Il cardinale Scola: la vera laicità dello Stato promuove la libertà religiosa
La vera laicità dello Stato riconosce alla religioni il diritto di partecipare al
dibattito pubblico nel rispetto della pluralità degli apporti e delle prospettive.
Così il cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, nel suo intervento, ieri, al
secondo incontro del ciclo "Cattedrale aperta", promosso dall'arcidiocesi di Genova
e dedicato al rapporto tra laicità e libertà religiosa. Nell’odierna società globalizzata,
dove i continui flussi migratori favoriscono l’incontro fra civiltà e culture è necessario
ripensare il rapporto fra laicità dello Stato e libertà religiosa, ha continuato il
cardinale Scola. A partire dalla constatazione che, oggi, temi “a fondamento dell’esistenza
umana” quali, la vita, la morte e la sessualità, sono affidati, sotto la voce “bioetica”,
al potere decisionale di Stato, politica e pubbliche istituzioni, e che il “mescolamento
delle genti” pone a confronto culture, tradizioni e religioni differenti, il porporato
afferma la necessità “che tutti i soggetti personali e comunitari contribuiscano”
al bene comune mediante la “reciproca testimonianza pubblica dei beni di cui sono
portatori”. Un diritto di cittadinanza nella sfera pubblica che implica una revisione
del concetto di laicità dello Stato. Secondo il cardinale Scola il concetto di Stato
laico oggi diffuso si fonda su “un’idea equivoca di neutralità”, che contrappone il
pubblico al privato limitando l’espressione del credo religioso e delle diverse concezioni
del mondo alla dimensione individuale. Un concetto che affonda le sue radici nella
riflessione filosofica di matrice illuminista e che trascura l’intimo legame fra la
persona e la comunità a cui appartiene, quale luogo in cui la stessa trova espressione
e possibilità di piena realizzazione. Come ciascun figlio, padre o madre trova “compimento”
nel nucleo familiare. In questo contesto – dice il porporato - una libertà religiosa
rettamente intesa vede le religioni partecipare al dibattito pubblico “non in forza
di privilegi” ma attraverso quei “corpi intermedi”, come la famiglia, la scuola, le
associazioni, che sono naturalmente deputati ad ospitare il loro apporto alla società
plurale. In questo particolare momento storico – continua il porporato - sono soprattutto
due le sfere in cui la libertà religiosa deve essere pienamente attuata: l'educazione
e l'economia. Se da un lato va superato il "mito della scuola di Stato unica” per
consentire a tutti i soggetti che ne sono capaci di contribuire all'impresa educativa,
dall’altro le religioni possono offrire una via alternativa tanto al liberismo quanto
allo statalismo, per ridare centralità all’uomo e rispettare le dimensioni che ne
costituiscono l'esperienza elementare: affetti, lavoro, riposo. In una società che
rispetta l'espressione pubblica delle esperienze religiose – aggiunge il patriarca
di Venezia - il cristiano deve farsi “testimone” per proporre, e non imporre, ai fratelli
di altre religioni la Verità del Vangelo, nella certezza che – conclude il porporato
citando l’apostolo Paolo – “Cristo è tutto in tutti". (A cura di Claudia Di Lorenzi)