Primo giorno di lavoro per il neopresidente Barack Obama
Dopo il bagno di folla di ieri a Washington, è iniziato il primo giorno di lavoro
per il neopresidente degli Stati Uniti Barack Obama. In agenda diversi incontri con
i consiglieri economici e militari per affrontare le grandi questioni: la crisi dei
mercati, la presenza delle truppe Usa in scenari di guerra come l’Iraq e l’Afghanistan
e il conflitto in Medio Oriente. Si attendono decisioni anche sul carcere di Guantanamo:
Obama vuole chiudere la struttura e in ogni caso ha già chiesto la sospensione dei
processi per almeno due mesi. Tutti temi sui quali, in campagna elettorale, ha promesso
il cambiamento. E un’aria diversa, piena di entusiasmo e attesa, si è respirata ieri
durante il giuramento di Obama sulla Bibbia, la stessa sulla quale aveva posto la
sua mano Abramo Lincoln, 16.mo presidente degli Stati Uniti. Il servizio sulla giornata
di ieri di Elena Molinari:
“On this
day, we gather because we have chosen hope over fear...” “Siamo
qui per scegliere la speranza invece della paura, per inaugurare una nuova era di
responsabilità, ma soprattutto per rialzarci in piedi e riprendere il lavoro che ha
fatto grande l’America”. Non sono mancati i richiami sobri, ma il discorso del 44.mo
presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, ha soprattutto rinnovato una
promessa: tutto è possibile se onestà e duro lavoro, tolleranza e patriottismo prendono
il posto dell’egoismo e della paura. E’ anche il volto che l’America vuole proiettare
all’estero, quello di una nazione giovane e risoluta e in grado di riprendersi da
qualunque colpo del destino. La folla riunita a Washington ha risposto con gioia.
“Questo momento trasformerà il nostro Paese, prego che il cambiamento cominci qui
e si diffonda in tutta la nazione”. Con parole simili – e soprattutto con tante lacrime
– quarantenni, diciottenni, madri con bambini hanno urlato il loro entusiasmo, nonostante
il freddo e le ore in piedi. Ai due milioni di persone che gli hanno dato il benvenuto
davanti al Campidoglio costruito dagli schiavi africani 200 anni fa, Obama ha anche
fatto una richiesta che gli americani non si sono mai sentiti rivolgere da un presidente:
una richiesta a crescere, a mettere da parte gli infantilismi, a non cercare solo
il piacere. Ma solo una volta – nei suoi venti minuti scarsi di discorso – il nuovo
capo di Stato ha fatto cenno a quello che era nella mente di tutti: “Questo è il significato
della nostra libertà – ha detto Obama – che un uomo il cui padre, meno di sessant’anni
fa, non sarebbe stato servito in un ristorante, possa ora pronunciare, davanti a voi,
il giuramento più sacro”. (musica)
L’insediamento
del neopresidente degli Stati Uniti ha suscitato, in gran parte del mondo, sentimenti
di speranze e attese. Tranne alcune eccezioni, anche i principali leader politici
di Europa, Africa, America Latina e Asia hanno accolto positivamente il primo discorso
del presidente Obama incentrato sulle grandi sfide, dalla crisi economica alla sicurezza.
Il servizio di Benedetta Capelli:
Il carisma
di Obama ha conquistato le cancellerie mondiali. Dopo aver pronunciato il suo discorso,
al neopresidente degli Stati Uniti sono arrivati gli auguri di numerosi leader politici,
seriamente preoccupati per la crisi che ha investito i mercati finanziari e per i
conflitti in corso. Proprio una maggiore collaborazione per affrontare le grandi sfide
del nostro tempo è l’auspicio del presidente della Commissione Europea Barroso; sulla
stessa scia il presidente francese Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel.
Grandi speranze ha suscitato il discorso di Obama nel premier britannico Brown; positivo
l’approccio anche per il premier spagnolo Zapatero. Dall’Italia il presidente Napolitano
ha espresso il proprio apprezzamento per l’impegno dell’America a voler riguadagnare
consenso morale e leadership ideale, mentre il presidente del Consiglio Berlusconi
ha messo l'accento sulla necessità di ''lavorare da subito insieme per affrontare
le sfide del momento: la crisi finanziaria ed il suo impatto sull'economia reale,
la situazione in Medio Oriente e quella in Afghanistan''. Approvazione per la “più
grande democrazia al mondo” è giunta dal premier israeliano Olmert mentre Hamas ha
invitato Obama a trarre lezione dagli errori del suo predecessore. Duro il giudizio
del presidente venezuelano, Chavez, che ha parlato di imperialismo americano mentre
sia il capo di Stato cileno, Michelle Bachelet, che la sua collega argentina Cristina
Kirchner hanno auspicato una rinnovata fase nel dialogo tra gli Stati Uniti e l'America
Latina. Un nuovo capitolo nelle relazioni con l’Iran è l’auspicio di Teheran che tuttavia
invita Obama a ripensare la politica mediorientale degli Usa. Un portavoce dei talebani
ha chiesto l’immediato ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Sentito l’omaggio dell’Africa,
in Kenya – patria del padre di Obama – si sono viste scene di giubilo mentre l'eroe
della lotta alla segregazione razziale in Sudafrica, Nelson Mandela, ha parlato di
lui come di una ''nuova voce di speranza'' per il mondo.
“Una nuova
era della responsabilità” è quanto ha invocato Obama nel suo discorso di insediamento.
Una nazione, l’America, che non dimentica i suoi valori, come conferma l’ex ambasciatore
Boris Biancheri, presidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale,
intervistato da Alessandra De Gaetano:
R. –
Obama ha messo in evidenza che ci sono delle sfide molto nuove davanti alle quali
gli Stati Uniti si trovano, che debbono essere affrontate attraverso i valori tradizionali:
il patriottismo, la lealtà, la buona fede, il senso di responsabilità, l’attaccamento
alla patria e via dicendo. Sono valori solidi e tradizionali, quelli che hanno creato
e fatto grandi gli Stati Uniti d’America, ai quali riferirsi per risolvere i problemi.
Questa è l’impostazione.
D. – Nel suo discorso Obama ha annunciato la
centralità dei temi di uguaglianza di tutti i popoli di fronte a Dio. La nuova politica
di Obama come incide sul tema della tolleranza religiosa e sui conflitti internazionali?
R.
– Ha evidenziato la trasformazione degli Stati Uniti in una società multireligiosa,
ha manifestato apprezzamento anche per l’islam insieme alle altre religioni che sono
parte integrante della cultura americana. Non ha fatto degli specifici riferimenti
all’Europa o all’Asia o a delle aree di crisi, ha appena menzionato di passaggio l’Afghanistan
come crisi del mondo. Obama è certamente un uomo di grande talento, di grande intelligenza
e, mi sembra, di grande equilibrio e quindi sono sicuro che le risposte che verranno
da parte di Obama alle sfide internazionali saranno ispirate da queste sue certamente
notevolissime qualità. D. – L’America, come ha detto Obama,
non può favorire i ricchi ma deve estendere le opportunità a tutti. In questo senso,
secondo lei, è possibile superare la dicotomia tra Nord e Sud del mondo?
R.
– Certamente, il problema delle disparità di ricchezza che ci sono nel mondo dovrà
entrare a far parte della sua agenda. Io credo che Obama, questo sentimento di giustizia
sociale ce l’abbia. Nel proprio interno si dedicherà anche a questo, ma è necessario
prioritariamente - siccome questo comporta disponibilità di risorse - trovare le risorse
opportune.
A sottolineare il clima di cambiamento e svolta che si respira
in America anche Paolo Mastrolilli, responsabile della redazione Esteri del
TG1, intervistato da Debora Donnini:
R. –
Una svolta perché i problemi sono gli stessi che ha affrontato il presidente Bush,
anzi, sono forse peggiorati e aumentati con la crisi economica, con la guerra a Gaza
che abbiamo visto di recente. Ma è una svolta, intanto perché è il primo presidente
afroamericano che entra alla Casa Bianca, ma anche perché c’è una nuova cultura che
entra alla Casa Bianca, una maniera diversa di affrontare gli stessi problemi.
D.
– In primo piano, nel discorso di Obama, la crisi economica, di cui il nuovo presidente
parla come frutto di irresponsabilità …
R. – Sì,
certamente. E’ ovvio che questa crisi non nasce dal nulla. Sono stati commessi degli
errori negli Stati Uniti anche da chi governava, che sapeva che c’erano questi problemi
e non ha fatto nulla per intervenire, per controllarli, per evitare che questi errori
degenerassero nella crisi che abbiamo visto. E quindi c’è anche da questo punto di
vista una svolta, un cambiamento nel modo di concepire l’economia: naturalmente sì
al libero mercato ma con i controlli necessari a fare in modo che funzioni nell’interesse
di tutti.
D. – L’America è pronta a tornare ad essere una guida: questa
è stata una delle frasi centrali del discorso di Barack Obama …
R.
– La grandezza degli Stati Uniti è che il figlio di un immigrato africano è riuscito
a diventare presidente degli Stati Uniti dopo appena quattro anni di attività politica
a livello nazionale. Questa è la forza degli Stati Uniti. La grande potenzialità di
questo Paese sta nella capacità, appunto, di accogliere tutti e di sviluppare al massimo
le singole capacità nel rispetto però di valori ben precisi e accettati e comuni per
gli americani da oltre 200 anni. Ecco: nel nome di questi valori, Obama intende riportare
l’America ad essere la guida del mondo libero. Quindi, indipendentemente da quello
che farà, la sua sola presenza alla Casa Bianca è un elemento che obbliga tutti gli
americani a riflettere su se stessi, sul proprio Paese e forse a fare un passo in
avanti, insomma a dimenticare le divisioni del passato non solo tra bianchi e neri
ma tutte le divisioni che hanno, per certi versi, limitato le potenzialità degli Stati
Uniti e quindi muoversi tutti insieme verso gli obiettivi comuni.