2009-01-22 15:21:50

Lettera dei vescovi Usa a Obama sulla difesa della vita


Questioni fondamentali dal punto di vista etico sono al centro della lettera che il presidente della Conferenza episcopale statunitense, cardinale Francis George, arcivescovo di Chicago, ha inviato al nuovo presidente Obama pochi giorni prima dell’inizio del suo mandato, avvenuto il 20 gennaio. L’episcopato Usa ribadisce le priorità della Chiesa cattolica assicurando preghiere al nuovo presidente e collaborazione da parte dei vescovi “per lavorare con la nuova amministrazione e il nuovo Congresso per il bene comune”. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3


Aborto, cellule staminali, reale difesa della famiglia: questi i temi sui quali i vescovi chiamano a riflettere il nuovo presidente, ricordando che “sfide serie”, che richiedono unità, si presentano di fronte al popolo statunitense. Qualcuno si aspetta dal nuovo presidente Obama che faccia marcia indietro su politiche attualmente in vigore in grado di contrastare azioni di distruzione della vita umana. “Sarebbe un grave errore”, scrivono i vescovi. Durante la campagna elettorale, Barack Obama ha ammesso di non avere una risposta definitiva sul momento dal quale un essere umano acquisisce i diritti di ogni persona, ma ha anche spesso ribadito il bisogno di ridurre il numero di aborti. La Chiesa cattolica insegna che ogni essere umano ha diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale. Non solo, dunque, ridurre gli aborti ma rendere impensabile l’aborto come risposta ad una gravidanza indesiderata. In ogni caso - sottolinea il porporato – se l’obiettivo è ridurre il numero delle interruzioni di gravidanza, non può essere raggiunto coinvolgendo il governo in azioni di promozione dell’aborto. Si parla, poi, della normativa emessa il mese scorso dall’amministrazione Bush che protegge il diritto a comportamenti secondo coscienza in ambito sanitario. Non è vero che aumenta il margine di azione di professionisti che siano pro vita ma rende applicabili tre statuti votati dal Congresso Usa negli ultimi 35 anni. Altra norma erroneamente commentata è quella che passa con il nome di Mexico City Policy, introdotta la prima volta nel 1984: non è una restrizione agli aiuti alle famiglie ma evita che fondi stanziati per le famiglie vadano ad organizzazioni che promuovono l’aborto. E’ fondamentale la distinzione tra pianificazione familiare e aborto, se cade tale distinzione passa l’idea che l’aborto possa essere considerato uno dei metodi di controllo delle nascite. Promuovere questo nelle nazioni in via di sviluppo non solo è moralmente sbagliato – si sottolinea – ma aumenterebbe la sfiducia nei confronti degli Stati Uniti da parte di queste nazioni la cui cultura spesso rifiuta l’aborto. Accadrebbe – si legge nella lettera – in una fase storica in cui gli Stati Uniti “hanno bisogno di fiducia e rispetto”. C’è un altro punto importante: l’uso delle cellule staminali. La politica avviata dall’amministrazione Bush – ricorda il cardinale George – non mette al bando la ricerca in proposito ma cerca di evitare che gli americani siano obbligati a vedere usate le loro tasse per incoraggiare la distruzione di embrioni umani. La stessa scienza tra l’altro dimostra che tali scelte non sono rilevanti per lo sviluppo della medicina e che un grande contributo può venire invece dalle cellule adulte e da quelle del cordone ombelicale.







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