisfatti invece gli altri sindacati confederali - Cisl, Uil e Ugl - che da tempo avevano dato il loro assenso alla riforma elaborata assieme a Confindustria. E ora da parti sociali e governo arriva pressante l’appello alla Cgil a ripensarci e a firmare. Reazioni anche nel mondo politico. Per il centrodestra il "no" del sindacato di Epifani è solo ideologico. Mentre il Partito democratico si divide nella valutazione dell’accordo. A favore si esprime un autorevole esponente del Pd, il giuslavorista Pietro Ichino. Che ieri a Milano ha deposto come parte civile nel processo alle nuove Br, ricevendo nell’aula del tribunale esplicite intimidazioni dagli imputati. L’Italia - ha commentato Ichino che da anni vive sotto scorta - è l'unico Paese in Europa dove è pericoloso discutere di lavoro.

 
Belgio
Il pluriomicida dell’asilo di Termonde, in Belgio, aveva con se un foglietto con il nome di un secondo asilo nido, che si trova a tre chilometri da dove è avvenuta la strage. Lo ha riferito la polizia belga, precisando che il ragazzo di 20 anni non era fuggito da un ospedale psichiatrico, e che anzi non era affatto malato. Ha agito in piena lucidità e con molta calma. Il bilancio delle vittime rimane fermo a tre, una maestra e due bambini, dieci invece sono i feriti. L’uomo, ascoltato ieri sera dal giudice, non ha fatto alcuna dichiarazione né sui fatti né sui motivi che lo hanno spinto ad agire, ma a più riprese ha sorriso.

Somalia
Almeno 14 persone sono rimaste uccise nell'esplosione di un'autobomba a Mogadiscio, in Somalia. Stando alle prime informazioni è avvenuta nei pressi di una base del contingente di pace dell'Unione africana. Le vittime sarebbero tutti civili. Nel Paese del Corno d’Africa si è registrato un nuovo incremento delle violenze in concomitanza del ritiro delle truppe etiopi, completato lo scorso dicembre, intervenute nel 2006 per aiutare il governo somalo a combattere le corti islamiche.

Mauritania
Mauritania alle urne il prossimo 6 giugno per eleggere il nuovo presidente del Paese. L’annuncio è stato dato ieri sera dalla giunta militare salita al potere con il colpo di Stato dello scorso agosto, in seguito al quale fu annunciato un periodo di transizione di 10 mesi prima del completo ripristino delle istituzioni democratiche.

MessicoUn malavitoso messicano al servizio dei narcotrafficanti ha ammesso di aver fatto sparire almeno 300 corpi, sciogliendoli nell’acido. L’uomo, arrestato insieme a tre complici nei pressi di Tijuana, nella Baja California, aveva il compito di far sparire ogni traccia degli avversari dei suoi mandanti. La vicenda è emblematica dell’escalation di brutalità nella guerra tra bande che sta scuotendo il Messico. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Francesca Ciacci)

 

 Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 24

 
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