Sri Lanka: cento civili uccisi negli scontri tra esercito e ribelli Tamil
La ripresa degli scontri armati nello Sri Lanka tra l’esercito e gli indipendentisti
Tamil sta drammaticamente coinvolgendo la popolazione civile. Secondo fonti governative,
almeno 100 persone sono rimaste uccise negli ultimi giorni e altre 300 sono rimaste
ferite. Recentemente, l’Onu ha accusato L’Esercito di liberazione Tamil (Ltte) di
aver violato le leggi internazionali impedendo al personale locale delle Nazioni Unite
e ai familiari di lasciare le zone dei combattimenti. Ma come si è tornati allo scontro
aperto, considerando che poco più di un anno era in corso un negoziato tra le parti?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marzia Casolari, docente di Storia
dell’Asia all’Università di Perugia:
R. -
La ragione immediata è stata l’escalation militare che si è avuta in seguito
alla conquista di Killinoci, il 2 gennaio di quest’anno. Però, in senso più ampio,
ci si è arrivati con la decisione del governo del presidente Rajapakse di scegliere
l’opzione militare totale per puntare alla sconfitta finale delle Tigri Tamil, decisione
che il presidente Rajapakse ha reso pubblica fin dall’indomani della sua vittoria
elettorale alla fine del 2005. Quindi, lui ha scelto non la strada negoziale che era
stata avviata dal primo ministro Wickramasinghe nel 2002 ma ha scelto l’opzione opposta,
quella dello scontro militare e totale. Il problema è che Rajapakse è appoggiato da
forze oltranziste e il fatto che si sia alleato con queste forze - rappresentate da
un partito a base marxista e da uno di ispirazione buddista, entrambi ultranazionalisti
- fa sì che si sia optato per questa scelta che esclude qualsiasi soluzione di tipo
federalista dei negoziati. D. - Secondo lei, c’è la possibilità
di ricominciare a dialogare? R. - Questo è in realtà il grande
interrogativo. Nel senso che gli osservatori internazionali si stanno chiedendo cosa
abbia intenzione di fare questo governo, cioè come abbia intenzione di risolvere,
comunque, il problema politico della minoranza Tamil al di là della vittoria sul piano
militare. Verrà concessa un’ampia devolution di poteri, una soluzione federalista
per lo Sri Lanka oppure si continuerà ad imporre la politica della maggioranza alla
minoranza Tamil? Secondo gli osservatori internazionali, reimporre alla minoranza
Tamil la politica del privilegio della maggioranza srilankese riporterebbe il Paese,
in tempi molto rapidi, a condizioni di guerra aperta. Belgio Belgio
sotto shock per l’aggressione di un folle ad un asilo nido a trenta chilometri da
Bruxelles, a seguito della quale sono morti tre bambini e un adulto. Almeno 10 sono
invece i feriti, alcuni dei quali in condizioni gravi. L’assalitore ha attaccato bambini
e personale scolastico a colpi di coltello ed è poi stato fermato nelle vicinanze
dell’istituto da una pattuglia della polizia. Non è stata resa nota l’identità dell’uomo,
ma secondo informazioni non confermate era ricoverato in un vicino centro di malattie
mentali.
Spagna Disoccupazione record in Spagna, balzata dicembre
del 2008 al 14%, il peggior dato dal 2000. Stando ai dati diffusi oggi dall'Epa (Encuesta
de Poblacio Activa), in termini di valore assoluto i disoccupati oggi raggiunto oltre
3 milioni e 200 mila unità. Con un incremento nel 2008 del 66,42% rispetto all'anno
precedente. I numeri confermano i drammatico trend dell’economia iberica e
le preoccupanti previsioni dell’Ue, secondo le quali la disoccupazione in Spagna dovrebbe
toccare un tasso record del 19% nel 2010.
Medio Oriente Nella Striscia
di Gaza regge il fragile cessate il fuoco mentre prosegue la mediazione egiziana per
una tregua duratura tra Hamas e Israele e per la riconciliazione interpalestinese
tra Al Fatah e il movimento islamico. Nel suo secondo giorno di lavoro, anche la nuova
amministrazione Usa si è occupata della crisi mediorientale, suscitando diverse reazioni
nel mondo arabo. Il servizio di Marco Guerra:
Il primo
intervento di Obama sulla crisi di Gaza ha richiamato l’attenzione delle diverse parti
coinvolte nel processo di mediazione. Il presidente Usa ha insistito sulla necessità
che Israele apra i valichi e che Hamas ponga fine al lancio di razzi. Parole che sono
bastate a suscitare la dura reazione di Hamas, che ha parlato di inizio disgraziato
e di nessun cambiamento rispetto alla precedente amministrazione Bush. Monito anche
dall’ex capo dei servizi segreti sauditi: i rapporti tra Arabia Saudita e Stati Uniti
protrebbe essere messi a rischio " se non vi sarà un cambiamento di politica in Medio
Oriente”. Israele dal canto suo sostiene che il nuovo presidente degli Stati Uniti
continuerà ad evitare il dialogo con Hamas. Compito che, secondo fonti vicine al presidente
Olmert, spetta solo all’Autorità palestinese. E per la ricomposizione della frattura
tra Hamas e Al Fatah prosegue lo sforzo della mediazione egiziana. Ma i segnali che
arrivano sono tutt’altro che concilianti. Un dirigente dell’Autorità palestinese ha
infatti accusato Hamas di aver trasformato ospedali e scuole della Striscia in centri
per la detenzione e la tortura di membri di al-Fatah, e di sfruttare le vittime palestinesi
per nascondere i suoi piani criminosi. A turbare ulteriormente la fragile tregua arrivano
infine le indiscrezioni di alcune fonti militari israeliane, secondo cui sommozzatori
iraniani hanno rifornito armi ad Hamas, consegnadole a pescherecci palestinesi di
fronte la costa di Gaza. Minacce al Qaeda Al Qaeda è
tornata a minacciare l’Occidente e in particolare Usa e Gran Bretagna attraverso un
video diffuso sul web. Nel filmato di 31 minuti, Abu Yahya Al-Libi ha incitato a sferrare
attentati come vendetta per il violento attacco israeliano a Gaza. Al-Libi ha anche
espresso soddisfazione per gli attentati sanguinari di Mumbai che, lo scorso novembre,
hanno causato la morte di 183 persone. Nato in Libia, 45 anni, Al-Libi è uno dei collaboratori
più stretti di Osama. Si ritiene che viva nascosto nelle basi di Al Qaida in Afghanistan
e in zone tribali del Pakistan.
Medvedev su Afghanistan Il presidente
russo, Dmitri Medvedev, si è pronunciato oggi per una collaborazione con gli Stati
Uniti nella soluzione del problema afghano. In una conferenza stampa a Tashkent, in
Uzbekistan - dove è in visita ufficiale per colloqui col collega Islam Karimov - Medvedev
ha detto di appoggiare la decisione del presidente Barack Obama di cercare una nuova
variante alla soluzione del problema Afghanistan.
Repubblica Democratica
del Congo Il capo dei ribelli tutsi congolesi, Laurent Nkunda, è stato arrestato
giovedì notte in Rwanda. A comunicarlo il capo della polizia nella Repubblica Democratica
del Congo. L'annuncio arriva dopo che le truppe congolesi e rwandesi avevano lanciato
un'offensiva al quartier generale di Nkunda, nella regione del Nord Kivu. L'arresto
segna una collaborazione senza precedenti tra Rwanda e Repubblica Democratica del
Congo, dopo anni di reciproco sospetto e ostilità. Quanto potrà influire sui futuri
rapporti tra i due Paesi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al giornalista Michele
Luppi, esperto di politica africana:
R. -
Rappresenta un punto importante, sicuramente un punto di partenza e non un punto di
arrivo. Infatti, la smobilitazione del Congresso nazionale per la difesa del popolo
- che era il gruppo ribelle guidato da Laurent Nkunda - era uno dei punti all’interno
dell'accordo siglato a Nairobi in dicembre proprio tra questi due Paesi. Un accordo,
che prevedeva la smilitarizzazione congiunta dei gruppi ribelli attivi nel Kivu e
quindi non solo del Congresso nazionale per la difesa del popolo, ma anche dei ribelli
hutu che ancora si nascondono nelle colline del nord Kivu. Diciamo, dunque, che si
è a metà strada. Ora, bisogna vedere se effettivamente si riuscirà a completare questo
processo e soprattutto come si riuscirà a completarlo, perché il pericolo è che nei
confronti delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda - un gruppo di ribelli
hutu, all’interno del quale figurerebbero anche alcuni dei responsabili del genocidio
del ’94 - possa realizzarsi con la forza e quindi questo possa portare a ulteriori
destabilizzazioni e scontri nel nord Kivu. D. - Quanto Nkunda
ha influito sull’instabilità della parte orientale del Congo? Quali sono state le
sue responsabilità? R. - Prima degli scontri iniziati nel nord
Kivu - non solo l'ultimo agosto, ma già precedentemente verso la seconda metà del
2007 - ricordiamo nel 2004 l’assedio di Bukavu, portato avanti proprio da un gruppo
guidato da Laurent Nkunda. Quindi, diciamo che ha avuto un ruolo estremamente importante.
Quello che però bisogna sottolineare è che comunque Nkunda non avrebbe mai potuto
fare ciò che ha fatto senza un sostegno regionale, senza rifornimenti di armi, e anche,
per così dire, di una sorta di legittimazione politica al suo operato che veniva dal
vicino rwandese. Il fatto, appunto, che il Rwanda abbia in un certo senso voltato
le spalle a Nkunda dimostra come ha tolto quella che poteva essere la terra da sotto
le radici di questo gruppo ribelle e quindi ha permesso quella che sembra adesso una
smobilitazione, quindi un primo passo verso quella che potrebbe essere una pace, con
tutti quei problemi che inizieranno ora ovviamente. Italia L’aula
del Senato, ieri sera, ha dato il via libera definitivo al disegno di legge sul federalismo.
A favore ha votato compatta la maggioranza, contro si è espressa l’UDC, mentre il
partito democratico, con poche eccezioni, e l’Italia dei Valori si sono astenuti.
Il provvedimento passa ora all’esame della Camera. Il servizio di Giampiero Guadagni:
Autonomia
di entrate e di spesa agli enti locali, commissione bicamerale ad hoc per i decreti
attuativi, determinazione del limite massimo per la pressione fiscale, norme per Roma
capitale che vede il suo Consiglio trasformarsi in Assemblea capitolina. Sono questi
i cardini del disegno di legge sul federalismo che ha superato la prima prova parlamentare.
La maggioranza ha votato compatta ma naturalmente, a festeggiare, è soprattutto la
Lega. Il leader e Ministro delle riforme, Bossi, ha riconosciuto l’importante contributo
delle opposizioni che, al momento del voto, si sono comunque divise. PD e Italia dei
Valori hanno deciso di astenersi dopo che molte loro proposte sono state accolte.
L’UDC, invece, ha votato contro: “Senza chiarezza sui costi - afferma Casini - si
tratta solo di un manifesto leghista”. “E’ stato un confronto corretto e costruttivo
- ha sottolineato il presidente del Senato Schifani - un metodo - concordano tutte
le forze politiche - da seguire anche per altre riforme, a partire da quelle della
giustizia”.(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 23 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.