Si è spento a Parigi il teologo ortodosso Olivier Clément, uomo dell'unità
Il teologo ortodosso Olivier Clément è morto ieri sera a Parigi all'età di 87 anni.
Ne dà notizia il “Service orthodoxe de presse”, Sop, che lo presenta come “uno dei
testimoni più significativi dell’ortodossia in Occidente nella seconda metà del XX
secolo”. Ed aggiunge: Olivier Clément “è stato colui che, senza dubbio, ha saputo
mostrarsi sempre attento agli interrogativi della modernità, che ha cercato di affrontare
attraverso una riflessione potente e poetica, radicata nella tradizione della Chiesa,
ma al tempo stesso creatrice e innovativa”. Nato nel 1921, Olivier Clément ha dedicato
gran parte della sua vita e della sua ricerca per facilitare l’incontro tra l’Oriente
e l’Occidente cristiani. Tra l'altro è stato docente all'Istituto ortodosso San Sergio
di Parigi ed ha fatto parte della delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli
nel dialogo teologico con la Chiesa cattolica. E’ stato un uomo di dialogo e, come
tale, interlocutore di diverse personalità spirituali del nostro tempo: dal Patriarca
Atenagora a Papa Giovanni Paolo II, al fondatore della comunità ecumenica di Taizé,
frère Roger, con i quali era legato da rapporti di fiducia e di amicizia. Nel 1998,
fu scelto da Giovanni Paolo II per scrivere le meditazioni che furono lette quell’anno
durante la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. Olivier Clément lascia un grande
lavoro che comprende una trentina di opere di teologia, storia della Chiesa e della
spiritualità, nonché numerosi articoli. Vogliamo riproporvi un'intervista rilasciata
nel 1996 alla nostra collega Romilda Ferrauto nella quale Olivier Clément
affronta le difficoltà del dialogo tra i cattolici e gli ortodossi alla luce della
caduta del comunismo nell'Europa dell'Est:
R. -
Nous sommes en presence d'une crise... Effettivamente siamo di fronte ad
una crisi di “integralismo” nel mondo ortodosso, anche se meno grave: è un problema
di rapporto con la modernità. All’inizio del XX secolo, vi è stato un impulso fortissimo
con i grandi filosofi religiosi russi, che proponevano di affrontare la “modernità”
dall'interiorità, impulso che poi si è infranto con la Rivoluzione. C'è stato quindi
un incontro falsato con la “modernità” attraverso il comunismo, e la "modernità" è
apparsa come una pura e semplice persecuzione, una negazione del cristianesimo. Poi,
c'è stato il crollo del comunismo, e io penso che l'Occidente non abbia saputo cogliere
l'occasione: l'occasione di un aiuto serio e disinteressato ai Paesi dell'Est, in
particolare alla Russia. I Paesi dell'Est hanno visto arrivare le sette americane,
il denaro, la droga, la libertà sessuale. Tutte novità che hanno fatto inorridire
molti buoni orotodossi, i quali hanno detto: "Se le cose stanno così, non c'è che
una soluzione: l'Occidente è marcio, l'avevamo sempre detto. Dobbiamo chiuderci in
noi stessi". Ecco la crisi d'identità che viene a complicare ulteriormente i rapporti
con l'Occidente in generale e, ovviamente, in particolare con la Chiesa cattolica. D.
- Lei ha incontrato Giovanni Paolo II e si è espresso in termini positivi sugli ultimi
documenti della Santa Sede e sui gesti di apertura verso gli ortodossi. Che cosa le
sembra più urgente, in quanto teologo ortodosso, per il dialogo con la Chiesa cattolica? R.
- Je crois qu'il faudrait que les orthodoxes repondent. ... Credo che sarebbe
necessario che gli ortodossi rispondessero. E' questo che mi sembra importante, in
questo momento. Per parlare, bisogna essere in due. Quindi, i gesti di apertura vanno
bene, dire cose altamente interessanti è importante. Ma bisogna che tutto ciò venga
recepito dall'altro. Allora, mi domando: è già venuto il momento? O forse, storicamente,
è ancora presto? Probabilmente, bisogna ancora attendere che, nei Paesi ex-comunisti,
l'uomo si sia "ricostruito", dove è stato schiacciato; che possa rinascere, in quei
Paesi, un pensiero ortodosso vivo. Per ora, questo dialogo non può svolgersi se non
tra "individui", e vi sono molti "individui" nel mondo ortodosso che possono rispondere
a un siffatto dialogo. E credo anche che sia molto importante che, intanto, si crei
una sorta di tessuto, di risorsa d'amicizia tra cattolici e ortodossi. Che questo
possa avvenire sulla base dei documenti pontifici, è ovviamente essenziale. Poi, sono
convinto che Giovanni Paolo II sia un personaggio carismatico, di estrema importanza.
Mi è venuta in mente una affermazione di André Malraux, grande scrittore francese,
che diceva: "Ora sto per morire, ma aspetto una cosa: bisogna che un profeta osi levarsi
per dire al mondo: il nulla non esiste!". E mi sembra che Giovanni Paolo II sia proprio
questo profeta.